Dall’indennità di base alla pensione, passando per rimborsi spese e diarie: ecco tutte le cifre degli eletti all’emiciclo di Strasburgo
La corsa a un posto da eurodeputato sta entrando nel vivo, con le elezioni europee del prossimo 8 e 9 giugno che si avvicinano sempre di più. Quello del deputato europeo è un ruolo importante e di prestigio, e che arriva anche con uno stipendio di tutto rispetto, che si compone non solo dell’indennità del politico, ma anche di tutta una serie di rimborsi spese. Sommando tutte queste voci, quanto guadagna in totale un eurodeputato?
Lo stipendio base
Tutti i parlamentari, indipendentemente dalla nazione di provenienza, percepiscono la stessa indennità mensile, fissata al 38,5% del trattamento economico di base di un giudice della Corte di giustizia dell’Ue. In termini concreti, questa cifra ammonta a 10.075,18 euro lordi ovvero quasi 8mila euro netti al mese (per la precisione 7.853,89), dopo le detrazioni dovute alle imposte europee e ai contributi assicurativi. In realtà, il vero stipendio dei deputati dipende anche dal regime fiscale del loro Paese di origine, perché alcuni Stati membri impongono tasse nazionali supplementari.
Ma non è finita qui. Queste cifre riguardano la cosiddetta indennità principale, cioè, se vogliamo, lo stipendio “base” degli eurodeputati. Ma oltre a questa, i parlamentari percepiscono anche delle indennità aggiuntive che vanno a coprire le spese sostenute nell’esercizio delle loro funzioni (come succede anche per i membri dei parlamenti nazionali). Tutti questi soldi vengono dal bilancio dell’Aula, il quale vale circa un quinto di tutte le spese amministrative sostenute dall’Unione e circa l’1,2% dell’intero budget comunitario.
Indennità per spese generali
C’è ad esempio una somma forfettaria di quasi 5mila euro (4.950 per la precisione) che figura come “indennità per le spese generali” (Isg), con cui ogni parlamentare dovrebbe coprire spese quali l’affitto di uffici nel Paese in cui è avvenuta l’elezione, le apparecchiature elettroniche, i telefoni e gli abbonamenti ai servizi digitali eccetera. Si tratta di denaro che dovrebbe consentire agli eurodeputati di lavorare efficacemente nella propria circoscrizione elettorale ed essere dunque più vicini ai “loro” cittadini.
Se i parlamentari risultano assenti (senza un’adeguata giustificazione) ad almeno la metà delle plenarie che si tengono in ogni anno parlamentare (da settembre ad agosto), ricevono solo metà dell’Isg. L’Aula ha aumentato la trasparenza e la tracciabilità degli esborsi, e ora gli eurodeputati possono caricare le loro spese su un portale online accessibile al pubblico.
Diaria e viaggi
Oltre all’Isg, i parlamentari ricevono anche un’indennità giornaliera di 350 euro per ogni giorno in cui si trovano fisicamente al Parlamento di Bruxelles o Strasburgo: anche questa è una cifra forfettaria, altrimenti nota come indennità di soggiorno, e serve a coprire appunto i costi legati ad alloggio, pasti e spese varie connesse al lavoro in loco (ad esempio i trasporti). Per ottenerla devono firmare il registro di presenza, ma anche in questo caso, se i deputati partecipano a meno della metà delle votazioni per appello nominale che si tengono durante i giorni di votazione all’emiciclo, l’indennità giornaliera percepita si dimezza.
In aggiunta alla diaria da 350 euro, l’Eurocamera copre anche le spese di viaggio dei deputati da e verso il Parlamento in occasione dei lavori (dalle plenarie alle riunioni dei gruppi politici o delle commissioni), con un rimborso dei costi effettivi sostenuti per gli spostamenti previa presentazione delle ricevute. In questo caso, ci sono dei limiti oltre i quali l’Aula non rimborsa i suoi membri: non vengono erogate somme superiori a quelle della tariffa business per l’aereo, alla prima classe per il treno o a un “flat rate” di 58 centesimi al chilometro in caso di spostamento via automobile (per tragitti fino a 1000 chilometri). Sono previsti inoltre degli importi extra rimborsabili a sostegno di spese connesse con questi viaggi, come quelle per i pedaggi autostradali, le spese di prenotazione o i costi dei bagagli in eccesso.
Infine, ci sono almeno altre due tipologie di spostamento per le quali gli eurodeputati possono ottenere un rimborso. Ci sono i viaggi ufficiali, cioè quelli in cui rappresentano l’istituzione nel suo complesso: sono ad esempio le missioni delle delegazioni delle commissioni parlamentari o delle delegazioni dell’Aula in Paesi terzi. In questo caso, le spese di viaggio rientrano nel bilancio della commissione o della delegazione che lo organizza.
E poi ci sono i viaggi individuali, durante i quali i deputati si spostano in autonomia sia per svolgere funzioni ufficiali sia per motivi diversi (ad esempio partecipare a una conferenza). Nel caso di impegni nello Stato membro di provenienza, l’Europarlamento rimborsa solo le spese di viaggio entro un massimale annuo che varia in base al Paese. Nel caso di impegni all’estero (che non rientrino nei viaggi ufficiali citati in precedenza), i deputati possono chiedere il rimborso di viaggio, alloggio e altre spese connesse entro un tetto di 4.886 euro all’anno.
Spese mediche e pensioni
Per i membri del Parlamento è previsto il rimborso dei due terzi delle spese mediche sostenute durante il loro mandato, secondo procedure e norme uguali a quelle che si applicano ai funzionari delle istituzioni comunitarie. Al termine del loro mandato, gli eurodeputati uscenti hanno diritto a una cosiddetta indennità transitoria, pari a un mese di indennità per ogni anno di esercizio delle loro funzioni, per un massimo di due anni. Tuttavia, questa indennità di fine mandato non è cumulabile con pensioni di anzianità o di invalidità: nel caso in cui avesse diritto contemporaneamente a entrambe, il parlamentare uscente deve optare per una sola tra le due opzioni.
Stando allo statuto dei deputati del Parlamento europeo, gli ex membri dell’Aula hanno diritto a una pensione dopo il compimento del 63esimo anno di età (se hanno concluso almeno una legislatura), e l’ammontare mensile di questa somma è pari al 3,5% dell’ultima indennità lorda che hanno ricevuto durante il mandato per ogni anno di esercizio delle funzioni (dove per “anno” si intende un anno solare, dal 1 gennaio al 31 dicembre), cui va aggiunta un’ulteriore somma pari a un dodicesimo dell’indennità stessa per ogni ulteriore mese di servizio. Ora, siccome nessuna legislatura dura mai cinque anni precisi, ma normalmente si tratta di quattro anni e una decina di mesi, la pensione viene dunque calcolata nel seguente modo: per i quattro anni interi di servizio, si applica il coefficiente del 3,5%, mentre per i restanti mesi si applica il meccanismo del “dodicesimo” (sempre in relazione all’indennità di riferimento). In ogni caso, la somma di questi importi non può superare un tetto massimo corrispondente al 70% dell’ultimo stipendio lordo percepito da eurodeputato prima del pensionamento.
Attività collaterali
Come ultimo fattore che influenza il reddito degli eurodeputati vanno considerate tutte quelle attività svolta dai parlamentari in maniera “laterale”, cioè non direttamente collegate al loro ruolo istituzionale. Finché non si tratta di conflitto di interessi, queste attività sono legali e accettate dal Parlamento europeo: si va dalle consulenze alla partecipazione nei CdA aziendali, con una grande varietà di ruoli svolti dai membri dell’Aula nei vari Stati membri.
Le nuove regole post-Qatargate impongono ai deputati di dichiarare solo le attività per cui ricevono somme maggiori di 5mila euro l’anno: come riporta il quotidiano belga Politico, che riprende dati analizzati dall’organizzazione Trasnparency international Eu, almeno un europarlamentare su quattro svolge attività esterne ai lavori dell’istituzione per le quali percepisce un compenso, che secondo le stime valgono nel complesso qualcosa come poco meno di nove milioni di euro l’anno, mentre in media ogni deputato tra quelli interessati guadagna circa 47mila euro annualmente da queste attività.
Diciamo “in media” perché evidentemente non tutti percepiscono gli stessi compensi: il caso più eclatante è quello del deputato lituano Viktor Uspaskich, che a quanto pare guadagna circa tre milioni all’anno (oltre allo stipendio e ai bonus legati alla sua carica istituzionale) grazie alla sua partecipazione in un’azienda chiamata Edvervita. Nella top 10 dei “Paperon de’ Paperoni” europei c’è anche un italiano: il leghista Angelo Ciocca, che durante la legislatura uscente ha dichiarato oltre 110mila euro annui.
Fonte: Today