I “papabili” italiani per diventare commissari Ue: da Lollobrigida a Tajani (ma tutto gira intorno a Draghi)

24.05.2024
I "papabili" italiani per diventare commissari Ue: da Lollobrigida a Tajani (ma tutto gira intorno a Draghi)
I "papabili" italiani per diventare commissari Ue: da Lollobrigida a Tajani (ma tutto gira intorno a Draghi)

Il totonomi è partito da tempo, e tra i candidati si parla anche di Fitto e Zaia. Ma la nomina dell’ex governatore della Bce potrebbe far saltare i piani del governo Meloni

Come saprete se avete già letto la nostra guida, con le elezioni per il Parlamento europeo del 6-9 giugno prossimi non si rinnoverà solamente l’emiciclo di Strasburgo ma prenderà il via un nuovo ciclo istituzionale. Stiamo parlando di un cambio a tutti i vertici delle istituzioni comunitarie: Eurocamera, Consiglio europeo e Commissione. 

Ora, com’è noto, i membri dell’esecutivo Ue non vengono eletti da nessuno: i loro nomi vengono proposti dai singoli governi, in accordo con il (o la) presidente in pectore della futura Commissione, e devono poi venire approvati dagli eurodeputati appena insediati. Naturalmente, come avviene per gli esecutivi nazionali, ci sono alcuni portafogli che fanno più gola di altri, perché portano con sé un potere reale in termini di influenza sul policymaking dell’Unione. Questo significa che c’è una vera e propria “gara” tra le cancellerie per accaparrarsi le nomine più pesanti, come quelle all’Economia, alla Concorrenza e al Commercio, per non parlare della figura dell’Alto rappresentante per la politica estera. Chi sono dunque i profili più in vista nei vari Stati membri per occupare un ambito scranno all’interno del prossimo Collegio, allo scadere del mandato della Commissione von der Leyen?

L’ombra di Draghi

In Italia, già da diverse settimane si fanno i nomi di alcuni dei pezzi grossi del governo che sarebbero pronti a spiccare il volo per Bruxelles. Si parte dai fedelissimi della premier Giorgia Meloni: l’attuale ministro agli Affari europei Raffaele Fitto, l’attuale titolare dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, il ministro della Difesa Guido Crosetto e il responsabile del Mise, Adolfo Urso. Oltre ai meloniani, un altro nome conosciuto sul palcoscenico europeo è quello dell’attuale ministro degli Esteri, il forzista Antonio Tajani: vicepresidente del Partito popolare europeo (Ppe) di Ursula von der Leyen, è già stato commissario europeo (dal 2008 al 2014, con due diversi portafogli) nonché presidente dell’Europarlamento (dal 2017 al 2019). In casa Lega, c’è chi ha tirato fuori l’ipotesi di un addio anticipato alla presidenza del Veneto da parte di Luca Zaia, governatore molto noto a Bruxelles e apprezzato per il suo profilo moderato. 

Tutti questi nomi devono però fare i conti con lo “spettro” di Mario Draghi: l’ex capo della Bce ed ex premier sembra sempre più il candidato prescelto dal presidente francese Emmanuel Macron per fare da contraltare alla corsa alla rielezione di von der Leyen. Se fino a poco tempo fa per Draghi si vociferava di un posto al vertice del Consiglio europeo, ossia l’organismo che riunisce i governi degli Stati membri, adesso a Bruxelles si fanno insistenti le voci di un potenziale incarico al Berlaymont, il palazzo della Commissione europea.

Macron, considerato cinque anni fa il deus ex machina dietro la nomina (un po’ a sorpresa) di von der Leyen, sarebbe oggi in rotta con la leader tedesca, in particolare per i rapporti sempre più stretti della presidente della Commissione con la destra europea. A preoccupare il presidente francese non è tanto l’asse (ribadito giovedì dalla stessa von der Leyen) con Giorgia Meloni e i conservatori, quanto il rischio di un’apertura ai sovranisti di Marine Le Pen, l’avversaria storica di Macron in patria. Il divorzio di Le Pen con i tedeschi dell’Afd potrebbe togliere di mezzo il muro (detto anche “cordone sanitario) che fin qui non le ha permesso di accreditarsi come forza di governo in Europa. Macron lo sa e per questo starebbe puntando sempre più su Draghi. Se l’ex premier italiano dovesse venire eletto alla presidenza della Commissione, il governo Meloni non avrebbe più modo di nominare un commissario, dato che la casella di Roma nelle 27 poltrone dell’esecutivo Ue sarebbe stata già riempita.  

I nomi in lizza in Germania e Francia

La nomina di Draghi potrebbe essere a sua volta una buona notizia per il governo tedesco di centrosinistra: sebbene il cancelliere Olaf Scholz non si sia finora opposto a una rielezione di von der Leyen (il cui partito di riferimento in Germania, la Cdu, è all’opposizione), resta però l’opzione di poter contare su un proprio commissario a Bruxelles. In questa eventualità, tra i nomi in pole, secondo la lista stilata dal quotidiano Politico, ci sarebbe Annalena Baerbock, attuale ministra degli Esteri in quota Verdi. Il problema per Baerbock (o altri candidati progressisti) potrebbe però arrivare proprio dal voto europeo: stando ai sondaggi, sia il suo partito ecologista che l’Spd del cancelliere Olaf Scholz vanno verso una batosta elettorale il mese prossimo, il che potrebbe destabilizzare l’attuale esecutivo di coalizione.

In Francia, i due contendenti principali sono il commissario uscente Thierry Breton (titolare del Mercato interno) e Bruno Le Maire (ministro delle Finanze), cui si aggiunge l’opzione Élisabeth Borne (prima ministra fino allo scorso gennaio, sostituita da Gabriel Attal). Sono tutti profili molto vicini al presidente Macron, il quale vorrebbe per la Francia un portfolio di peso e possibilmente legato ad uno dei dossier relativi a quella autonomia strategica tanto cara al capo dell’Eliseo: Economia, Concorrenza o Industria.

La Spagna ha già deciso

Se c’è un governo dove le idee per la futura Commissione sembrano già chiare e definite, questo è senza dubbio quello spagnolo: la scelta di Madrid dovrebbe ricadere, salvo sorprese, su Teresa Ribera, attuale ministra alla Transizione ecologica ed ex vicepremier di Pedro Sánchez. Secondo le anticipazioni, la Spagna vuole un portafoglio climatico, ambientale o energetico. 

Nei Paesi Bassi il nome prominente per il prossimo Collegio è quello del commissario uscente per il Clima, Wopke Hoekstra, anche se molto dipenderà dagli equilibri che si troveranno all’interno del nuovo esecutivo di coalizione olandese, che deve ancora nominare un nuovo premier e dove non c’è più il partito di Hoekstra. 

Il nuovo commissario polacco potrebbe essere incece Radoslaw Sikorski, compagno di partito del premier Donald Tusk (entrambi del Ppe) e attuale ministro degli Esteri di Varsavia. Sikorski potrebbe ambire al portafoglio della Difesa, se dovesse essere formalmente istituito nel prossimo Collegio, oppure a quello dell’Allargamento, nel qual caso lavorerà sicuramente per accelerare l’ingresso di Kiev nell’Unione. 

Orban vuole l’Allargarmento (per l’Ucraina)

Proprio il portafoglio dell’Allargamento attira le mire dell’Ungheria, ma per ragioni opposte a quelle del governo polacco: il premier Viktor Orban vuole cercare di rallentare il più possibile l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue. Budapest detiene già oggi questo portafoglio, grazie al commissario Olivér Várhelyi, considerato uno dei fedelissimi di Orban.  vicino al primo ministro Viktor Orbán. Un nome alternativo, anche se meno scontato, è quello dell’eurodeputata di Fidesz (nonché ex ambasciatrice ungherese a Roma) Eniko Gyori.

Anche l’Austria sembra mirare all’Allargamento: si fa il nome di Karoline Edtstadler, attuale ministra agli Affari europei e in quota Ppe. Il discorso è un po’ più complesso per il Belgio, dove si voterà per il rinnovo dei parlamenti regionali e di quello federale in contemporanea con il voto europeo: questo rende difficili le previsioni circa la futura maggioranza di governo, ma i profili più in vista per ora sono due liberali, il primo ministro uscente Alexander De Croo e la deputata Sophie Wilmès, e tre socialisti, Elio di Rupo (presidente-ministro della Vallonia ed ex premier), Frank Vandenbroucke (ministro della Salute) e Paul Magnette.

Situazione simile a quella belga in Bulgaria, dove si vota il 9 giugno anche alle elezioni nazionali, e dove l’eurodeputata uscente Eva Maydell (Ppe) sembrerebbe avere buone chances di rimpiazzare la commissaria di Sofia, Iliana Ivanova, che gestisce Innovazione, ricerca, cultura, educazione e gioventù.

Per la Danimarca sono in pole per sostituire Margrethe Vestager (la potente commissaria alla Concorrenza, storica leader dei liberali danesi e già al secondo giro al Berlaymont) due socialisti: il ministro al Clima e allo sviluppo, Dan Jorgensen, e il titolare degli Affari, Morten Bodskov. La nomina dovrà arrivare dalla premier socialdemocratica Mette Frederiksen, lei stessa tra i contendenti in lizza per guidare il Consiglio europeo allo scadere del mandato del liberale belga Charles Michel. 

Tutta in campo liberale è invece la partita che si giocherà a Tallinn per individuare il commissario estone: il nome più quotato per entrare al Berlaymont è quello della premier Kaja Kallas, che in molti vedrebbero bene come Alto rappresentante per la politica estera. Tuttavia, non è scontato che ottenga questo prestigioso ruolo: a Bruxelles qualcuno potrebbe sollevare obiezioni sul fatto che la repubblica baltica è tra i Paesi più anti-Russia dell’Ue, e questo potrebbe innescare ulteriori tensioni con Mosca. 

Lo slot finlandese nella prossima Commissione potrebbe invece essere occupato da Henna Virkkunen, eurodeputata uscente (in carica da due legislature) e membro del Ppe. In Cechia si fanno i nomi di Danuse Nerudová (indipendente, candidata alle presidenziali dell’anno scorso), Marek Mora (viceministro alle Finanze) e Marcel Kolaja (eurodeputato dei Verdi). Tra i papabili parrebbe esserci anche l’attuale ministro al Commercio di Praga, Jozef Síkela.

La Croazia potrebbe riconfermare l’attuale commissaria Dubravka Suica, mentre a Cipro circolano quattro nomi: oltre all’attuale commissaria alla Salute, Stella Kyriakides, ci sono Harris Georgiades (ex ministro delle Finanze), George Lakkotrypis (ex ministro dell’Energia) e Constantinos Kombos (attuale titolare degli Esteri). Kombos è indipendente, mentre tutti gli altri sono membri del Ppe. 

La sfida ad Atene è invece tutta interna al centro-destra (Ppe), dove il netto favorito è il commissario uscente allo Stile di vita europeo, Margaritis Schinas, che sembrerebbe poter contare sulla nomina del premier Kyriakos Mitsotakis, suo compagno di partito. Gli altri nomi sono Niki Kermaeus (attualmente responsabile degli Interni), Stavros Papastavrou (ex ministro di Stato) e George Gerapetritis (titolare degli Esteri). La Grecia punterà probabilmente a un portfolio tra quello migratorio e della difesa.

A Dublino sarà probabilmente una sfida interna tra i liberali di Fianna Fáil, che è al governo insieme al Fine Gael (Ppe), il quale però ha già eletto gli ultimi due commissari irlandesi (Phil Hogan e la sua sostituta Mairead McGuinness). L’ex ministro delle Finanze Michael McGrath pare essere il favorito, ma potrebbero spuntare anche le candidature dell’ex premier Micheál Martin e dell’attuale titolare dell’Agricoltura Charlie McConalogue. Stando alle indiscrezioni, l’Irlanda punterà a mantenere il dossier sui Servizi finanziari. 

La Lettonia proporrà quasi sicuramente un bis per il suo commissario uscente, Valdis Dombrosvkis, che è un potente vicepresidente del Collegio e ha gestito importanti portafogli economici e commerciali. Probabilmente cercherà un altro dossier economico, oppure qualcosa che abbia a che fare con l’Ucraina. È dello stesso partito della premier Evika Silina, che a Strasburgo siede coi Popolari. 

In Lituania la candidatura principale è quella dell’attuale ministro degli Esteri Gabrielius Landsbergis, membro del Ppe, che andrebbe a sostituire Virginijus Sinkevicius (commissario uscente all’Ambiente). Landsbergis parrebbe però preferire un portafoglio che abbia a che fare con la politica estera dell’Unione. 

Il Lussemburgo è in bilico tra due nomi, quello di Christophe Hansen, sostenuto dalla colazione di governo, e l’attuale commissario Nicolas Schmit, candidato di punta dei socialisti europei alle elezioni. La casella di Malta potrebbe invece essere occupata dall’attuale ministra laburista per l’Ambiente e l’energia, Miriam Dalli. Dal Portogallo, le candidature più papabili sono quelle dell’ex ministro allo Sviluppo regionale Miguel Poiares Maduro e dell’ex titolare delle Finanze Maria Luísa Albuquerque. Sono entrambe affiliate al Ppe, così come il premier Luís Montenegro. 

Per la Romania il nome più in vista è sicuramente quello del primo ministro Klaus Iohannis, che fa parte dei Popolari europei e il cui secondo mandato da premier scadrà il prossimo dicembre. Con buona probabilità, la scelta per il nuovo commissionario slovacco ricadrà sull’uscente Maros Sefcovic (Pse). In Slovenia il profilo quasi scontato è quello dell’ex presidente della Corte dei conti, Tomaz Vesel, alleato del premier liberale Robert Golob il quale ha già annunciato l’appoggio alla sua candidatura. 

Infine, in Svezia la sfida sarà tra tre candidati del centro-destra: l’attuale ministra agli Affari europei Jessika Roswall, l’ex premier Carl Bildt e l’eurodeputato Tomas Tobé – tutti membri del Ppe. Chi tra questi otterrà l’appoggio dell’attuale primo ministro Ulf Kristersson (anche lui dei Popolari) andrà a Bruxelles a sostituire la commissaria uscente agli Affari interni, Ylva Johansson.

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