Trump attacca i repubblicani che sostengono la «truffa» di Epstein

16.07.2025 23:25
Trump attacca i repubblicani che sostengono la «truffa» di Epstein

Trump e la frustrazione sui sostenitori

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – Trump ha espresso ieri il suo disappunto nei confronti dei sostenitori che continuano a mettere in discussione la gestione del caso Epstein da parte della sua ministra della Giustizia, Pam Bondi. In un post dettagliato su Truth Social e durante un’apparizione nello Studio Ovale, ha definito le critiche come parte di una «trama» orchestrata dalla «sinistra radicale», equiparandola a situazioni precedenti come la «truffa del Russiagate». Ha anche accusato i repubblicani che continuano a parlarne di giocare «il gioco dei democratici», dichiarando di essere talmente deluso da non voler piú il loro supporto! Negli ultimi giorni, Trump ha già manifestato il suo scetticismo sulle ragioni per cui «questa storia continua» e l’ha descritta come «noiosa», ma ha aggiunto che se Bondi decidesse di fornire informazioni credibili, sarebbe pronto a sostenere tale decisione. La sua frustrazione ha raggiunto un picco ieri, un fatto insolito poiché di solito la sua base lo ascolta, ma stavolta non è stato così. Epstein continua a dominare le conversazioni tra gli attivisti Maga, mentre Trump desidera che si parli esclusivamente dei suoi successi, riporta Attuale.

Richieste di maggiore trasparenza

Anche nel Congresso, diverse voci repubblicane hanno iniziato a emergere, tra cui quella di Mike Johnson, il presidente della Camera, che pur non contraddicendo mai Trump, ha dichiarato in un podcast che sulla questione Epstein è necessaria una maggiore trasparenza. Come molti dei suoi colleghi, ha ricevuto numerose telefonate da elettori desiderosi di conoscere «la verità». Altri repubblicani, come Ralph Norman dalla Carolina del Sud e Thomas Massie dal Kentucky, hanno preso posizione insieme ai democratici per insistere sulla pubblicazione dei documenti relativi al caso. Questi repubblicani, pur professando la loro lealtà a Trump, ritengono sia nel suo interesse ascoltare una base che fatica ad accettare le conclusioni del dipartimento di Giustizia e dell’FBI, che hanno affermato non esistere una lista segreta di clienti di Epstein, né legami con governi esteri o figure di Washington coinvolte in una cospirazione per coprire i crimini di Epstein e dei suoi associati.

Le dichiarazioni di Alan Dershowitz

Il Wall Street Journal ha citato Alan Dershowitz, ex avvocato di Epstein, che ha scritto in un editoriale che non c’è nulla di significativo da scoprire: secondo lui, non esiste una lista segreta di clienti, ma l’FBI ha redatto una lista basata su testimonianze di presunti vittime, rimasta secretata dai tribunali. Dershowitz ha anche affermato che Trump, di cui è stato legale, è innocente.

I democratici e le teorie cospirative

I democratici sembrano trarre grande vantaggio da questa situazione, enfatizzando che chi cospira perde. Trump e i suoi seguaci hanno alimentato teorie cospirative per anni, alimentando la sfiducia pubblica nei confronti del governo. Tuttavia, ci sono due altri punti di rilevanza: il primo è che non tutti i sostenitori di Trump vedono di buon occhio Pam Bondi. Nonostante abbia difeso Trump durante l’impeachment e lo abbia sostenuto nelle contestazioni della sconfitta elettorale del 2020, non ha assistito i rivoltosi del 6 gennaio e alcuni la considerano parte del sistema (associandola a Jeb Bush in Florida). Tra i sostenitori dei movimenti antivax, molti non dimenticano che è stata avvocato per Pfizer. Quindi, paradossalmente, i democratici non sembrano desiderare le dimissioni di Bondi, temendo che diventi un capro espiatorio; anzi, potrebbero cercare di colpire Trump direttamente. Laura Loomer, attivista di estrema destra, ha richiesto le dimissioni di Bondi, avvertendo che il caso Epstein minaccia di «sottrarre la presidenza a Trump», pur contraddicendo il presidente dicendo: «Non è una completa truffa…».

La percezione della base di Trump

Il secondo aspetto è che è eccessivo affermare che si sia creata una rottura tra Trump e il popolo Maga. Figure come Steve Bannon e Tucker Carlson, quando criticano argomenti come l’intervento in Iran, in Ucraina o la questione Epstein, non contestano Trump; piuttosto, guardano oltre, cercando di definire la dottrina del movimento per le generazioni future. Né l’Iran né l’Ucraina hanno suscitato un’attenzione paragonabile a quella provocata dal caso Epstein, che si erge come un simbolo delle percezioni di corruzione e cospirazione all’interno dello Stato profondo.

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