Quasi 600 velivoli lanciati: 6 morti. Lavrov vede Kim: «Il male deve essere sconfitto»
LEOPOLI – Gli esperti militari hanno cominciato a riferirsi alla tattica russa come la dottrina dei droni russa. Questa definizione di grande impatto si traduce in una costante pioggia di droni Shahed, a basso costo, lanciati quotidianamente sull’Ucraina, sia di notte che occasionalmente di giorno. Anche se dal punto di vista strategico non si tratta di operazioni sofisticate, i raid mirano a colpire infrastrutture industriali e obiettivi civili. Tuttavia, dal punto di vista russo, l’approccio risulta vincente poiché consente di saturare le difese avversarie con un impatto minimo, generando terrore tra la popolazione e danneggiando la produzione bellica nemica.
L’ultima ondata di attacchi ha avuto luogo tra giovedì e venerdì, colpendo in particolare l’ovest dell’Ucraina e il confine con la Romania, aree che solitamente subiscono meno assalti ma che ora sono nuovamente nel mirino con l’intento di interrompere i rifornimenti di armi nel Paese. Il bilancio delle vittime è tragico: 6 morti e decine di feriti, con 26 missili e 597 droni lanciati, oltre la metà dei quali di origine iraniana. Sono stati impiegati anche droni esca, che costringono l’antiaerea ucraina a operare a pieno regime. Nonostante la situazione drammatica, i medici ucraini continuano a fare il possibile, affrontando enormi difficoltà. Ieri, un’équipe di Kiev ha effettuato un trapianto di organi da una bambina deceduta in un raid, permettendo di salvare altri tre minori, mentre a Cernivci i medici hanno rianimato una bambina gravemente malata che aveva smesso di respirare durante un attacco. Se per l’Ucraina si tratta ormai di un bollettino quotidiano, il ministero della Difesa russo ha dichiarato di aver colpito «imprese del complesso militare-industriale ucraino» a Leopoli, Kharkiv e Lutsk, insieme a un aeroporto militare.
Di ritorno da Roma e in attesa della visita dell’inviato statunitense Keith Kellogg a Kiev, prevista per domani, Volodymyr Zelensky ha esortato gli alleati a fornire «più che semplici segnali» per fermare la Russia, in quanto «il ritmo degli attacchi aerei russi richiede decisioni rapide» e può essere mitigato ora attraverso nuove sanzioni. Ha inoltre chiesto la punizione di coloro che «aiutano la Russia a produrre droni e a trarre profitto dal petrolio». Sebbene le esportazioni di greggio siano cruciali per l’economia russa, l’Unione Europea, con la Francia in prima linea, continua a importare gas russo nonostante il divieto. Questo rappresenta un problema per Kiev, che necessita urgentemente di nuove sanzioni statunitensi contro il Cremlino, altrimenti Putin continuerà a produrre droni e missili da lanciare oltre confine durante la notte. Pertanto, al leader ucraino non sono sufficienti le rassicurazioni ricevute da Washington sulla ripresa della fornitura dei sistemi Patriot, così come le minacce di Trump riguardo le sanzioni.
In questo contesto, il leader ucraino ha preannunciato a breve un rimpasto di governo in vista del ritorno a Washington dell’ambasciatrice Oksana Markarova. In corsa per quel prestigioso incarico c’è il ministro della Difesa Rustem Umerov, che Zelensky ha incontrato proprio ieri. Si tratta di una mossa destinata a soddisfare l’alleato, viste le affinità democratiche della Markarova. Sul fronte opposto, la Corea del Nord, alleata della Russia contro l’Ucraina, ha visto il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov annunciare che Mosca e Pyongyang «stanno lottando contro la trasformazione dell’Eurasia in un feudo della Nato». Dopo un incontro con Kim Jong-un, Lavrov ha affermato che il male deve essere sconfitto.
«Per l’Ucraina si tratta di un bollettino quotidiano», riporta Attuale.