La sconfitta di Marine Le Pen, la tenuta di Emmanuel Macron e la forte affermazione delle sinistre, aprono nuovi scenari in vista delle delicate trattative che Giorgia Meloni dovrà portare avanti sui tavoli di Bruxelles
Il secondo turno delle elezioni in Francia, che ha registrato un’inaspettata vittoria del “Fronte popolare” e una altrettanto inaspettata tenuta di Ensemble, il partito del presidente Emmanuel Macron, cambia lo scenario per l’Europa e per l’Italia. Nel giro di pochi giorni, le destre hanno incassato due pesantissime sconfitte: in Inghilterra il Labour di Sir Keir Starmer ha stravinto e si prepara a un graduale riavvicinamento con l’Ue per contenere i disastri causati dalla Brexit; oltre le Alpi, l’estrema destra di Marine Le Pen e di Jordan Bardella, che sognava il governo del Paese, dovrà accontentarsi di una manciata di seggi in più, in virtù del voto dei francesi che scegliendo i candidati nati dalle desistenze tra i centristi e le sinistre hanno detto con estrema chiarezza da chi non vogliono essere governati.
Giorgia Meloni ora è più debole in Europa
Il voto francese complica ulteriormente i piani di Giorgia Meloni, che sperava in una vittoria di Le Pen e soprattutto in una disfatta di Macron per sedersi ai tavoli delle trattative europee con qualche carta in più da giocare. E invece l’acerrimo rivale resta in sella e malgrado le difficoltà che incontrerà nelle trattative per dare al suo Paese un governo stabile, agli occhi delle cancellerie è diventato l’eroe che con una mossa avventata ha respinto l’assalto dei barbari. La premier ora si trova davanti a un bivio: accodarsi a Viktor Orban e ai suoi storici alleati (compreso il Rassemblement national di Marine Le Pen e Jordan Bardella, prossimo all’ingresso nel gruppo creato dal presidente ungherese) reclamando un peso nel variegato blocco delle estreme destre che si opporranno a Ursula von der Leyen, oppure chinare la testa a quelli che fino a ieri definiva “i burocrati di Bruxelles” votando a favore del “bis” della presidente della Commissione, o magari rifugiandosi in una burocratese “astensione costruttiva”.
In entrambi i casi la presidente del Consiglio non ne uscirà bene. Dovesse cedere al richiamo delle origini, si chiuderebbe in un angolo affollato da tante “prime donne” e metterebbe a rischio anche quel “commissario di peso” considerato oggi obiettivo minimo per non tornare a Roma a mani vuote; se invece – ipotesi più probabile – dovesse accordarsi, lascerà campo libero a Matteo Salvini, che si è già andato a posizionare nel “gruppo dei patrioti”: il leghista e i suoi alleati non toccheranno palla, ma utilizzeranno gli scranni dell’opposizione per le loro campagne anti-Europa e per attrarre consensi.
Le opposizioni guardano all’esperienza francese e cercano convergenze
Umore diverso quello che si respira nel campo delle opposizioni. Il trionfo delle sinistre francesi, ma anche l’azzeccata mossa di Emmanuel Macron, hanno dato nuova linfa ai progetti di convergenza tra le forze che si oppongono al governo Meloni. È vero: in Italia non c’è un secondo turno che costringe l’elettore a una scelta definitiva (o meglio, c’è solo nei comuni dove infatti il centrosinistra va molto meglio) e a governare è la minoranza più organizzata, come nel caso dell’attuale centrodestra. È però altrettanto vero che le manovre sono già avviate e la foto con quasi tutti i leader del centrosinistra davanti alla Corte di Cassazione per depositare il quesito referendario per abrogare l’Autonomia differenziata potrebbe non essere l’ultima.
“Un risultato straordinario per la sinistra unita e una bella risposta di partecipazione. La destra si può battere”, dichiara a caldo la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, seguita a ruota dal Leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte: “La grande partecipazione del popolo francese premia la proposta popolare e progressista di chi non ha mai avuto dubbi sulla pace, sulla difesa dei diritti sociali e sulla tutela dei più fragili”, spiega. Festeggia il leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni: “Aumento del salario minimo, riduzione dell’età pensionabile, lotta ai cambiamenti climatici, sono – ricorda – i cardini del programma votato da milioni di francesi. Se qualcuno pensa che si possa fare a meno dell’unità del Fronte popolare, e quindi di una proposta che risponde alle urgenze di milioni di persone, sbaglia di grosso”. Più cauto il leader di Azione, Carlo Calenda: “Ottimo aver chiuso la strada alla Le Pen. Bene la tenuta di Macron. Ma formare un governo e governare non sarà facile”, commenta. Su questa linea trova anche il suo ex alleato nel “Terzo polo”, Matteo Renzi, che affida ai social la sua analisi: “Fermata l’estrema destra. Il centro riformista decisivo oggi in Francia come nel Regno Unito qualche giorno fa. Un segnale di speranza per la politica europea. Ora vediamo che governo nascerà ma intanto Macron ha vinto la prima partita”.