Strasburgo: la Corte europea dei diritti umani ritiene la Russia responsabile per l’abbattimento del volo MH17

10.07.2025 20:20
Strasburgo: la Corte europea dei diritti umani ritiene la Russia responsabile per l’abbattimento del volo MH17
Strasburgo: la Corte europea dei diritti umani ritiene la Russia responsabile per l’abbattimento del volo MH17

Il 9 luglio 2025 la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha emesso una sentenza storica, riconoscendo la responsabilità della Russia nell’abbattimento del volo MH17 nei cieli del Donbass nel 2014, tragedia che causò la morte di tutte le 298 persone a bordo, in maggioranza cittadini olandesi. La decisione è arrivata nell’ambito di una grande causa interstatale che unisce i ricorsi presentati da Ucraina e Paesi Bassi contro Mosca per gravi violazioni dei diritti umani prima e dopo l’invasione su larga scala del 2022.

Una decisione senza precedenti

Alla procedura hanno preso parte 26 Stati e una organizzazione internazionale come terze parti, un fatto senza precedenti nella storia della CEDU. La causa consolidata comprende quattro ricorsi distinti: due presentati dall’Ucraina relativi ai crimini nei territori occupati e alla deportazione dei minori, uno dai Paesi Bassi per l’abbattimento del MH17, e un altro riguardante le violazioni sistemiche durante l’invasione del 2022.

I giudici hanno stabilito all’unanimità che la giurisdizione della Corte si estende pienamente a tutti gli eventi avvenuti prima del 16 settembre 2022, data in cui la Russia è stata ufficialmente esclusa dal Consiglio d’Europa.

La Russia colpevole per l’uso del sistema missilistico Buk

Nel dispositivo della sentenza, la Corte ha accertato che il Boeing del volo MH17 fu abbattuto da un missile lanciato da un sistema Buk di fabbricazione russa, proveniente e poi restituito alla Federazione Russa. Mosca è dunque direttamente responsabile per aver reso possibile l’uso del sistema d’arma in quel contesto. Sono stati riconosciuti gravi violazioni degli articoli 2 e 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutelano rispettivamente il diritto alla vita e il divieto di tortura e trattamenti disumani.

Violazioni sistemiche e minaccia all’ordine europeo

La Corte ha inoltre documentato violazioni massicce e sistematiche dei diritti umani nelle aree occupate dell’Ucraina prima e dopo il 24 febbraio 2022: esecuzioni sommarie di civili e prigionieri di guerra, detenzioni arbitrarie, torture, soppressione dell’identità nazionale ucraina, deportazioni forzate di bambini e adulti verso la Russia o nei territori sotto controllo russo, e l’uso di campi di filtrazione.

Nel testo della sentenza si legge che “la natura e l’ampiezza delle ostilità, così come la retorica minacciosa della Russia sulla statualità, l’indipendenza e il diritto stesso all’esistenza dell’Ucraina, rappresentano una minaccia al pacifico convivere in Europa”. Una retorica che, secondo la Corte, viene rivolta anche contro Polonia, Moldavia e Stati baltici.

Appelli per il rilascio dei detenuti e la restituzione dei bambini deportati

La CEDU chiede alla Russia di liberare immediatamente tutte le persone detenute arbitrariamente nei territori temporaneamente occupati dell’Ucraina, e di collaborare con la comunità internazionale per identificare e restituire i minori ucraini deportati, garantendone il ritorno sicuro ai propri familiari o tutori legali attraverso un meccanismo indipendente.

Reazioni: giustizia in ritardo, ma necessaria

Il ministro della Difesa dei Paesi Bassi, Ruben Brekelmans, ha accolto con favore il verdetto, definendolo “un passo fondamentale verso la giustizia”, in particolare per le famiglie delle vittime del disastro del volo MH17.

La Russia, dal canto suo, ha definito il verdetto «nullo e privo di valore», affermando che non lo rispetterà. Tuttavia, questa sentenza crea un precedente giuridico importante in vista del funzionamento del nuovo Tribunale speciale internazionale per il crimine di aggressione della Russia contro l’Ucraina, che sarà il primo strumento del Consiglio d’Europa a perseguire singoli individui per responsabilità penale.

Il peso del ritardo e la lezione ignorata del 2014

Il verdetto arriva 11 anni dopo l’inizio delle operazioni militari russe nel Donbass da parte di forze paramilitari e unità regolari mascherate. Il ritardo nella risposta della comunità internazionale agli eventi del 2014–2015 viene ora visto come uno dei fattori che hanno incoraggiato Mosca a lanciare l’invasione del 2022. L’assenza di reazione tempestiva, sottolineano numerosi analisti, ha permesso al Cremlino di agire nella convinzione dell’impunità.

Nel nuovo contesto delineato dalla sentenza della CEDU, appaiono ora sotto una luce diversa anche le precedenti narrative diffuse in Europa sul presunto conflitto etnico in Donbass, la “guerra civile ucraina” o le “discriminazioni contro i russofoni”. Quelle narrazioni, oggi smentite dai fatti e dalle sentenze, risultano sempre più strumenti di propaganda o frutto di manipolazione deliberata da parte del Cremlino e dei suoi sostenitori.

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