Washington ha inviato una lettera a Tel Aviv. Il senso è quello dell’ultimatum: gli Usa mantengono il loro sostegno incrollabile, ma Israele onori i suoi impegni
Se Israele non migliora le condizioni a Gaza potrebbe incorrere in un embargo sulle armi americane. È questo, in sintesi, il contenuto di una lettera che il segretario di Stato americano Antony Blinken e quello alla Difesa Lloyd Austin hanno inviato ai ministri israeliani Yoav Gallant e Ron Dermer. Se entro un mese, si legge nella missiva, non dovesse essere trovata una soluzione alla crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, gli Stati Uniti potrebbero imporre uno stop alle armi da inviare allo Stato ebraico. Nella lettera in particolare si chiedono “passi concreti” e si esprime la “profonda preoccupazione” degli Stati Uniti per una situazione che “sta deteriorando” nell’enclave palestinese.
Cosa chiede Washington a Tel Aviv
I toni della missiva, di cui Times of Israel pubblica l’originale, sono naturalmente diplomatici e formali ma il senso è quello dell’ultimatum: gli Usa mantengono il loro sostegno incrollabile, ma Israele onori i suoi impegni. Le richieste di Blinken e Austin si concentrano su tre punti in particolare: aumentare la fornitura di aiuti umanitari alla Striscia entro l’inizio dell’inverno, facilitare la consegna attraverso la Giordania, porre fine all’isolamento della zona nord dell’enclave.
Da giorni organizzazioni internazionali rilanciano l’allarme per le condizioni di vita nella Striscia, particolarmente critiche dopo l’avvio di nuove operazioni dell’Idf nella zona settentrionale dell’enclave palestinese. Il nord di Gaza “non ha avuto cibo, nessun aiuto alimentare in arrivo per tutto ottobre”, ha dichiarato. L’ultimo bilancio fornito dal ministero della Salute, gestito da Hamas, riporta 42.344 morti, di cui 55 nelle ultime 24 ore, e 99.013 feriti.
Il contenuto del messaggio diplomatico era inizialmente confidenziale, ma le indiscrezioni di stampa hanno portato Washington a confermarne la veridicità. “Era una comunicazione diplomatica privata che non volevamo rendere pubblica ma ora che lo è non abbiamo problemi a confermarla”, ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Matthew Miller, in un briefing con la stampa precisando che la missiva è stata inviata domenica. Miller non ha quindi nascosto le richieste fatte a Israele dagli Stati Uniti, che vogliono “immediatamente vedere dei cambiamenti”.
L’importanza delle armi statunitensi per Israele
Quello della fornitura di armi è un tema importante per Israele che, secondo il Financial Times, deve affrontare una carenza di razzi e missili intercettori proprio mentre si trova nel mezzo della guerra contro Hamas a Gaza ed Hezbollah in Libano e si prepara per una possibile escalation con l’Iran. E sarebbe una battuta d’arresto importante se gli Stati Uniti decidessero di fermare il rifornimento di armi al suo storico alleato. Basti pensare che lo Stato ebraico nel corso di un anno di guerra contro Hamas a Gaza ha ricevuto quasi 18 miliardi di dollari in aiuti militari dagli Usa.
Intanto però sono arrivati in Israele un team avanzato di militari Usa e componenti per il funzionamento della batteria di difesa aerea Thaad (Terminal High-Altitude Area Defense). Altri militari e munizioni arriveranno nei prossimi giorni, ha fatto sapere il Pentagono. Il sistema comprende lanciatori, intercettori, apparecchiature radio e radar e richiede 95 soldati per funzionare. Il Thaad è considerato complementare al Patriot, ma può difendere un’area più ampia colpendo bersagli a distanze di 150-200 chilometri.
Dal 1948, Israele è il più grande beneficiario di aiuti militari statunitensi nella storia, avendo ricevuto 251,2 miliardi di dollari al netto dell’inflazione dal 1959. Per trovare annate con spese paragonabili a quelle stanziate dall’inizio della guerra a Gaza bisogna risalire alla fine degli anni ’70, quando la cifra spesa dagli Stati Uniti si fermò comunque a 14 miliardi di dollari. Negli anni successivi gli stanziamenti si sono fermati a cinque miliardi di dollari annuali.