Russia post-URSS: trent’anni di crisi, guerre e declino nazionale

12.06.2025 15:35
Russia post-URSS: trent’anni di crisi, guerre e declino nazionale
Russia post-URSS: trent’anni di crisi, guerre e declino nazionale

Ogni 12 giugno, la Russia celebra la propria indipendenza con la Giornata della Russia. Ma per molti cittadini è poco più di un fine settimana lungo, intriso di nostalgia sovietica. Un sintomo eloquente dello stato d’animo collettivo: invece di progresso, la Russia moderna è segnata da crisi economica, isolamento internazionale e un’inarrestabile perdita d’influenza globale.

Il crollo dell’industria e della tecnologia

In tre decenni, la potenza industriale della Russia si è drasticamente ridotta. Dai settori chiave come l’ingegneria meccanica all’elettronica, fino all’aerospaziale, il Paese oggi è indietro non solo rispetto all’Occidente, ma perfino rispetto al tardo periodo sovietico.

Il contrasto è netto: l’URSS era quasi autosufficiente, la Federazione Russa invece è fortemente dipendente dall’importazione, anche nel settore militare. Una realtà che mina le fondamenta dell’autonomia nazionale.

Riforme economiche: ricchezza per pochi, povertà per molti

Le cosiddette “riforme economiche” degli anni ’90 hanno prodotto una ristretta élite di super-ricchi, mentre gran parte della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Secondo l’indice di Gini, l’URSS vantava una delle società più egualitarie del mondo (0,24), mentre oggi la Russia ha un indice di disuguaglianza di 0,41 – uno dei più alti d’Europa.

La fuga dei cervelli e la crisi dell’istruzione

Il declino non risparmia il sistema scientifico e formativo: gli istituti di ricerca sono in disfacimento, le università svuotate, gli insegnanti sottopagati. La fuga di scienziati e giovani laureati è ormai strutturale. Risultato? Una crescente carenza di personale qualificato in settori strategici.

Immigrazione non integrata e tensioni sociali

Il Cremlino tenta di colmare il vuoto con immigrazione massiva, ma i nuovi arrivati spesso hanno scarsa istruzione e faticano a integrarsi. Anziché alleviare, accentuano il malcontento sociale, specialmente nelle aree urbane già sotto pressione.

Sanità e istruzione: un privilegio per pochi

La sanità pubblica e l’istruzione, un tempo vanto sovietico, sono oggi sempre più servizi a pagamento. Solo chi ha risorse può accedere a cure di qualità o a una formazione degna. Per la maggioranza, si tratta di beni inaccessibili.

Addio superpotenza: l’illusione imperiale

Il crollo dell’URSS ha significato anche la fine dell’influenza globale. Oggi la Russia ha perso il controllo su vaste aree dell’ex spazio sovietico – dall’Europa Orientale al Caucaso e all’Asia Centrale. Il tentativo di riaffermarsi con la forza, come dimostra l’invasione dell’Ucraina, non ha fatto altro che accelerare l’isolamento internazionale.

Guerre fallimentari e isolamento globale

Le recenti campagne militari, invece di rafforzare la posizione del Paese, hanno provocato sanzioni senza precedenti, l’esclusione dai mercati internazionali e la perdita di accesso a tecnologie e capitali occidentali. La diplomazia russa, un tempo rispettata anche da chi non la condivideva, oggi è praticamente inesistente.

Fiducia crollata e cinismo diffuso

I russi vedono tutto questo. Secondo i sondaggi del Levada Center, solo il 20–30% della popolazione esprime fiducia autentica nel governo. Il resto mostra obbedienza formale e un crescente senso di apatia e cinismo.

Corruzione e autoritarismo come sistema

La corruzione è sistemica: dal più piccolo comune fino al Cremlino. Le campagne anticorruzione sono spesso solo uno strumento politico, utilizzato per colpire gli oppositori, mentre la giustizia non è indipendente, i media sono controllati e le elezioni prive di reale competizione.

La vera domanda: cosa c’è da festeggiare?

Molti cittadini si pongono questa domanda. La Russia di oggi non solo non ha costruito la “nazione dei sogni” promessa, ma non riesce nemmeno a garantire condizioni di vita decenti. Da qui nasce il rifiuto, sempre più diffuso, di festeggiare una “indipendenza” che ha portato guerre, povertà e repressione.

Il paradosso è evidente: mentre il Cremlino cerca di proiettare l’immagine di una grande potenza, ogni nuovo conflitto, ogni nuova crisi, approfondisce il baratro. Un circolo vizioso che si autoalimenta – senza via d’uscita.

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