Il 14 giugno si svolgerà lo sciopero generale femminista in Svizzera
Il 14 giugno in Svizzera ci sarà uno sciopero generale femminista organizzato per chiedere un miglioramento delle condizioni sociali, politiche e giuridiche delle donne, riporta Attuale. Questa non è la prima volta che uno sciopero di questo tipo viene indetto nel paese e accade più di quarant’anni dopo l’inserimento, nella Costituzione federale, di una norma sulla parità di genere, un progresso significativo che, però, ha avuto una realizzazione più formale che sostanziale. Il movimento femminista ha quindi delle peculiarità e una storia: oggi si configura come uno strumento di lotta condiviso a livello globale.
Le origini di questo tipo di sciopero risalgono agli Stati Uniti, dove nacque nel 1970. Il 26 agosto di quell’anno, durante il cinquantesimo anniversario del riconoscimento del diritto di voto alle donne, oltre cinquanta collettivi promossero un’interruzione del lavoro: tutte le forme di lavoro, retribuite e non. L’attivista Betty Friedan, il cui lavoro del 1963, Mistica della femminilità, evidenziava l’inquietudine di molte donne statunitensi riguardo al loro ruolo tradizionale, suggerì che le donne impiegate come segretarie coprissero le loro macchine da scrivere, le cameriere fermassero il servizio e tutte le donne sospendessero anche le faccende domestiche.
Lo sciopero mirava a mettere in evidenza le limitate opportunità occupazionali, le disparità salariali tra i sessi e l’ingiusta distribuzione dei lavori domestici. Con il tempo, il femminismo ha ampliato la sua definizione di lavoro, includendo anche quello informale e di cura, prevalentemente svolto da donne che non ricevono alcuna retribuzione. Questo lavoro è cruciale per il sostegno di chi è impegnato in occupazioni remunerate.
In definitiva, lo sciopero femminista serve a dimostrare che l’assenza di riconoscimento del lavoro non è solo un difetto di un sistema altrimenti equo, ma è essenziale per il suo funzionamento. Ogni sciopero rappresenta pertanto una lotta non solo per diritti lavorativi, ma anche esistenziali, di valore vitale.
Il 26 agosto 1970, a New York, il corteo si ingrossava man mano lungo il percorso, accogliendo manifestanti di ogni età e provenienza, da anziane a giovani. Con slogan che esprimevano un forte senso di identità e rivendicazione, univano le donne in un’unica voce di richiesta di diritti.
In coincidenza con le manifestazioni a New York, gruppi di donne in quasi cento città americane organizzarono eventi pubblici, proteste e performance artistiche per sensibilizzare sul tema delle disuguaglianze di genere. Sebbene non sia chiaro quante donne abbiano partecipato, la marcia di New York è stata definita dai media come la più grande manifestazione femminista della storia del paese fino ad allora, contribuendo a dare impulso al movimento per i diritti delle donne in tutto il mondo.
Un esempio notevole è stato il Kvennafrídagurinn, il “giorno libero delle donne”, tenutosi il 24 ottobre 1975 a Reykjavík, dove circa il 90% delle donne smise di lavorare. L’impatto fu immediato, interessando diversi settori, dall’educazione alle tipografie, influenzando profondamente la vita quotidiana del paese e portando a riforme fondamentali per la parità di genere.
Lo sciopero del 1991 in Svizzera, a cui parteciparono oltre mezzo milione di donne, rappresenta un punto di svolta. Nella Costituzione federale era stato inserito, dieci anni prima, un articolo sulla parità tra i sessi, ma la sua realizzazione risultava insufficiente. Le donne svizzere, organizzatasi in modo unitario, dimostrarono che “Se le donne vogliono, tutto si ferma”.
Le modalità di protesta furono varie e visibili: sit-in, manifestazioni di strada, eventi teatrali e volantini distribuiti per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica. L’obiettivo era creare consapevolezza sul lavoro di cura non retribuito, spesso invisibile, e sulla necessità di un cambiamento nella percezione di questo lavoro nella società.
Dopo il 1991, il movimento ha continuato a crescere, dando vita a una serie di riforme e manifestazioni annuali, mantenendo viva l’attenzione su problematiche come la parità salariale e i diritti riproduttivi. Tuttavia, molte questioni restano ancora irrisolte e i movimenti femministi continuano a richiedere un’azione concreta.
Il collettivo “Io l’8 ogni giorno”, che organizza le manifestazioni attuali, è attivo dal 2018, evidenziando la valorizzazione del lavoro invisibile e proponendo azioni concrete per il riconoscimento e la compensazione di tale lavoro nel contesto sociale. L’auspicio è quello di una partecipazione sempre maggiore e di un’azione collettiva che porti a risultati tangibili per le donne.