Ungheria e Asia Centrale: un’alleanza pericolosa che mina le sanzioni UE contro Mosca

09.06.2025 09:30
Ungheria e Asia Centrale: un’alleanza pericolosa che mina le sanzioni UE contro Mosca
Ungheria e Asia Centrale: un’alleanza pericolosa che mina le sanzioni UE contro Mosca

Secondo il Robert Lansing Institute (RLI) Il governo ungherese guidato da Viktor Orbán sta consolidando una rete di cooperazione economica con Kazakistan e Uzbekistan che, dietro la facciata dello sviluppo commerciale, rischia di trasformarsi in una via secondaria per aggirare le sanzioni occidentali imposte alla Russia.

Un triangolo economico con una regia sospetta

Negli ultimi mesi, l’intensificarsi dei rapporti tra Budapest, Astana e Tashkent ha portato alla creazione di fondi di investimento comunizone economiche specialiparchi industriali e centri logistici. Apparentemente, tutto ruota attorno all’attrazione di investimenti e allo sviluppo delle infrastrutture, in particolare lungo il Corridoio commerciale transcaspico che collega l’Asia all’Europa. Un memorandum d’intesa è stato già firmato tra KTZ ExpressL.A.C. Holding e il porto internazionale di Xi’an.

Ma guardando oltre l’aspetto formale, è evidente che l’Est serve a Orbán come alternativa all’Unione Europea, sempre più insofferente verso le sue manovre. Il premier ungherese sta costruendo un sistema parallelo per favorire interessi russi, alimentando sospetti di un patto strategico con il Cremlino.

Il vero commercio di Orbán: fedeltà al Cremlino

Nel cuore di questa rete commerciale c’è un “valore” ben più prezioso delle merci: la lealtà politica. Orbán continua a bloccare decisioni cruciali dell’UE in cambio di benefici economici da Mosca. Un sistema che somiglia più a una struttura mafiosa che a un’alleanza diplomatica: flussi finanziari opachi, connessioni dirette con aziende vicine al potere e benefici per l’élite economica a lui fedele.

Asia Centrale, la “zona grigia” delle sanzioni

Nonostante Kazakistan e Uzbekistan abbiano condannato ufficialmente l’invasione russa all’ONU, non si sono mai uniti al regime sanzionatorio. Al contrario, si sono trasformati in snodi fondamentali per il commercio parallelo, fornendo alla Russia materiali tecnologici e prodotti vietati dai controlli occidentali.

Secondo i dati più recenti, le esportazioni kazake di microchip verso la Russia sono aumentate del 7300% nel giro di un solo anno. Il meccanismo è semplice: aziende intermediarie acquistano tecnologia occidentale, la importano in Asia Centrale per poi rivenderla alla Russiaaggirando i controlli doganali europei.

Nessun controllo tra Russia e Asia: un’autostrada per l’evasione delle sanzioni

Essendo membri dell’Unione Economica Eurasiatica, né il Kazakistan né il Kirghizistan hanno dogane con la Russia. Una volta che i prodotti entrano in uno di questi Paesi, il loro viaggio verso Mosca è incontrollato. Le zone economiche speciali aiutano a riclassificare l’origine delle merci, permettendo così l’accesso ai prodotti “vietati” sotto una falsa etichetta geografica.

Non solo. Anche tecnologie e know-how ungheresi vengono trasferiti a questi partner, con il rischio concreto che finiscano nelle mani del Cremlino. Non sorprende che Kazakistan e Kirghizistan abbiano iniziato a limitare la pubblicazione delle statistiche doganali per rendere più difficile individuare le operazioni sospette.

Il ruolo attivo delle aziende ungheresi

La OTP Bank, con filiali in Uzbekistan, funge da canale finanziario per il capitale russo, aggirando le restrizioni dell’UE. La compagnia MOL, leader nel settore petrolifero, beneficia direttamente dell’esenzione dall’embargo sul petrolio russo, continuando indisturbata a importarlo.

Anche questo fa parte della strategia di Orbán: rafforzare il legame con Mosca anche attraverso la finanza e l’energia, in aperta contraddizione con lo spirito delle sanzioni europee.

Una minaccia strategica per l’Europa

Orbán sta trasformando l’Ungheria in una piattaforma logistica e finanziaria a servizio di interessi russi e cinesi, all’interno del cuore dell’Unione Europea. Questo rappresenta una minaccia diretta alla coesione dell’UE, fornendo a regimi autoritari una prova concreta che le sanzioni possono essere eluse.

Il premier ungherese, ormai definito da alcuni diplomatici come “la base spia di Mosca in Europa”, continua a giocare una partita pericolosa. Una partita in cui a vincere sono solo Orbán stesso e il Cremlino. Per il resto del continente, il prezzo da pagare potrebbe essere altissimo.

Le istituzioni europee devono affrontare questa crisi con decisione e tempestività, altrimenti il sistema di sanzioni rischia di perdere tutta la sua efficacia.

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