Un condominio di undici piani viene sgomberato perché a rischio “crollo catastrofico”. Centinaia di persone sono costrette ad andare via dalle loro case e dovranno pagare per potervi tornare. Ma c’è l’altra beffa: i calcoli erano sbagliati
Tre anni fa un condominio di oltre duecento tra appartamenti e locali commerciali viene sgomberato perché a “rischio crollo imminente”. Così, iniziano i lavori di ristrutturazione col Superbonus da 18 milioni di euro col mito del “tanto sono gratis”. Ma l’aspirazione di un notevole risparmio economico viene soppiantata da un’amara realtà: a distanza di tre anni i residenti devono pagare 866mila euro per poter tornare alle loro case. Soldi che si aggiungono ai disagi, alle altre spese affrontate nei tre anni lontani dalla propria dimora e a un’ulteriore beffa: i calcoli che hanno prospettato il rischio crollo erano errati. Siamo a Montesilvano, in provincia di Pescara. Da questo condominio arriva una storia rappresentativa del Superbonus, tra disagi creati ai cittadini e costi fuori controllo per lo Stato.
Rischio crollo “catastrofico” e demolizione, anzi no: iniziano i lavori Superbonus
La vicenda comincia nel 2020. Dei lavori di ristrutturazione in un night club al piano terra svelano danni strutturali all’edificio: sugli archi di una parete portante ci sono delle crepe.
Così, l’amministratore di condominio commissiona un’indagine e a distanza di circa un anno arriva una relazione di 252 pagine. Vengono riscontrate “anomalie imputabili a possibili varianti avvenute in corso d’opera verificabili solo attraverso un confronto con il progetto strutturale originario”. Ma i documenti originari non si trovano né alla Prefettura di Pescara né dentro l’archivio della ditta costruttrice. Un sopralluogo dei vigili del fuoco conferma l’esigenza di dover svolgere lavori di consolidamento.
L’amministratore non si accontenta e assegna una nuova indagine a un altro ingegnere, che in pochi giorni sentenzia: l’edificio è a rischio crollo “catastrofico”e “deve essere immediatamente evacuato”, si legge nella nuova relazione. Lo stesso ingegnere suggerisce “sgombero immediato”,”demolizione controllata” e lo strumento per poter fare tutti i lavori necessari: il Superbonus. La relazione viene inviata al sindaco che emette ordinanza di sgombero immediato.
Secondo le testimonianze raccolte da Today.it i condomini restano all’oscuro di tutto e prendono coscienza del dover lasciare casa solo dall’ordinanza del sindaco. Poi, durante un’assemblea di condominio, l’amministratore spiega che da un anno venivano svolte indagini e che sarebbero stati necessari dei lavori di consolidamento. Arriveranno grazie al Superbonus, insieme ad altri problemi.
Lo sgombero, i lavori col Superbonus e i costi decuplicati
L’assemblea condominiale del Riviera 1 approva dunque un progetto per mettere in sicurezza la struttura. Costo: 1,8 milioni di euro da finanziare col Supersisma bonus al 110 per cento. Delle due ditte che si presentano per realizzare i lavori, una ha grandi dimensioni, esperienza nel settore e centinaia di addetti, l’altra è nata poco tempo prima e ha un solo addetto.
I lavori iniziano a febbraio 2022 e i costi lievitano fino ad aumentare di dieci volte: dagli 1,8 milioni di euro stanziati si arriva a 18. La spiegazione data ai condomini è il prezzo dei materiali, ma a ulteriori richieste di informazioni su polizze, contratti e fidejussioni, l’amministratore di condominio non risponde. Nel mentre il palazzo viene sgomberato con ordinanza del sindaco di Montesilvano, Ottavio De Martinis, a causa della seconda relazione commissionata dall’amministratore. Abbiamo contattato più volte sindaco e amministratore ma non siamo riusciti ad avere un commento sulla vicenda.
Tuttavia, a quasi due mesi di distanza lo stesso comune di Montesilvano pubblica una “Relazione descrittiva postuma” in cui espone il parere dell’Ufficio tecnico sul lavoro dell’ingegnere che aveva portato allo sgombero. Il giudizio sul palazzo viene ribaltato: “Non sono infatti emersi credibili elementi utili e necessari a configurare un imminente pericolo di crollo del fabbricato in parola, in quanto le conclusioni riportate nella relazione […] non sono state ritenute affatto condivisibili dall’U.T.C., stante lo stato dei luoghi”.
La relazione aggiunge che le precedenti indagini si basavano su calcoli sbagliati: “Non sussiste un pericolo per le aree limitrofe e i fabbricati circostanti l’edificio […] anche per effetto della considerazione, pure precisata nella relazione, che le azioni sollecitanti al piede dei pilastri, riportano dei valori nell’ordine dei 2.000 -2.500 KN e non 20.000 KN come erroneamente indicato nella relazione tecnica”.
Tant’è che, nel frattempo, intorno al palazzo si svolgono regolarmente gli eventi del cartellone estivo di Montesilvano, come si vede nelle foto sopra che abbiamo ricevuto e com’è facilmente verificabile dalle pagine social del comune. “Intorno non si percepiva il rischio di un crollo imminente, sotto il palazzo tutto andava avanti come nulla fosse”, ci dice un condomino. Anche una parte del tracciato dei campionati italiani di triathlon si è svolta a meno di 100 metri dal palazzo. Ma la beffa più grossa deve ancora arrivare.
Dopo tre anni di Superbonus servono altri soldi: 866mila euro per tornare a casa
I lavori vengono infine consegnati a dicembre 2023 ma la vicenda è tutt’altro che finita. “Ci si vantava dei lavori terminati prima della diminuzione dello sconto per il Superbonus e che da lì a qualche mese si sarebbe rientrati a casa – la testimonianza di un residente -. Ma a febbraio ne sono spuntati altri: rifare le vasche di accumulo, riposizionare cabina elettrica e tubi del gas. La ditta spiegava che questi lavori ammontavano a circa 866mila euro divisi per millesimi: non li avevano fatti rientrare nel bonus”.
La situazione è ancora come si vede nella foto sopra, ricevuta a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione di questo articolo. E tra le “sorprese” dell’ultimo preventivo è spuntata anche la parcella di un avvocato: “Enel aveva chiesto 60mila euro per poter spostare le cabine ma scopriamo che nel preventivo costa il doppio, 120mila euro – racconta un condomino -. Poi ne servono 400mila per la vasca di accumulo anche se non era necessario farne una nuova, come detto dalla stessa azienda municipalizzata, e altri 40mila per i tubi del gas. Infine, la parcella di 400mila per l’avvocato”.
“Se non si paga non si può rientrare a casa”.
Residente del condominio “Riviera 1” di Montesilvano.
Il legale, riferiscono dei condomini, era stato nominato “in ragione di urgenza” al posto del precedente andato via dopo l’esito della prima gara. “Eppure il verbale di delibera diceva che le spese legali sarebbero state del general contractor”. Conto totale: 866mila euro a carico dei condomini da dividere secondo quote e altri 425mila a carico della ditta. “Ci avevano detto che tutto sarebbe stato gratis e che avrebbero rifatto gli appartamenti, ma si è agito solo sulle fondamenta e ora dobbiamo pagare pure 400mila euro di avvocato. Se non si paga non si può rientrare in casa. Molti, pur di tornare alla normalità, stanno mettendo mano al portafogli, senza protestare”.
I condomini non si capacitano dei costi aumentati di oltre dieci volte rispetto a quanto preventivato: “La mia parte è di seimila euro. Da neanche 2 milioni di euro come siamo arrivati a 18? E loro puntavano al massimo, a spendere 96mila euro per abitazione, con un costo totale di oltre 23 milioni. I documenti ci sono sempre stati nascosti e neanche il nostro avvocato è riuscito a ottenerli. Come se avessimo emesso un assegno in bianco. Noi non abbiamo idea di quali lavori abbiano fatto e se li abbiano fatti. C’è come la percezione che tutto fosse già deciso, dallo sgombero fino ai lavori col Superbonus”.
E c’è il rischio di altri problemi futuri: “Se arriva l’Agenzia delle entrate a fare i controlli siamo noi a dover pagare: per altri 8-10 anni dovrò stare con la spada di Damocle sul collo”, il timore di un condomino del Riviera 1. Che è anche quello di tanti altri condomini italiani.