Chiuse le urne, è iniziata la partita per le nomine alle principali cariche dell’Ue. Il puzzle a Bruxelles sembra già composto. Ma gli occhi sono puntati sulle mosse della premier e di Marine Le Pen
Le urne sono ormai chiuse e i conteggi sono pressoché definitivi. Il nuovo Parlamento europeo sarà più spostato a destra, ma non di tantissimo rispetto all’attuale assetto, il che non dovrebbe mettere a rischio la classica alleanza di governo tra popolari, socialisti e liberali. A Bruxelles c’è chi è persino convinto che i giochi sui famosi “top job”, ossia le quattro principali cariche dell’Ue, siano già fatti, con Ursula von der Leyen verso la riconferma alla poltrona più prestigiosa, quella di presidente della Commissione. Ma a far saltare la quadra è quanto bolle nel variegato universo della destra europea, in particolare in Francia e in Italia. In questo quadro, ci sono 5 donne sui taccuini dei giornalisti della bolla Ue. Cinque donne che potrebbero plasmare il futuro prossimo dell’Europa.
Von der Leyen
La prima è la già citata von der Leyen. La “regina del Berlaymont”, dal nome del palazzo che fa da sede all’esecutivo Ue, sembra uscita rafforzata dalle elezioni europee. Il suo popolare, il Ppe, non solo ha trionfato alle urne, ma ha anche rafforzato la sua posizione di kingmaker a Strasburgo. Al Parlamento europeo, i popolari hanno i numeri per poter distribuire le carte, scegliendo di volta in volta se far leva sull’alleanza formale con socialisti e liberali (e forse verdi), o se far squadra con gli accordi sottobanco con la destra, in particolare con l’Ecr di Meloni, così come già successo negli ultimi anni. Una Eurocamera a maggioranze variabili era il progetto di Manfred Weber, il politico tedesco che guida il Ppe, e il voto europeo sembra avergli messo a posto tutti i tasselli, compreso l’indebolimento del peso del presidente francese Emmanuel Macron.
Proprio i guai di Macron, alle prese con elezioni anticipate nelle settimane calde in cui si potrebbero decidere i top job, potrebbero spianare la strada a von der Leyen: il leader transalpino avevo mostrato riserve sull’ipotesi di un secondo mandato della tedesca, e correva voce che il suo candidato alla leadership della Commissione fosse Mario Draghi. Il crollo di consensi alle Europee, però, non pare dargli spazio per i suoi noti giochetti politici dietro le quinte, come quelli che nel 2019 portarono proprio all’elezione di von der Leyen (a scapito di Weber, designato dal Ppe).
Metsola e Kallas
Se la “regina del Berlaymont” resterà tale, il quadro delle altre cariche di peso dell’Ue potrebbe comporsi facilmente già entro la fine de mese. Secondo Politico, l’attuale presidente del Parlamento Roberta Metsola, anche lei del Ppe, dovrebbe venire riconfermata. I liberali potrebbero ottenere la nomina dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera, con la premier estone Kaja Kallas, tra le massime sostenitrici dell’Ucraina. A chiudere il puzzle la carica in quota socialista, quella del presidente del Consiglio europeo, che andrebbe al portoghese Antonio Costa.
Meloni e Le Pen
Questo schema, dicono a Bruxelles, potrebbe favorire rapidi negoziati tra le forze politiche e i governi Ue, ed evitare lunghe trattative e tensioni interne al blocco in un momento in cui l’Europa ha bisogno di unità di fronte alle guerra in Ucraina e al rischio di ritrovarsi fra pochi mesi Donald Trump alla guida degli Usa. Ma la destra europea è in fermento, e vuole avere un suo peso nell’architettura del potere Ue. Ecco perché gli occhi sono puntati su Giorgia Meloni e Marine Le Pen. La leader italiana ha dalla sua il fatto di essere premier, e dunque di avere un voto da spendersi sul tavolo che più conta per decidere i top job, quello del Consiglio europeo. Le Pen vuole sfruttare il successo elettorale alle europee, il possibile bis nel voto anticipato in Francia, e i buoni rapporti con Meloni (ma anche con l’olandese Geert Wilders) per influenzare i giochi a Bruxelles.
Non è detto, però, che gli interessi di Meloni coincidano più di tanto con quelli di Le Pen. La premier italiana sembra orientata ad accordarsi con i sovranisti al Parlamento Ue per rafforzare l’opposizione al trio popolari-socialisti-liberali, ma non vuole né rompere con il Ppe, né mischiarsi con Id, il gruppo di Le Pen e Salvini. Semmai, l’obiettivo di Meloni è ottenere un commissario di peso nel nuovo esecutivo di Bruxelles in cambio dell’appoggio a von der Leyen. In queste ore, l’eurodeputato Nicola Procaccini, copresidente del gruppo dei conservatori europei, ha espresso l’interesse del governo italiano per il posto di Alto rappresentante della politica estera.
Come dicevamo, quel posto sembra destinato ai liberali e all’estone Kallas. Difficile che l’Ecr possa puntare così in alto. Ma le parole di Procaccini possono nascondere il vero obiettivo di Meloni. Nelle scorse settimane si era parlato con insistenza della carica di commissario all’Agricoltura, per la quale veniva dato in pole il ministro Francesco Lollobrigida. Ma Roma potrebbe puntare anche sul nuovo commissario alla Difesa annunciato da von der Leyen nel suo programma: un portafoglio che, se creato ad hoc, potrebbe gestire il sempre più appetibile fondo per la difesa, ossia gli appalti per armi e tecnologie militari.