Venerdì 8 novembre la nave militare battente bandiera italiana Libra è ritornata nel piccolo porto di Shengjin, nel nord dell’Albania: a bordo 8 persone migranti scese sotto lo sguardo poco curioso delle persone residenti, che vivono in un paese abusato dall’edilizia e dal turismo
Dopo uno strano giorno di attesa, giovedì 7 novembre, durante il quale le voci sull’arrivo della Libra si sono rincorse, accavallate e confuse, alla fine gli 81 metri della corvetta militare sono entrati nel piccolo porto di Shengjin, nel nord dell’Albania dove i cartelli stradali per il Kosovo sono uguali a quelli per raggiungere una qualsiasi località albanese.
I migranti arrivati a Shengjin
Alle 9 gli otto migranti sono scesi, quattro alla volta a distanza di pochi minuti gli uni dagli altri. A differenza del famigerato 16 ottobre, quando i migranti erano scesi dalla Libra in ciabatte, le persone fatte arrivare in Albania oggi, venerdì 8 novembre, sono state – almeno esteriormente – preparate: i sei egiziani e i due uomini provenienti dal Bangladesh indossano una tuta scura con fascia viola all’altezza del petto e, in mano, tengono un sacchetto di plastica con dentro probabilmente effetti personali. In mezzo al nutrito gruppo di funzionari e militari che li circondano, gli otto migranti sono riconoscibili anche da lontano, dall’ingresso stradale dell’area portuale.
La domanda che serpeggia è una: ci saranno problemi anche questa volta? Sarebbe un nuovo smacco all’operazione, già compromessa con il tentativo di tre settimane fa. Tuttavia che qualcuno, oltre i governi coinvolti, ci possa guadagnare qualcosa dall’accordo Meloni-Rama è fuori di dubbio.
Chi guadagna con i migranti in Albania
In cima alla piramide c’è probabilmente il Rafaelo Resort, un grande complesso che ospita centinaia di afghani in attesa del visto per entrare negli Stati Uniti dopo essere scappate dai talebani, e le centinaia di poliziotti, finanzieri e carabinieri inviati dal governo italiano. Una convivenza estremamente peculiare che si sta costruendo sostanzialmente nell’indifferenza reciproca dei due gruppi sociali. Ad accomunarli, oltre all’indirizzo di questo domicilio momentaneo, soltanto l’usanza condivisa di usare i piccoli balconcini affacciati sulla piazzetta di ingresso del resort per riporre a stendere la biancheria che tutti si devono lavare in autonomia.
Ma chi pensa di poter trarre un beneficio dalla situazione sono anche e soprattutto le persone che hanno già inviato il curriculum vitae alla Medihospes, la nota cooperativa italiana che ha vinto l’appalto per la gestione dei centri per i migranti a Shengjin e Gjader.