“Gli studenti cinesi all’estero vengono minacciati e sorvegliati dal governo di Pechino”

13.05.2024
"Gli studenti cinesi all'estero vengono minacciati e sorvegliati dal governo di Pechino"
"Gli studenti cinesi all'estero vengono minacciati e sorvegliati dal governo di Pechino"

Nelle università degli Stati Uniti e dell’Europa, dove la libertà di parola e di manifestazione è in gran parte rispettata e tutelata, gli studenti cinesi esitano a esprimere opinioni politiche a causa delle possibili ripercussioni in Cina. La denuncia in un rapporto di Amnesty International

Sono note da tempo le intimidazioni che il governo cinese esercita sugli studenti cinesi all’estero e sulle loro famiglie a causa del loro attivismo politico. Ma l’ultimo rapporto di Amnesty International, basato sulle testimonianze di oltre 30 persone intervistate, ricostruisce una situazione più chiara e, allo stesso tempo, preoccupante. Nelle università degli Stati Uniti e dell’Europa, dove la libertà di parola e di manifestazione è in gran parte rispettata e tutelata, gli studenti cinesi esitano a esprimere opinioni politiche a causa delle possibili ripercussioni in Cina, ha affermato il gruppo per i diritti umani Amnesty International in un rapporto di 63 pagine pubblicato lunedì 13 maggio.

Pedinati e minacciati: ecco cos’è la repressione transnazionale

Gli studenti e le studentesse intervistati dal gruppo che si occupa della difesa dei diritti umani hanno raccontato di essere stati fotografati e seguiti mentre prendevano parte a proteste e che, a causa del loro attivismo all’estero, le famiglie in patria sono state prese di mira e minacciate dalla polizia. Minacce che vanno dalla revoca dei loro passaporti, al licenziamento dal posto di lavoro, fino all’impossibilità di ricevere promozioni e benefici pensionistici e alla limitazione della loro libertà fisica. E le autorità non si limitano alla critica al governo e alla leadership cinese: nel mirino anche gli studenti che promuovono i diritti delle donne cinesi all’estero. Si tratta di quella che Amnesty International definisce “repressione transnazionale”, ovvero l’azione di un governo per controllare o impedire dissenso e critiche da parte dei suoi connazionali all’estero, in violazione dei loro diritti.

Come è accaduto a Rowan, nome di fantasia usato per tutelare la sua vera identità. La ragazza ha raccontato ad Amnesty di aver sentito suo padre poche ore prima che lei prendesse parte a una commemorazione del massacro di Tiananmen del 1989. Il genitore le ha detto che era stato contattato da un funzionario della sicurezza che lo aveva ammonito a “insegnarle a non prendere parte a eventi che possono danneggiare la reputazione della Cina nel mondo”. La velocità con cui le autorità cinesi l’hanno identificata, hanno rintracciato il padre e l’hanno usato per avvisarla di esprimere ulteriore dissenso verso il governo: “Il loro messaggio era chiaro: ti stiamo osservando e, anche se siamo dall’altra parte del pianeta, possiamo comunque raggiungerti”, ha dichiarato ad Amnesty International. 

Rowan è una degli intervistati dall’organizzazione per i diritti umani. Il gruppo con sede a Londra ha raccolto le testimonianze di 32 studenti e neolaureati cinesi in otto Paesi occidentali tra giugno 2023 e lo scorso aprile: Belgio, Canada, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti d’America e Svizzera. Ventidue di loro “hanno affermato che il timore degli sforzi repressivi del governo cinese ha limitato o influenzato negativamente la loro partecipazione alla vita accademica mentre studiano all’estero”, secondo il rapporto. 

L’autocensura e l’assenza di supporto delle università straniere

“Il timore di essere denunciati alle autorità cinesi o di Hong Kong frena anche la volontà degli studenti di discutere determinate questioni anche in contesti sociali o sui social media, o di partecipare ad alcuni eventi pubblici, o di unirsi ad alcuni club nel campus”, si legge nel rapporto. Gli studenti hanno raccontato di essere stati bloccati dal postare e sorvegliati sulle app cinesi, l’unico strumento social per comunicare con i parenti a causa del firewall di Pechino. 

L’incertezza su come vengono svolti la sorveglianza e gli interrogatori ha spaventato molti cinesi che studiano all’estero inducendoli persino a porre fine alle amicizie. Altri studenti hanno detto di essersi autocensurati attivamente durante le lezioni e le interazioni sociali e hanno lamentato problemi di salute mentale causati dalla sensazione di sorveglianza pervasiva, “che vanno dallo stress e dal trauma alla paranoia e alla depressione”. “Vorrei davvero pubblicare la mia tesi, ma sono preoccupato, quindi ho scelto di non farlo”, ha detto uno studente ad Amnesty. 

Quasi la metà degli studenti e delle studentesse ha dichiarato di aver paura di tornare in patria. Sei studenti sono arrivati alla conclusione di non avere altra opzione che chiedere asilo politico al termine degli studi, onde evitare di essere perseguitati al rientro in Cina. 

L’organizzazione non governativa ha esortato i governi e le università occidentali a proteggere i diritti degli studenti nei loro Paesi e nei loro campus e, se necessario, a sostenere il soggiorno degli studenti attraverso l’estensione del visto. Ma molte università non sono pronte a fornire questo tipo di supporto agli studenti e alle studentesse cinesi.

Fonte: Today

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