La decisione dei leader di partito in Italia di correre come capilista per il Parlamento Ue (senza alcuna intenzione di andarci se eletti) non ha eguali in Europa. Salvo rarissime eccezioni
Giorgia Meloni detta “Giorgia” ha annunciato che si candiderà come capolista di Fratelli d’Italia in tutte le circoscrizioni italiane per le elezioni europee dell’8 e 9 giugno. Chiaramente, se eletta come appare scontato, la premier non lascerà Palazzo Chigi per occupare un seggio del Parlamento Ue, così come prevede la legge sull’incompatibilità delle cariche. E lo stesso dovrebbero fare anche la leader del Partito democratico Elly Schlein e gli altri leader di partito che hanno deciso di piazzare il loro nome in cima alle liste, per aumentarne la visibilità e, nelle loro speranze, i voti: da Antonio Tajani a Emma Bonino, passando per Matteo Renzi e Carlo Calenda. Una pratica, questa, che è stata usata più volte in passato e che diversi osservatori hanno criticato, compreso lo stesso Calenda, perché considerata una presa in giro nei confronti degli elettori. Etica o meno che sia, di sicuro c’è che questa prassi è una specialità tutta italiana in Europa, salvo rarissime eccezioni.
La prassi italiana e i pochi emuli in Europa
Guardando agli altri grandi Paesi Ue, si segnala per esempio il caso di Geert Wilders, leader del partito di estrema destra Pvv e trionfatore alle ultime elezioni nazionali in Olanda: come fa ormai dal 2014, Wilders sarà in fondo alla lista del Pvv, posizione che comunque gli ha permesso in passato di risultare il più votato. Impegnato a formare un governo all’Aja, difficilmente l’alleato di Matteo Salvini in Europa sceglierà di optare per l’Eurocamera. Stesso discorso per il bulgaro Delyan Peevski, oligarca e presidente del Movimento per i diritti e le libertà: nel 2014 e nel 2019 aveva ottenuto già la possibilità, da leader del partito, di andare al Parlamento europeo, salvo poi rinunciare.
Per scovare un emulo di Meloni bisogna andare in Croazia, dove il primo ministro Andrej Plenkovic ha annunciato che sarà il capolista del suo partito, Unione democratica croata: difficilmente lascerà l’incarico da premier per Strasburgo, se eletto, ma (a sua parziale giustificazione) si vocifera di un suo potenziale interesse per la presidenza della Commissione Ue.
Eurodeputati uscenti alla riscossa
In Francia, il principale partito di destra, il Rassemblement national (Rn), e l’alleanza di centrosinistra Ps-Place publique sono tra le formazioni più in crescita nei sondaggi. In entrambi i casi, a guidare le liste ci sono dei leader di partito: la truppa di Rn vede in testa il giovane presidente Jordan Bardella, anche se la vera leader del partito è Marine Le Pen. Il centrosinistra schiera invece Raphaël Glucksmann, fondatore e leader di Place publique. Va detto però che entrambi intendono occupare il seggio per cui si candidano, tanto più che tutti e due hanno già cinque anni alle spalle di attività al Parlamento europeo.
Del resto, l’esperienza tra Strasburgo e Bruxelles sembra contare nella scelta dei capilista. Restando in terra transalpina, gli eurodeputati Valérie Hayer (liberali), Pierre Larrouturou (socialisti), Manon Aubry (sinistra) e Marie Toussaint (verdi) saranno in testa alle liste dei loro partiti. Anche in Germania i principali partiti hanno schierato eurodeputati uscenti come Katarina Barley (socialisti), Terry Reintke (verdi) e Manfred Weber (Cdu). In Spagna, ci sono i casi di Dolors Montserrat (popolari), Maria Rodriguez (Sumar) e Iratxe Garcia (socialisti). Ma eurodeputati uscenti piazzati a capo delle loro liste si ritrovano un po’ in tutti i Paesi Ue. In Italia, i casi sono più rari: al momento, si segnalano la leghista Annalisa Tardino nella circoscrizione Isole e Herbert Dorfmann del Südtiroler Volkspartei.
Fonte: LaStampa