Tregua Israele-Hamas prima dell’escalation iraniana: cosa può succedere a Gaza

09.08.2024
Tregua Israele-Hamas prima dell'escalation iraniana: cosa può succedere a Gaza
Tregua Israele-Hamas prima dell'escalation iraniana: cosa può succedere a Gaza

Il nuovo leader Sinwar avrebbe chiesto agli esponenti del gruppo terroristico fuori Gaza di perseguire un cessate il fuoco, prima di un grave scontro tra Tel Aviv e Teheran. Vertice decisivo il 15 agosto. Tutti gli scenari e l’ipotesi della pace in tre tempi dopo 308 giorni di guerra e almeno 40mila morti

Una tregua con Israele, prima dell’escalation iraniana: è stato il nuovo leader di Hamas, Yahya Sinwar, a chiedere agli esponenti del gruppo terroristico fuori Gaza di perseguire un cessate il fuoco, prima di un grave possibile scontro tra Israele e Iran. E’ quel che riferisce la tv israeliana Channel 12. Sinwar, così si sostiene, starebbe subendo forti pressioni da parte dei suoi comandanti militari a Gaza. Avrebbe inoltre informato i leader del gruppo in Qatar che nessuno di loro potrà partecipare ai colloqui sul rilascio degli ostaggi, a parte il suo vice Khalil al-Hayya e l’alto funzionario Ghazi Hamad.

Il vertice decisivo a Ferragosto

Qatar, Egitto e Stati Uniti affermano che stanno invitando Hamas e Israele a riprendere i colloqui per il cessate il fuoco a Gaza. Certo è che giovedì prossimo, a Ferragosto, una delegazione israeliana si incontrerà con i mediatori di Usa, Qatar ed Egitto per provare a concordare i dettagli. Lo ha confermato nelle scorse ore l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. “Seguendo la proposta degli Stati Uniti e dei mediatori, Israele manderà la delegazione negoziatrice il 15 agosto in un luogo da definire per riassumere i dettagli dell’attuazione dell’accordo quadro”, si legge in una nota ufficiale.

La nota israeliana è arrivata poco dopo che Stati Uniti, Egitto e Qatar, in qualità di mediatori, avevano chiesto a Israele e Hamas di “riprendere le discussioni giovedì 15 agosto a Doha o al Cairo per colmare tutte le lacune rimanenti e iniziare l’attuazione dell’accordo senza ulteriori ritardi”. Nella nota, firmata dal presidente americano Joe Biden, dal suo omologo egiziano, Abdel Fattah al Sisi, e dall’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, si evidenzia che “è tempo di fornire sollievo immediato sia alla popolazione sofferente di Gaza che agli ostaggi e alle loro famiglie”.

Mancano “solo” i dettagli, che quando c’è di mezzo la questione palestinese non sono evidentemente mai solo dettagli.

308 giorni di guerra e 40mila morti

La guerra a Gaza è scoppiata il 7 ottobre dello scorso anno, 308 giorni fa, dopo un attacco di Hamas contro Israele che ha provocato circa 1.200 morti e 251 rapiti. Dopo più di 10 mesi di escalation, l’offensiva israeliana ha lasciato almeno 40.000 morti nella Striscia di Gaza – la maggior parte dei quali bambini e donne – e più di 90.000 feriti, 10.000 dispersi sotto le macerie e 1,9 milioni di sfollati sopravvissuti in una crisi umanitaria senza precedenti nella storia recente.

Le trattative per una tregua sono arenate da tempo. I paesi mediatori cercano da mesi di raggiungere un cessate il fuoco che consenta l’ingresso massiccio di aiuti umanitari nell’enclave palestinese e il rilascio dei 111 ostaggi che Hamas continua ad avere tra le mani (molti non sarebbero più in vita, impossibile avere numeri certi). L’accordo di cessate il fuoco proposto dai mediatori si basa sui principi delineati dal presidente Biden il 31 maggio 2024 e sostenuti dalla risoluzione 2735 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

In sintesi, il documento prevedeva una prima fase che sarebbe consistita in sei settimane durante le quali ci sarebbe stato un cessate il fuoco completo, le truppe israeliane si sarebbero ritirate da tutte le aree popolate della Striscia e diversi ostaggi sarebbero stati scambiati con palestinesi imprigionati nelle carceri israeliane. In questo periodo, Israele e Hamas dovrebbero negoziare i dettagli della seconda fase, che implicherebbe “la fine definitiva delle ostilità”, il rilascio del resto degli ostaggi, compresi i soldati, e il ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia. La terza e ultima fase comprenderebbe un “grande piano di ricostruzione” per l’enclave palestinese e la restituzione dei corpi degli ostaggi assassinati. 

Un solo cessate il fuoco in 10 mesi

Dallo scoppio della guerra è stato raggiunto solo un cessate il fuoco a novembre di una settimana, che ha consentito il rilascio di 105 ostaggi in cambio di 240 prigionieri palestinesi. I negoziati per una nuova tregua sono stati bloccati dalla richiesta di Hamas che il cessate il fuoco fosse definitivo e dall’insistenza del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di riprendere i combattimenti finché il gruppo islamico non sarebbe stato annientato.

Ora la rinnovata speranza affinché le armi tacciano, nel bel mezzo della crisi innescata dall’assassinio dell’ex capo politico di Hamas Ismail Haniyeh in un attacco del 31 luglio a Teheran che le autorità iraniane attribuiscono a Israele. Tra l’ipotesi di un cessate il fuoco in tempi brevi e una possibile guerra regionale, Gaza attende: sono giorni decisivi.

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