Esponenti del partito di Elly Schlein votano contro l’articolo 8 della risoluzione sul sostegno militare a Kiev, che toglie le restrizioni sull’uso degli armamenti in territorio russo
Clamorosa debacle del Partito Democratico nell’aula di Strasburgo. Il partito guidato da Elly Schlein ha palesato fortissime divisioni interne sul sostegno militare all’Ucraina, con alcuni eurodeputati di punta che non hanno seguito le indicazioni date dai vertici in due votazioni particolarmente importanti.
La prima spaccatura sul controverso articolo 8
Durante la seduta plenaria dell’Europarlamento si votava la risoluzione sul sostegno finanziario e militare all’Ucraina, un testo su cui i dem si sono divisi in ben due occasioni. La prima è stata sul controverso articolo 8, che includeva la revoca delle restrizioni all’uso delle armi occidentali consegnate all’Ucraina sul territorio russo. Tutti i partiti italiani hanno espresso parere contrario, tranne quattro eurodeputati, due del Pd e due di Forza Italia, che hanno annunciato sin da subito un voto in dissenso col loro gruppo. Si tratta delle dem Elisabetta Gualmini, già vicepresidente del gruppo S&D ed ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna e Pina Picerno, che tra l’altro è vicepresidente del Parlamento Europeo. A loro si sono aggiunti i forzisti Massimiliano Salini, ex presidente della provincia di Cremona ed eurodeputato dal 2014 e Giuseppina Princi, ex vicepresidente della Regione Calabria.
Al momento del voto, però, il gruppo dei dem si è praticamente spaccato a metà, di fatto tradendo l’indicazione della stessa Elly Schlein che aveva respinto la proposta di “astensione collettiva” proposta da Brando Benifei e Stefano Bonaccini. A sguire l’indicazione sono stati in nove (Benifei, Annalisa Corrado, Antonio Decaro, Camilla Laureti, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Alessandro Zan, Cecilia Strada, Nicola Zingaretti), a cui andrebbero aggiunti Lucia Annunziata e Marco Tarquinio, che non avrebbero prerso parte alla votazione per un errore. In otto, invece, non hanno seguito la linea, con metodi diversi. Sei di loro (Bonaccini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Irene Tinagli e Raffaele Topo) hanno tolto la scheda elettronica al momento della votazione, mentre Picerno e Gualmini – come annunciato – hanno votato a favore. Una scelta condivisa anche da un altro eurodeputato, Giorgio Gori, che però non era presente perché impegnato nella sua Bergamo per una visita istituzionale di Mario Draghi.
E se le divisioni sull’articolo che prevede l’utilizzo di armamenti occidentali direttamente sul territorio di Mosca – con rischio di pesanti ritorsioni già annunciate dal governo di Vladimir Putin – potrebbero essere considerate dei semplici distinguo sulla strategia militare, assai diverso è quello sul voto finale, dove entrambi gli schieramenti sono saltati. A favore hanno votato Forza Italia e Fratelli d’Italia, contro la Lega, il Movimento 5 Stelle e l’Alleanza Verdi Sinistra. Anche qui il Pd è metaforicamente esploso, con due deputati che si sono astenuti: si tratta degli ultra-pacifisti di Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire che già creò malumori al tempo della sua candidatura per le sue posizioni anti abortiste e Cecilia Strada, fortemente voluta a Strasburgo dalla segretaria dem.