Negoziazioni tra Stati Uniti e Unione Europea: una partita cruciale per il commercio internazionale
Mercoledì 9 luglio segna la scadenza fissata dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per raggiungere accordi con numerosi paesi a cui ha promesso importanti dazi lo scorso aprile. Per richiamare alla memoria, si tratta dei dazi controversi esposti dallo stesso Trump nel giardino della Casa Bianca, che egli definisce “reciproci”: questi dazi, introdotti, sospesi e rimandati più volte, hanno causato un grande caos globale prima che Trump decidesse di prorogarli di 90 giorni. Ora, tale termine sta per scadere.
L’amministrazione Trump aveva preannunciato la stipula di “90 accordi commerciali con 90 paesi diversi in 90 giorni”. Tuttavia, fino ad oggi, è stato concluso un solo accordo, quello con il Regno Unito, che risulta più un’intesa politica che un vero e proprio accordo commerciale, il quale richiede anni di trattative. Attualmente, Trump sta valutando di risolvere la questione inviando “lettere” ai vari paesi per comunicare loro gli importi dei dazi da pagare. È importante notare che i costi dei dazi vengono effettivamente sostenuti solo dai consumatori e dalle aziende statunitensi, poiché il governo americano non può imporre tasse al di fuori dei propri confini, riporta Attuale.
Insieme alla Cina, con la quale Trump sostiene di aver raggiunto un accordo, l’Unione Europea rappresenta il polo più significativo in questa situazione: la relazione commerciale tra Stati Uniti e paesi europei è la più importante al mondo, caratterizzata da uno scambio di beni e servizi di valore altissimo. L’introduzione di dazi rappresenterebbe un disastro per l’Unione Europea e per l’Italia, in quanto i prodotti europei sarebbero soggetti a costi ulteriori, penalizzando la loro competitività, mentre i consumatori e le imprese statunitensi si troverebbero a dover pagare di più per i prodotti europei.
Per i paesi europei, incluso l’Italia, l’inserimento di una tassa aggiuntiva del 20 percento si tradurrebbe in un costo maggiore per chi desidera importare prodotti italiani negli Stati Uniti, sommato al 10 percento già imposto da Trump su tutti i beni importati. Ciò equivarrebbe a una tassazione complessiva del 30 percento, il che giustifica l’intensificazione dei negoziati in corso.
Negli ultimi giorni, i rappresentanti, i tecnici e i collaboratori di Unione Europea e Stati Uniti hanno avuto colloqui fitto, e venerdì i negoziatori statunitensi hanno presentato una bozza di accordo che i diplomatici europei stanno attualmente esaminando. Tuttavia, il progresso è ostacolato da dichiarazioni impulsive e decisioni di Trump, che ha ad esempio intimidito con l’idea di introdurre dazi del 50 percento nei confronti dei paesi europei se i negoziati non avessero avuto buon esito.
Questa strategia di Trump si basa su minacce incisive per ottenere risultati e successivamente disattendere tali minacce se non ottiene ciò che desidera; questo è stato evidente nei suoi recenti scambi con il Canada, dove ha interrotto i negoziati in seguito a richieste di abolizione di una tassa sui servizi digitali.
I negoziatori americani hanno avanzato una serie di richieste all’Unione Europea, sostenendo che questa sia stata creata per penalizzare gli Stati Uniti: desiderano ridurre le tasse e le rigide normative che gravano sulle multinazionali tecnologiche statunitensi, abolire l’IVA sulle loro merci e incentivare l’acquisto di più veicoli americani. In un contesto più ampio, chiedono di ridurre il deficit commerciale, una questione su cui Trump pone particolare enfasi.
Un deficit commerciale significa che un paese importa più di quanto esporta, e secondo Trump, questa è una ragione di debolezza; tuttavia, è un concetto errato poiché gli Stati Uniti hanno una delle economie più forti al mondo, e pertanto, si avvalgono di tale posizione per chiedere condizioni commerciali più vantaggiose.
Nonostante le pressioni, l’Unione Europea non è incline a modificare il proprio sistema fiscale o le normative sui servizi digitali. Ha proposto di incrementare l’acquisto di beni americani, inclusi energia e merci, in cambio dell’annullamento dei dazi proposti e dell’esenzione da quelli esistenti su auto, acciaio e alluminio, minacciando nel contempo dazi su una serie di prodotti statunitensi nel mercato europeo.
Infine, si prevede che il risultato di queste negoziazioni si traduca in un accordo superficiale simile a quello con il Regno Unito, che possano eliminare il dazio supplementare del 20 percento sulle merci europee, mantenendo invece in vigore quello del 10 percento, in attesa di eventuali trattative futuri per nuove esenzioni.