Il ministro dell’Economia in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato: “La web tax? Eliminiamo la discriminazioni delle aziende Usa”
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha risposto alle domande di deputati e senatori durante un’audizione delle commissioni Bilancio congiunte. “Non sarei stupito da una revisione al rialzo delle stime preliminari del Pil 2024”, ha detto Giorgetti, aggiungendo che “I modelli di previsione interni lasciano ritenere che, nel trimestre finale dell’anno, il Pil dovrebbe tornare in espansione, grazie al recupero della domanda estera netta e al prosieguo della ripresa dei consumi. Promuovere la domanda in un contesto di grande incertezza è una delle chiavi cruciali per realizzare la crescita prevista nel 2025”.
Nuove incognite dopo la vittoria di Donald Trump, dai dazi all’aumento delle spese militari
Una dichiarazione che fa fede alle stime dell’Istat, ma che per forza di cose non possono tener conto di quelli che saranno i cambiamenti – al momento imprevedibili – che scaturiranno da eventuali dazi che verranno decisi dalla nuova amministrazione Usa a guida Donald Trump, un’iniziativa che potrebbe danneggiare l’esportazione dei nostri prodotti andando ad azzerare l’aumento di 0,7 per cento previsto dall’Istituto.
Il nuovo presidente Usa ha anche annunciato, durante la sua campagna elettorale, che imporrà un aumento delle spese militari per i Paesi membri della Nato, una spesa che oggi è fissata al 2 per cento del Pil e che potrebbe salire al 3. Un obiettivo che non sarebbe minimamente alla portata dell’Italia, che già oggi fatica. “Nonostante gli ingenti stanziamenti assegnati – ha ammesso Giorgetti – l’obiettivo del 2 per cento del Pil richiesto dalla Nato risulta molto ambizioso e non del tutto compatibile sotto il profilo in particolare delle coperture con il quadro vigente della governance europea. Alla luce, infatti, degli stanziamenti previsti dal disegno di legge di bilancio, arriveremo alla percentuale dell’1,57 per cento nel 2025, dell’1,58 per cento nel 2026 e dell’1,61 per cento nel 2027”.
La risposta alle critiche sui fondi alla Sanità
Il ministro ha poi risposto alle critiche e agli attacchi sulla spesa sanitaria pubblica, che con il governo Meloni segna un minimo storico attestandosi al 6,2 per cento rispetto al Pil. “I fondi per la sanità salgono più della spesa fissata nel Piano strutturale di bilancio”, ha replicato Giorgetti, che poi ha aggiunto: “La manovra stanzia ulteriori risorse per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale che si aggiungono a quelle già assegnate dalla legislazione vigente”.
“I fondi per la sanità salgono più della spesa fissata nel Piano strutturale di bilancio”.
Giancarlo Giorgetti
“Nel complesso – ha continuato – il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale passerà dai 136,5 miliardi del 2025 ai 141,3 miliardi del 2027, con un incremento medio annuo nel periodo 2025-2027 superiore al tasso di crescita programmato per la spesa primaria netta nel Piano strutturale di bilancio di medio termine”.
“Dal nuovo taglio del cuneo tre milioni di beneficiari in più”
Il ministro ha poi illustrato la misura della Manovra 2025 che estende il taglio del cuneo fiscale: “Il taglio del cuneo fiscale rivisto e ampliato ai redditi fino a 40.000 euro rispetto alla precedente soglia dei 35.000 porterà benefici a ulteriori tre milioni di contribuenti. Inoltre, la diversa configurazione dell’intervento consentirà di attenuare le distorsioni legate al cosiddetto effetto soglia che caratterizzava lo schema precedente”. In verità, la nuova formulazione della norma, sostiene la Corte dei Conti, potrebbe penalizzare le famiglie monoreddito. Una previsione confermata dall’Istat: “Nel cambio di passo – si legge nel documento inviato dall’Istituto alle commissioni Bilancio di Camera e Senato – 500 mila persone che fin qui hanno ricevuto la decontribuzione perderanno il sostegno dal primo gennaio prossimo: si tratta di coloro che hanno un reddito di riferimento per i contributi sociali inferiore a 35 mila euro e un reddito complessivo superiore a 40 mila e che usufruivano della decontribuzione in vigore nel 2024”.
“Con l’estensione della web tax si elimina la discriminazione”
Un altro tema spinoso posto all’attenzione del titolare di via XX Settembre, è stata l’estensione della cosiddetta “web tax”, che nella sua nuova versione non colpirà più solamente i grandi colossi del web, ma tutte le aziende che lavorano nel digitale, con un prelievo del 3 per cento sul fatturato. Una misura vista da molti come un’operazione “punitiva” contro le testate online, che in questi anni hanno fatto inchieste “scomode” su esponenti del governo e su partiti come Lega e Fratelli d’Italia.
Nella stessa maggioranza c’è chi – come Antonio Tajani – ha già annunciato emendamenti per evitare che siano colpite le imprese italiane, ma Giorgetti sembra essere intenzionato a tirare dritto: “Vengono eliminate – ha ribadito – le soglie attualmente previste in termini di fatturato globale e locale. Tale circostanza elimina la caratteristica di ‘discriminazione’ alla base della contestazione Usa che avevano originato ritorsioni commerciali al momento dell’introduzione”. La risposta del ministro conferma l’intenzione di colpire tutti, senza fare differenze tra le grandi società statunitensi – ch già raggirano la fiscalità in altri modi – e le aziende italiane. Di fatto una tassa che penalizzerà molte società e che potrebbe portare a una perdita di posti di lavoro.
“Le risorse del concordato saranno usate per ridurre le tasse”
Giorgetti ha poi risposto ai quesiti posti da deputati e senatori sul concordato fiscale. “Preme sottolineare, come già chiarito negli ultimi giorni – ha detto – che le risorse derivanti dal concordato preventivo introdotto nel decreto-legge fiscale non sono state considerate, per ragioni prudenziali, nell’ambito delle coperture e solo una volta quantificate e iscrivibili in bilancio potranno essere destinate, come previsto già a legislazione vigente, al finanziamento di interventi di riduzione della pressione fiscale”.
I fondi per l’automotive e lo stop alle elettriche cinesi
A chi chiedeva delle misure per contrastare la crisi del mercato dell’automotive sempre più in ginocchio, il ministro ha replicato: “La politica industriale la fanno gli imprenditori, lo Stato può aiutare e può intervenire quando serve e per appoggiare politiche di transizione, ma nella storia ogni volta che è accaduto è stato fallimentare. C’è bisogno di imprenditori che accettino il processo di riconversione, perché se non accettano la sfida possiamo pure criticare ma chi la deve fare? Noi non tagliamo i fondi alle imprese dell’automotive, ma gli incentivi per rottamare e acquistare auto fatte in Cina. Per chi vuole produrre ci sono e ci saranno sempre. Ricordo che 800 milioni di residui sono pronti da domattina, chi vuole investire in automotive per produrre è benvenuto”.