Rilasciati detenuti palestinesi, allerta tra i servizi segreti israeliani
Il rilascio di 250 detenuti palestinesi, programmato per lunedì, ha suscitato preoccupazione tra gli agenti dello Shin Bet, che temono possano contribuire alla rinascita della violenza in futuro. Tra di loro figura Yahya Sinwar, architetto del massacro del 7 ottobre 2023, il quale fu liberato nel 2011 in cambio del caporale Gilad Shalit, un evento controverso che ha polarizzato l’opinione pubblica israeliana, riporta Attuale.
Durante le intense trattative, i funzionari dello Shin Bet hanno riassunto le loro preoccupazioni, avvertendo che la maggior parte dei 250 rilasciati e di altri 1.700 detenuti catturati durante il conflitto non dovrebbe essere riportata a Gaza o esiliata all’estero. Anni fa, Benjamin Netanyahu, all’epoca primo ministro, aveva già preso la decisione di liberare Sinwar, accentuando la fragilità della sicurezza israeliana.
Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, i funzionari dei servizi segreti ritengono che alcuni di questi rilasciati possano utilizzare le loro esperienze per sostenere Hamas. Inoltre, i militari avvertono che una continua presenza nell’area potrebbe non essere sostenibile nel lungo periodo, il che potrebbe facilitare un’uscita incontrollata di questi elementi, specialmente in Cisgiordania.
Il caso di Mahmoud Qawasmeh, rilasciato nel 2011 e riacciuffato a Gaza durante il conflitto, è emblematico: era stato condannato per il rapimento e l’omicidio di tre israeliani nel 2014, un evento che segnò l’inizio di una escalation di violenza tra Israele e Hamas.
Il patto di scambio, che alcuni commentatori hanno definito «accettabile capitolazione», continua a essere un tema divisivo in Israele. Familiari delle vittime hanno espresso indignazione per la liberazione di detenuti, mentre il governo cerca di fare leva sull’idea che nessun soldato debba essere abbandonato. Ciò è ancora più rilevante considerando che tra i 251 detenuti rapiti ci sono anche civili, stranieri inclusi, sequestrati durante l’operazione militare due anni fa.
Le famiglie in attesa degli ultimi venti ostaggi, trattenuti a Gaza da 737 giorni, hanno visto i volti dei loro cari smagriti apparire in video diffusi dai carcerieri, utilizzati come strumenti di guerra psicologica.
Infine, ci sono stati sforzi per liberare anche leader come Marwan Barghouti, simbolo della resistenza palestinese, ma la maggior parte dei 250 ex detenuti è stata condannata per attacchi durante la seconda intifada. Oltre 10.000 palestinesi, di cui 400 minorenni e 53 donne, continuano a rimanere in carcere, evidenziando l’importanza di questa questione nella società palestinese.