Putin ha finito i soldi: ecco perché la fine della guerra in Ucraina è più vicina

26.02.2025
Putin ha finito i soldi: ecco perché la fine della guerra in Ucraina è più vicina
Putin ha finito i soldi: ecco perché la fine della guerra in Ucraina è più vicina

Il presidente russo si è reso conto che il conflitto è ormai diventato finanziariamente insostenibile e, facendo i conti in tasca, ha deciso di trattare con Donald Trump

Il futuro dell’Europa e dell’Ucraina è nelle mani di sole due persone, Donald Trump e Vladimir Putin, che hanno escluso dalle trattative i diretti interessati, tra cui il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Perché Putin e Trump vogliono incontrarsi a breve

L’inquilino della Casa Bianca e il leader del Cremlino stanno valutando la possibilità di incontrarsi nelle prossime settimane, ciascuno per il proprio tornaconto. Da parte degli Stati Uniti, Donald Trump potrebbe sperare che la fine della guerra in Ucraina possa aumentare il suo prestigio globale, tanto da arrivare a ottenere l’ambito (da parte dello stesso tycoon) premio Nobel per la pace. Lato russo, invece, il presidente Putin vuole dimostrare internamente di aver restituito alla Russia il suo potente ruolo nello scacchiere internazionale, tanto da negoziare il futuro dell’Europa esclusivamente con gli Stati Uniti. 

Ma questa è solo una parte della storia. Il presidente russo si è seduto al tavolo delle trattative perché si è reso conto che la guerra in Ucraina è a un punto di stallo. A tre anni dall’inizio del conflitto, il leader del Cremlino può vantare di aver conquistato solo il 20 per cento del territorio dell’Ucraina, senza avere la possibilità di installare un governo (fantoccio) a Kiev. Inoltre, l’isolamento internazionale e le sanzioni hanno avuto sin dal principio l’obiettivo di scalfire il primato russo come potenza energetica, colpendo il cuore degli interessi politici ed economici di Mosca. Gazprom, una delle principali macchine economiche del Cremlino, sta registrando perdite record in seguito alla decisione di Mosca di chiudere il rubinetto del gas all’Europa. L’azienda era solita portare il 10 per cento delle entrate statali, ma con lo stop imposto da Putin sta registrando ora un deficit significativo.

Putin si è reso conto che il conflitto è ormai diventato finanziariamente insostenibile. Il suo obiettivo più urgente sembra essere quello di ottenere alcune concessioni dagli Stati Uniti sul fronte delle sanzioni. In Russia continua a crescere l’inflazione, al punto che anche il presidente Vladimir Putin ha riconosciuto che nella Federazione c’è un problema. Secondo la Banca centrale russa, il tasso di inflazione è salito al 10 per cento a febbraio, superando il 9,9 per cento registrato il mese precedente. L’istituto centrale russo, su pressione politica, ha deciso di lasciare immutati i tassi di interesse, già al 21 per cento. 

La progressiva (e fallimentare) economia di guerra

Il Pil lo scorso anno è aumentato del 4,1 per cento, lo stesso incremento del 2023. Il premier russo Mikhail Mishustin ha recentemente spiegato che l’espansione è trainata dalla spesa militare, ma le prospettive per il 2025 appaiono più fosche, con una crescita in calo e un’inflazione ancora elevata. Il governo dovrà ora mettere a punto un programma di riforme strutturali per l’economia. Le sanzioni occidentali, limitando l’accesso della Russia ai mercati internazionali del debito, hanno ridotto la capacità del Cremlino di finanziare il proprio deficit fiscale che, sebbene ridotto, rimane comunque un problema concreto.

Dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, Putin sembra abbia percorso una roadmap, risultata poi fallimentare. Andiamo con ordine. Con il debito estero ormai fuori discussione, il piano iniziale di Mosca consisteva nel far acquistare alle banche russe il debito sovrano. Questa strategia si è rivelata efficace nel 2022 e nel 2023, ma nel corso del 2024 sono emerse le prime crepe. Le banche nazionali, infatti, sono state costrette a far fronte a pressioni opposte: da un lato il Cremlino le spingeva a estendere prestiti a basso costo alle aziende della difesa, dall’altro le stesse banche dovevano acquistare ingenti quantità di obbligazioni sovrane. Di conseguenza, le risorse finanziarie si sono esaurite e le banche sono diventate riluttanti ad assumersi ulteriori debiti. A fine 2024, il Cremlino è stato costretto ad annullare diverse aste per l’emissione di debito sovrano, poiché non si sono trovati acquirenti.

Con l’indebitamento interno ormai limitato, Mosca ha deciso di ricorrere a un piano alternativo: attingere alle riserve del Fondo nazionale di previdenza (Nwf). In teoria, questa soluzione sembrava ragionevole. All’inizio del 2022, il Nwf disponeva di circa 10 trilioni di rubli (circa 110 miliardi di dollari), una somma che sembrava sufficiente a coprire il deficit di bilancio, alimentato dalla guerra, per diversi anni. Tuttavia, anche le casse del Nwf sembrano destinate a esaurirsi: in tre anni di conflitto, le riserve liquide del Fondo nazionale di previdenza russo si sono ridotte di circa il 60 per cento.

Il 2025 sarà un anno difficile per la Russia

Questo scenario fa presagire che il 2025 sarà un anno difficile per la Russia, soprattutto sul fronte fiscale. A gennaio, il deficit mensile di bilancio era già circa il 45 per cento superiore all’obiettivo annuale fissato per quest’anno. Se le spese fiscali dovessero mantenersi ai livelli di gennaio per tutto il resto del 2025, le riserve del Nwf potrebbero esaurirsi in soli tre mesi. E, sebbene questa ipotesi appaia estrema, è probabile che già nel 2025 Mosca non riuscirà più a coprire completamente il proprio deficit fiscale attingendo a quei risparmi.

Lo scenario di un’ancora di salvezza lanciata dalla Cina appare ancora più improbabile. E probabilmente Putin lo sa, nonostante lo “zar” abbia prontamente chiamato il “caro amico” cinese Xi Jinping per informarlo sui risultati dei colloqui in Arabia Saudita tra funzionari russi e statunitensi per negoziare la fine della guerra in Ucraina. Mosca cerca di evitare di dipendere eccessivamente dalla Cina, per non compromettere le proprie possibilità di manovra geopolitica. Anche perché, dal ritorno di Trump al potere, la Cina ha osservato un atteggiamento di cautela per evitare di inimicarsi gli Stati Uniti e scongiurare così una guerra commerciale dannosa in un momento in cui l’economia cinese è già in difficoltà.

Facendo i conti in tasca, lo “zar” ha deciso di trattare con il tycoon che siede alla Casa Bianca. La speranza per Putin, alle prese con evidenti difficoltà finanziare, è che Trump allenti la presa sulle sanzioni, dando così un po’ di respiro al Cremlino. 

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