I 27 Stati membri hanno trovato un accordo per utilizzare i profitti extra generati dai beni di Mosca congelati per finanziare la guerra di Kiev
Sarà la stessa Russia di Vladimir Putin a pagare per le armi che l’Europa invierà all’Ucraina di Volodymyr Zelensky, per aiutarla a rispondere all’invasione. Dopo mesi di difficili trattative, i governi dei 27 Stati membri dell’Unione hanno trovato alla fine un accordo sul provvedimento che permetterà di utilizzare gli extraprofitti dei beni russi congelati in Europa, per pagare le spese della Difesa di Kiev ma anche la ricostruzione del Paese.
L’accordo “di principio”, che ora dovrà essere formalmente adottato, è stato raggiungo dal Comitato de rappresentanti permanenti presso l’Ue, il Coreper, l’assemblea che riunisce gli ambasciatori dei Paesi membri che fanno le veci dei governi. In tutto riguarderà 210 miliardi di euro di beni russi congelati, che dovrebbero generare fino a 3 miliardi all’anno da ‘girare’ all’Ucraina. La prima tranche dei soldi, secondo le previsioni di Bruxelles, potrebbe essere liberata già a luglio. “Non potrebbe esserci simbolo più forte e utilizzo migliore per quei soldi che rendere l’Ucraina e tutta l’Europa un posto più sicuro in cui vivere”, ha rivendicato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, su X.
Come funziona il meccanismo
La Commissione ha proposto un confisca dei profitti extra netti generati dal congelamento nello specifico degli asset della Banca centrale russa, beni immobilizzati in risposta all’invasione dell’Ucraina. Di fatto un bene congelato non è confiscato, è immobilizzato a causa di sanzioni, ma continua ad appartenere al suo legittimo proprietario, in questo caso la Banca di Mosca. I beni su cui agirà il provvedimento sono quelli che si trovano nei ‘depositari centrali’ (le istituzioni che detengono i titoli di Stato e azioni a nome e per conto delle banche) in territorio Ue, e sono in massima parte detenuti presso Euroclear, in Belgio e Clearstream, in Lussemburgo.
Questi asset normalmente dovrebbero essere mossi tra un istituto e l’altro (con le banche che vendono e acquistano in continuazione azioni), ma essendo stati bloccati sono rimasti fermi per mesi, e in questo modo hanno generato degli “extraprofitti”, profitti che se i beni non fossero stati congelati non esisterebbero. Per questa ragione Bruxelles sostiene di poterne disporre come vuole. Il denaro ricavato al 90% verrà destinato al Fondo Europeo per la Pace e sarà utilizzato per l’acquisto di armi per l’Ucraina. Il restante 10% sarà invece trasferito allo Strumento di Assistenza Finanziaria appena istituito per Kiev (con una dotazione attuale di 50 miliardi), strumento che sarà utilizzato per la ricostruzione della nazione. Il meccanismo prevede anche che lo 0,3% dei profitti resti ad Euroclear e Clearstream per coprire i costi di gestione dello strumento.
La tassa belga
Il Belgio stava già usando questi beni per finanziare l’Ucraina. Nel Paese esiste un’imposta sulle società, che è pari al 25% dei profitti. L’imposta è “universale” e si applica a ogni singola società, quindi anche ai beni congelati russi presso Euroclear. Per questo il Belgio ha deciso, nel 2022, di destinare tutti i proventi dell’imposta sulle società a sostegno dell’Ucraina e dei suoi cittadini, per poi creare, nel 2023, un apposito Fondo nazionale per l’Ucraina.
Concretamente, per l’anno fiscale 2024, è previsto un importo di 1,7 miliardi di euro di imposte nazionali sulle società provenienti dai beni russi immobilizzati, di cui circa 1 miliardo di euro è già stato destinato all’assistenza militare all’Ucraina. La nuova legislazione si applicherà quindi ai restanti extraprofitti dopo questa tassazione obbligatoria. Tutti i soldi andranno comunque all’Ucraina.
Fonte: Today