Raid israeliano nelle prime ore di mercoledì: morta anche una guardia del corpo. Era considerato da molti diplomatici come un moderato rispetto ai membri più intransigenti del gruppo
Hamas ha comunicato la morte del suo leader Ismail Haniyeh, 62 anni, in seguito a un raid israeliano contro la sua residenza a Teheran. Haniyeh era capo dell’ufficio politico di Hamas dal 2017. In precedenza, era stato primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese dal 2006 al 2007 e capo dell’amministrazione della Striscia di Gaza dal 2014 al 2017.
Il missile utilizzato per uccidere Haniyeh sarebbe stato lanciato da un altro Paese. Lo riferisce il sito di notizie libanese filo-Hezbollah al Mayadeen, citando una fonte iraniana. Secondo la fonte non meglio precisata, il missile non è stato lanciato dall’interno dell’Iran.
Ucciso a Teheran il capo di Hamas
Haniyeh e una delle sue guardie del corpo sono stati uccisi dopo che l’edificio in cui alloggiavano è stato colpito, rende noto Al Jazeera, spiegando che la tv iraniana ha letto una dichiarazione del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC). Nella dichiarazione dell’IRGC si precisa che Haniyeh era a Teheran per partecipare alla cerimonia di insediamento del presidente iraniano Masoud Pezeshkian.
L’assassinio di Haniyeh in Iran è un “atto codardo che non rimarrà impunito”, ha affermato l’alto funzionario di Hamas Moussa Abu Marzouk, citato dalla tv Al-Aqsa, gestita da Hamas stessa. “Un atto codardo e uno sviluppo pericoloso”, dice il presidente palestinese Abu Mazen, che ha invitato “il popolo palestinese e le forze popolari all’unità, alla pazienza e alla fermezza di fronte all’occupazione israeliana”.
La morte di Haniyeh “rende il mondo un po’ migliore”, ha scritto su X il ministro israeliano di estrema destra Amihai Ben-Eliyahu. È la prima dichiarazione di un politico israeliano dopo la notizia del raid a Teheran. “Questo è il modo giusto per pulire il mondo dalla sporcizia. Niente più accordi immaginari di pace o resa, niente più misericordia”.
Immediata anche la presa di posizione di Iran, Russia e Turchia. Il “sangue” di Ismail Haniyeh “non sarà sprecato”, ha detto Nasser Kanaani, portavoce del ministero degli Esteri dell’Iran. Condanne sono giunte anche da Turchia e Russia.
Secondo una nota del ministero degli Esteri di Ankara, l’assassinio di Haniyeh “dimostra ancora una volta che il governo israeliano di Benjamin Netanyahu non ha alcuna intenzione di ottenere la pace”. L’uccisione del capo di Hamas è stata denunciata come “assassinio politico inaccettabile” anche da Mikhail Bogdanov, viceministro degli Esteri della Russia. Secondo il dirigente, che ha parlato con l’agenzia di stampa Novosti, quanto accaduto a Teheran determinerà “una ulteriore escalation delle tensioni”.
Il figlio di Haniyeh: “La rivoluzione non si ferma”
“Il desiderio di mio padre è stato esaudito”, quello di morire da “martire”. Lo dice Abdul Salam, figlio del leader di Hamas Ismail Haniyeh, in una dichiarazione riferita dall’agenzia iraniana Irna. “Siamo in una rivoluzione e in una battaglia continua contro il nemico, e la resistenza non finisce con l’assassinio dei leader”, aggiunge.
Cosa succede dopo l’uccisione di Haniyeh
La tv di Stato iraniana riferisce che l’uccisione di Ismail Haniyeh ritarderà di diversi mesi l’accordo di cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza e provocherà una rappresaglia da parte dei gruppi sostenuti dall’Iran nella regione. Lo riportano i media israeliani. Funzionari iraniani sottolineano che le dichiarazioni della televisione di Stato riflettono le opinioni del leader supremo Khamenei e del governo.
Chi era Haniyeh
Haniyeh è stato il volto della diplomazia internazionale del gruppo palestinese mentre la guerra infuriava a Gaza, dove tre dei suoi figli sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano nei mesi scorsi. Era considerato da molti diplomatici come un moderato rispetto ai membri più intransigenti del gruppo sostenuto dall’Iran a Gaza.
Era stato nominato al vertice di Hamas nel 2017, e nel passato recente si è sempre mosso tra la Turchia e la capitale del Qatar, Doha, agendo da negoziatore nei colloqui per un cessate il fuoco. “Tutti gli accordi di normalizzazione che voi (stati arabi) avete firmato con (Israele) non porranno fine a questo conflitto”, aveva dichiarato Haniyeh alla televisione Al Jazeera dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre.
Israele considera l’intera leadership di Hamas composta da terroristi. Su quanto Haniyeh sapesse in anticipo dell’assalto del 7 ottobre ci sono versione discordanti. Il piano, elaborato dal consiglio militare di Hamas a Gaza, era un segreto così gelosamente custodito che vari funzionari di Hamas sono parsi sorpresi dai tempi e dalla portata.
Certo è che Haniyeh, un musulmano sunnita, ha avuto un ruolo importante nel rafforzamento della capacità di combattimento di Hamas, soprattutto coltivando legami con l’Iran musulmano sciita, che non fa mistero del suo sostegno al gruppo. Nel corso del decennio in cui Haniyeh è stato il leader principale di Hamas a Gaza, Israele ha accusato il suo gruppo di leadership di aver contribuito a dirottare gli aiuti umanitari verso l’ala militare del gruppo. Hamas ha sempre negato.
Aveva lasciato Gaza nel 2017
Quando ha lasciato Gaza nel 2017, Haniyeh è stato sostituito da Yahya Sinwar, un estremista che ha trascorso più di due decenni nelle prigioni israeliane e che Haniyeh aveva accolto di nuovo a Gaza nel 2011 dopo uno scambio di prigionieri.
Era il volto politico e diplomatico di Hamas. Da giovane, Haniyeh era uno studente attivista presso l’Università islamica di Gaza City. Entrò a far parte di Hamas quando fu creata durante la prima intifada palestinese nel 1987. Quasi subito divenne un “protetto” del fondatore di Hamas, lo sceicco Ahmad Yassin, che come la famiglia di Haniyeh, era un rifugiato del villaggio di Al Jura vicino ad Ashkelon.
Nel 1994 disse all’agenzia di stampa internazionale Reuters che Yassin era un modello per i giovani palestinesi: “Abbiamo imparato da lui l’amore per l’Islam e il sacrificio per questo Islam e a non inginocchiarci davanti a tiranni e despoti”.
E’ stato anche uno dei primi sostenitori dell’ingresso di Hamas in politica con formazione di un partito. Haniyeh divenne primo ministro palestinese dopo che il gruppo vinse le elezioni parlamentari palestinesi nel 2006, un anno dopo il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza. Il gruppo prese il controllo di Gaza nel 2007. Dodici anni fa, nel 2012, quando alcuni giornalisti della Reuters gli chiesero se Hamas avesse abbandonato la lotta armata, Haniyeh rispose “certamente no” e disse che la resistenza sarebbe continuata “in tutte le forme: resistenza popolare, politica, diplomatica e militare”.