Ponte sullo stretto, Salvini vuole solo la sua antimafia

27.05.2025 11:01
Ponte sullo stretto, Salvini vuole solo la sua antimafia
Ponte sullo stretto, Salvini vuole solo la sua antimafia

Nessun problema con Mattarella. Anzi, con il Colle «il contatto è diretto». Nessun problema con l’antimafia. Anzi, «andremo addirittura oltre». Al festival dell’economia di Trento, Matteo Salvini prova a stemperare l’incidente avvenuto con il Quirinale nei giorni scorsi, quando Mattarella ha bocciato la parte del decreto infrastrutture che assegnava a una struttura del Viminale i controlli antimafia. Una questione che tocca da vicino la faccenda del ponte sullo Stretto di Messina, la grande opera che il leader leghista vuole assolutamente riuscire quantomeno a cominciare entro la fine della legislatura. «Curioso che il ponte venga indagato prima ancora di essere realizzato», ha detto ancora ieri Salvini, alludendo al solito complotto giudiziario per ostacolare l’azione di governo.

LA VERITÀ è che la futura grande opera che (forse) sorgerà tra Messina e Reggio Calabria è un sogno vecchio di decenni ed esistono tonnellate di relazioni che parlano degli interessi della criminalità organizzata sul punto. L’idea della Lega è di rendere i controlli antimafia sul ponte come quelli fatti per i terremoti, l’Expo o per le olimpiadi invernali di Milano e Cortina: procedure accelerate motivate dall’urgenza, deroghe, quasi moratorie sulle indagini. Ma, a parte tutte le ovvie perplessità, continua a sfuggire dove sarebbe l’urgenza di realizzare una strada che unisca la Calabria e la Sicilia, tema che dire divisivo è poco solo a prospettare l’ipotesi. E poi, come sottolineato dal Quirinale «derogare ad alcune norme previste dal Codice antimafia» è cosa espressamente vietata «dalle regole ordinarie per le opere strategiche di interesse nazionale».

DAVANTI a tutto questo, però, Salvini fa finta di niente. E rilancia. Ieri il suo ministero delle Infrastrutture ha rilasciato una nota in cui sembra accogliere i rilievi di Mattarella ma che, a leggerla bene, è solo un nuovo tentativo di scavalcare gli ostacoli dei controlli sui futuri appalti e poi sui lavori. «L’esperienza dei controlli straordinari antimafia efficacemente sperimentati per Expo Milano e poi messi in campo per eventi quali le Olimpiadi Milano-Cortina o la ricostruzione del sisma si conferma assolutamente positiva – si legge nella nota -. Da una parte, si punta a un rafforzamento dei controlli già previsti a livello locale, dall’altra parte si integra il sistema di monitoraggio con professionalità altamente specializzate, potenziandone quindi l’efficienza anche sul piano dei tempi». Seguono i presunti esempi virtuosi di questo modo di fare: «Modelli simili sono attivi proprio in Calabria per la ricostruzione di quattro ospedali per un valore complessivo di 1,7 miliardi di euro. Di queste esperienze il Mit intende fare tesoro in vista dei lavori dell’opera più rilevante d’Europa come il Ponte sullo Stretto, che coinvolgerà migliaia di imprese in tutta Italia e più di 100mila unità lavorative». Sarebbe insomma pronto un nuovo emendamento, anche se non è chiaro quanto gli alleati di governo siano d’accordo a proseguire su questa strada.

LA CRONACA recentissima, comunque, chiarisce che i termini della questione sono in realtà molto più complessi. L’aggiunto della Dna Michele Prestipino, tra le altre cose ex procuratore di Roma, ha lasciato la magistratura proprio all’indomani della sua sospensione per aver parlato di indagini in corso sul ponte a Gianni De Gennaro, presidente di Eurolink, cioè il consorzio che dovrà occuparsi della costruzione dell’opera, e a Francesco Gratteri, consulente per la sicurezza di We Build, che di Eurolink è il principale azionista. La notizia riservata condivisa da Prestipino riguardava le infiltrazioni mafiose in un’azienda del nord Italia interessata a partecipare alla costruzione del ponte. Una storia eloquente che risponde anche alla domanda di Salvini sul perché ci siano indagini già da prima dell’apertura dei cantieri: dopo, a ben pensarci, potrebbe essere troppo tardi.

IL TEMA è sul tavolo, il Colle ha fatto capire qual è il suo parere e ora sta al governo capire come fare. Con grande senso pratico, nel commentare gli ultimi intoppi, è stato il ministro degli Interni Matteo Piantedosi a spiegare ai cronisti la linea: «In qualche modo si farà». Ci mancherebbe.

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