Un solo esercito per tutta l’Europa: il progetto di Bruxelles che non piace a sovranisti e sinistra

06.06.2024
Un solo esercito per tutta l'Europa: il progetto di Bruxelles che non piace a sovranisti e sinistra
Un solo esercito per tutta l'Europa: il progetto di Bruxelles che non piace a sovranisti e sinistra

Von der Leyen ha messo la difesa al centro del suo programma in caso di riconferma. Il suo partito, il Ppe, sogna forze armate unite sotto la bandiera Ue. Ecco perché le prossime elezioni potrebbero segnare l’inizio di una nuova fase

L’Unione europea sta per dotarsi di un proprio esercito? La domanda circola da tempo sia tra i corridoi di Bruxelles che nei dibattiti nazionali, ed è diventato uno dei temi elettorali delle imminenti Europee. Con il conflitto in Ucraina, questa opzione sembra essere diventata progressivamente più concreta, anche se rimane solo un’ipotesi. Quella che è aumentata è l’insistenza di alcune famiglie politiche nel proporla, ma soprattutto il nuovo ruolo assunto dal tema della Difesa nel dibattito europeo, con le spese militari che sono schizzate e sono destinate ad aumentare ancora nelle agende dei governi.

Lo dimostra innanzitutto l’insistenza della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, che ha già promesso che in caso venisse confermata per un secondo mandato, creerebbe un apposito “Commissario per la Difesa”. Un piccolo passo, ma che potrebbe rivelarsi decisivo per far avanzare l’idea di un corpo militare comune.

I partiti di stampo federalista valutano positivamente la proposta, ritenendo che una forza militare unica aumenterebbe la capacità di risposta della Difesa a livello europeo di fronte a minacce comuni. Vedi alla voce “Russia”. Più coordinamento e spese meno frammentate sono considerati gli aspetti positivi.

All’opposto, coloro che hanno una visione più nazionalista delle Forze armate, si oppongono all’idea di un esercito europeo. Lo ritengono un tradimento della sovranità nazionale e una rinuncia ad un ruolo indipendente delle proprie forze armate. L’Unione europea ha già una politica di sicurezza e di difesa comune, insieme ad un’Agenzia di difesa europea. Se la creazione di forze armate Ue appare al momento lontana, la distanza tra fantasia e realtà negli ultimi mesi si è nettamente accorciata grazie alle iniziative della Commissione europea e alla spinta dei governi di alcuni Stati membri.

L’idea del commissario alla Difesa 

Non era ancora stata nominata ufficialmente come Spitzenkandidat del Partito popolare europeo (Ppe), che Ursula Von der Leyen aveva già avanzato le sue proposte in tema militare nel caso di un secondo mandato: “Se sarò il prossimo presidente della Commissione istituirò un commissario per la Difesa”. Pur non indicando alcuna provenienza specifica, in pole position secondo la leader dell’esecutivo Ue ci sono “i Paesi dell’Europa centrale ed orientale”. L’idea era stata accolta con favore anche dal ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani: “Senza una difesa europea non possiamo essere protagonisti in maniera paritaria nella Nato e non possiamo avere azione efficace di politica estera”. Era il 17 ottobre del 2024. Appena una decina di giorni dopo von der Leyen ha indirizzato un importante discorso agli eurodeputati riuniti in plenaria a Strasburgo sul “rafforzamento della difesa europea in un panorama geopolitico volatile”. La politica tedesca del Ppe, di fonte alla minaccia dell’autoritarismo del presidente russo Vladimir Putin, ha chiesto di “iniziare a lavorare sul futuro dell’architettura europea della sicurezza”.  In cosa consisterebbe questo nuovo “edificio della difesa”? 

Ursula von der Leyen tiene il suo discorso sulla sicurezza e la difesa al Parlamento europeo a Strasburgo.

Investimenti coordinati nell’industria militare

Il primo punto su cui ha insistito è quello dei soldi da investire: “L’Europa deve spendere, spendere di più, spendere meglio”, ha rimarcato von der Leyen nel suo intervento. Ha poi ricordato che l’Ue punta su una strategia europea di difesa industriale. Tra i punti principali quello di dare priorità agli appalti congiunti per la difesa, in maniera analoga a quanto si è fatto per l’acquisto congiunto di vaccini durante la pandemia. Altro punto cardine del discorso del 28 febbraio riguarda la capacità di “concentrare gli sforzi e le risorse”, in particolare in materia di innovazione. L’obiettivo è di “garantire che l’Europa abbia questo vantaggio nelle nuove tecnologie”, utilizzate in vari conflitti a tutte le latitudine del mondo, non solo in Ucraina. 

La riforma dell’Agenzia europea per la difesa 

Dalle parole si è passati ai fatti. Il 28 maggio di quest’anno, durante il comitato direttivo dell’Agenzia europea per la difesa (Eda), i 27 ministri della difesa dell’Ue hanno approvato la revisione a lungo termine dell’organizzazione. Tra le principali novità, l’aumento dei suoi compiti principali, passati da tre a cinque. Con questo passaggio formale, sono stati introdotti “compiti dedicati per l’aggregazione della domanda verso gli appalti congiunti” e quelli mirati alla “ricerca, la tecnologia e l’innovazione della difesa collaborativa”. Seppur distanti dalla creazione di un esercito comune, si tratta di un passo avanti importante nel coordinamento della Difesa, soprattutto in termini di investimenti. E l’industria militare europea, messa un po’ in disparte dalla consolidata pace europea dopo la seconda guerra mondiale, può sorridere. 

Soldati ucraini con mezzi blindati durante esercitazioni nella regione di Zaporizhzhia.

La spinta transalpina

Cosa accadrebbe però, se oltre alle spese comuni, gli Stati membri dell’Ue condividessero anche un Esercito congiunto? Chi spinge per un’Unione europea a maggiore intensità (liberali in prima fila), sostiene questa idea. Ridurrebbe, dicono, anche la dipendenza militare dagli Stati Uniti d’America e aumenterebbe il peso europeo nel contesto della Nato. Altri (vedi l’ultradestra euroscettica) usano l’idea della coscrizione militare per un esercito paneuropeo come arma per attaccare l’attuale Commissione europea e accusarla di “invadenza” negli affari nazionali. Lamentano di fronte all’elettorato l’ennesima riduzione della sovranità statale. A spingere per un esercito comune c’è in prima fila il presidente francese Emmanuel Macron. Ad aprile il capo dell’Eliseo ha parlato di Europa “accerchiata” e della necessità di investire massicciamente e in modo coordinato nell’industria militare europea, altrimenti l’Ue “rischia di morire”. Durante una conferenza stampa a margine di una plenaria dell’Eurocamera Valerie Hayer, capogruppo della famiglia dei liberali Renew e rappresentante del partito macronista  Renaissance, ha lanciato la proposta di un’accademia militare europea per garantire una preparazione condivisa tra i soldati degli Stati membri dell’Ue e iniziare un percorso per una “cultura comune di sicurezza”.

Un soldato dell’esercito estone partecipa alle esercitazioni militari Spring Storm 2023, la più grande esercitazione annuale delle Forze di Difesa estoni, a cui partecipano circa 4mila alleati provenienti da nove Paesi.

Un problema di sovranità

Nonostante le spinte transalpine, secondo Andrea Gilli, docente di Studi strategici all’Università di Saint Andrews in Scozia, la direzione non sarà quella di forze armate europee. “I Paesi sono gelosi della loro sovranità. Un esercito europeo richiede una sovranità europea e questo implica andare in operazioni militari delle quali non si è a favore, e dunque richiederebbe una potenziale modifica della Costituzione”, ha ricordato a Today.it il professore universitario, già ricercatore presso il Centro studi della Nato. “Oltre ad ostacoli di natura politica, ci sono anche difficoltà organizzative. Negli anni Novanta in Italia ci raccontavamo che piccolo è bello (rispetto alle piccole e medie imprese). Non è così. Ci sono enormi vantaggi dalle economie di scala, che hanno però anche costi importanti interni: fare una burocrazia enorme non sempre porta tutti questi vantaggi”, ha precisato Gilli. Ma come si posizionano sul tema i partiti italiani impegnati nello scontro elettorale dell’8 e 9 giugno?

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni visita la Festa dell’Esercito per i 163 anni dalla costituzione della Forza Armata a Roma

Come si schierano i partiti sull’esercito europeo

Tra le forze al governo, nel programma elettorale per le Europee Fratelli d’Italia si limita a chiedere una maggiore cooperazione militare, mentre Forza Italia chiede di partire dalla “sicurezza comune”, ma che sia centrata sulla Nato. Nettamente di traverso si mette la Lega di Matteo Salvini, che approva un maggior coordinamento nel settore della difesa, ma boccia espressamente l’esercito comune europeo. Nel quadro delle opposizioni, il Partito democratico di Elly Schlein parla di una “politica estera e di sicurezza integrata”, ma dando risalto all’autonomia strategica europea soprattutto in termini di incidenza diplomatica più che militare.

Il Movimento 5 Stelle nel suo programma si limita a precisare che il ruolo del commissario europeo alla Difesa non può essere quello di un “commissario alla guerra” e che le spese militari vanno razionalizzate tramite un taglio degli sprechi, ma non si esprime direttamente sull’ipotesi di forze militari comuni. Su una linea simile, ma ancora più netta, si posiziona Alleanza Verdi e sinistra, che critica espressamente “l’enorme finanziamento delle industrie belliche nazionali” in nome di una “difesa europea”, chiedendo invece una “razionalizzazione e quindi una diminuzione della spesa militare”. A supportare una “Unione della difesa” e, in prospettiva, delle forze armate europee figurano sia Azione – Siamo europei, che include oltre al partito di Carlo Calenda altri otto partiti e movimenti,  che Stati Uniti d’Europa in cui sono confluiti +Europa di Emma Bonino e il partito di Matteo Renzi. A livello europeo, è soprattutto il Partito popolare, di cui fanno parte von der Leyen e Forza Italia, a sostenere questo progetto.

L’alternativa: puntare sulla Nato

Già dopo la seconda guerra mondiale, negli anni ’50, ci fu un tentativo di creare un esercito europeo. All’epoca Belgio, Germania Ovest, Lussemburgo e Paesi Bassi ratificarono il trattato della Comunità europea di difesa, che avrebbe istituito un esercito sovranazionale. L’idea però fallì, in seguito all’opposizione prima della Francia poi dell’Italia. Da allora l’idea è tramontata. Il Trattato Ue attuale prevede per i singoli Stati membri di cooperare strettamente sulla difesa. Possono quindi schierare insieme delle forze all’estero, sia che si tratti di soldati che di esperti civili. Una parte del personale degli eserciti nazionali può essere quindi dedicato a determinate missioni comuni, per le quali vengono stabilite anche le risorse sia finanziarie che di equipaggiamento condivise nello sforzo di difesa. A queste situazioni si abbinano poi altri partenariati militari, ma soprattutto le alleanze, dove un ruolo di primo piano è quello della Nato. Secondo alcuni esperti, anziché puntare alla creazione di un esercito europeo, bisogna investire di più sull’Alleanza atlantica, visto che gran parte dei membri dell’Ue condivide anche l’adesione alla Nato.

“A prescindere dall’esercito europeo, negli anni a venire i Paesi europei dovranno spendere e fare di più in termini di difesa: essere produttori, e non solo consumatori, o detto ancora più facilmente, dovranno remare”, ha precisato il professor Gilli su questo tema. E chiarisce da dove deriva la necessità di un maggior coordinamento. “Oggi i Paesi europei non possono assicurare la sicurezza dei loro stessi cieli o la difesa di snodi strategici quali Suez. Gli Stati Uniti, ragionevolmente, tollerano sempre meno questa situazione. Ovviamente, c’è un problema politico, ovvero bisogna dire sinceramente agli elettori che non c’è nessuna Nato cattiva che ci impone decisioni che non vogliamo. Ci sono decenni di sotto-investimenti basati sull’assunto che tanto, se qualcosa fosse andato male, gli Stati Uniti sarebbero venuti in nostro soccorso”, ha messo in luce l’esperto.

Economia a mano armata

Tra le misure ipotizzabili per migliorare il posizionamento dell’Ue all’interno della Nato figurano: allineare le spese militari in base alla stessa percentuale di Pil, provvedere ad equipaggiamenti comuni e sullo stesso livello tecnologico, sfruttare il Fondo europeo di difesa per colmare le lacune  di ciascun esercito. Solo in questo modo, potrebbe maturare un’indipendenza militare dagli Stati Uniti d’America. Non è detto però sia la strada giusta per arrivare alla pace. Secondo il report “L’economia a mano armata”, le spese militari dei paesi Nato membri dell’Unione europea sono aumentate di quasi il 50%, passando da 145 miliardi di euro nel 2014 a una previsione di bilancio di 215 miliardi nel 2023. In un decennio, l’Italia ha aumentato la spesa militare reale del 26%, raggiungendo i 5,9 miliardi di euro. Nello stesso lasso di tempo la spesa per la salute aumentava solo dell’11% e quella per l’istruzione di appena il 3%. In breve: la spesa sociale si è ridotta, a fronte di un aumento di quella militare. Ciò nonostante i conflitti all’orizzonte aumentano e si fanno sempre più vicini, mentre la strada delle soluzioni diplomatiche si assottiglia.

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