A Bruxelles, la stragrande maggioranza dei Paesi Ue vuole avviare i negoziati di adesione di Kiev entro la fine di giugno. Ecco perché
Il giorno segnato in rosso sul calendario di Kiev (e di Bruxelles) è il 30 giugno 2024: entro quella data gran parte dei Paesi dell’Unione europea vogliono avviare i negoziati di adesione per l’Ucraina e la Moldavia, un passo decisivo per consentire ai due ex Stati sovietici di entrare nel blocco nel giro di pochi anni. Il perché di tanta fretta ha un nome e cognome ben precisi: Viktor Orban.
I veti di Orban
Il leader ungherese, come è noto, è la principale spina nel fianco dell’Ue quando si tratta di sostenere Kiev a danno della Russia di Vladimir Putin, di cui è ormai l’alleato europeo più fedele. Da quando è iniziata la guerra, ogni nuova sanzione e ogni misura di supporto militare o economico all’Ucraina hanno dovuto fare i conti con i veti di Budapest e lunghe trattative ai summit di Bruxelles. L’ultimo blocco è arrivato sulle nuove tranche di finanziamenti da 6,5 miliardi promesse dall’Ue a Kiev: ancora una volta, il governo di Orban ha trovato un motivo per rallentare il processo, ossia le presunte condizioni sfavorevoli per le aziende ungheresi in Ucraina.
Il nuovo veto di Budapest ha fatto andare su tutte le furie la maggioranza dei governi Ue, non solo quelli più vicini a Kiev. Il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis ha calcolato che “il 41% delle decisioni collettive” dell’Ue sull’Ucraina è stato bloccato da Budapest. “Sul Fondo di assistenza per Kiev ho sette atti legislativi fermi ed è un ritardo che si conta in vite umane”, gli ha fatto eco Josep Borrell, capo della diplomazia Ue.
Corsa contro il tempo
Viste le premesse, è chiaro che a Bruxelles e a Kiev si guardi con estrema preoccupazione a quanto accadrà tra luglio e dicembre, quando l’Ungheria avrà la presidenza di turno del Consiglio degli Stati membri, ossia dirigerà i lavori dell’Ue. Da quel pulpito, Orban avrà ancora più possibilità di rallentare ulteriormente qualsiasi provvedimento riguardi l’Ucraina (e colpisca i suoi interessi con la Russia). Negoziati di adesione compresi. Da qui la corsa contro il tempo scattata a Bruxelles.
Il nodo da superare per far scattare i negoziati non è solo politico (ossia l’opposizione ungherese e molto probabilmente quella della Slovacchia), ma anche tecnica: perché il processo di adesione vada avanti Kiev deve attuare una serie di riforme rimaste ancora al palo. Tra queste, la protezione delle minoranze linguistiche, tema caro a Orban data la presenza di circa 150mila ucraini di etnia ungherese nella regione della Transcarpazia.
A Bruxelles, non tutti professano ottimismo. Avviare i negoziati prima della fine di giugno sarebbe un segnale politico forte di sostegno all’Ucraina in un momento di difficoltà sul fronte militare (anche a causa dei ritardi nelle consegne di armi da parte della stessa Ue).