In Europa tornano i controlli alle frontiere interne: cosa cambia

14.11.2024
In Europa tornano i controlli alle frontiere interne: cosa cambia
In Europa tornano i controlli alle frontiere interne: cosa cambia

L’Olanda è solo l’ultimo paese ad aver chiuso i suoi confini, seguendo l’esempio di Germania, Francia e Italia. Ma cosa comporta questa decisione, e per quanto tempo può essere presa? Facciamo chiarezza

L’Olanda e la Norvegia sono gli ultimi due Paesi dell’area Schengen ad aver annunciato di voler introdurre di nuovo dei controlli alla frontiera. I controlli olandesi, che partiranno dal 9 dicembre, dureranno sei mesi e sono stati decisi all’interno della stretta contro l’immigrazione irregolare proposta dal governo guidato dal Partito per la libertà (Pvv) di Geert Wilders, alleato Europa con la Lega di Matteo Salvini.

La Norvegia invece lunedì 11 novembre ha deciso di prorogare i controlli già in atto, fino al primo dicembre. La ministra alla pubblica sicurezza di Oslo, Emilie Mehl, ha motivato la decisione principalmente a causa delle “minacce per obiettivi ebraici e israeliani”. Al momento sono in tutto ben nove i Paesi che hanno sospeso Schengen: Olanda, Norvegia, Austria, Germania, Francia, Italia, Svezia, Slovenia e Danimarca. Ma che significa reintrodurre i controlli alle frontiere, e come e per quanto tempo si può fare?

L’area Schengen

Come ha ricordato la portavoce della Commissione Ue, Anitta Hipper, dopo l’annuncio di Amsterdam, la reintroduzione dei controlli alle frontiere interne nella zona Schengen deve essere adottata in maniera ”eccezionale” ed essere ”strettamente limitata nel tempo”. L’area Schengen è l’area di libero movimento delle persone e delle merci, che ci permette di attraversare liberamente le frontiere in Europa senza passare da dogane e di viaggiare su aerei e navi imbarcandoci semplicemente con una carta di identità, senza bisogno di passaporto, e senza dover sottostare al controllo dei documenti da parte della polizia.

La mappa dell'area Schengen
La mappa dell’area Schengen

L’area Schengen comprende tutti gli Stati membri dell’Ue – ad eccezione di Irlanda e Cipro – e integra anche Bulgaria e Romania che vi fanno parte solo per frontiere marittime e aeree, ma non ancora per quelle terrestri. Nell’area di libero transito ci sono poi Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. San Marino e la Città del Vaticano sono membri de facto, anche se non ufficialmente.

I controlli

Secondo il codice Schengen gli Stati membri hanno il potere di reintrodurre temporaneamente dei controlli alle frontiere interne in caso di “grave minaccia all’ordine pubblico o alla sicurezza interna”, ma la reintroduzione deve essere applicata come “misura di ultima istanza”, in “situazioni eccezionali,” e deve “rispettare il principio di proporzionalità”.

La durata di tale reintroduzione temporanea è limitata nel tempo, e dipende dalla ragione invocata dal governo che la stabilisce. I controlli possono riguardare sia i confini terrestri che quelli aerei e marini. Per questi ultimi significa ad esempio che quando prendiamo un volo verso un Paese che ha chiuso le frontiere, all’atterraggio dobbiamo sottostare a un controllo dei documenti da parte della polizia di frontiera. Per i controlli dei confini terrestri significa invece che ci saranno nelle strade che portano nella nazione interessata, molti più posti di blocco che effettueranno ispezioni a campione.

Le ragioni per reintrodurli

Ci sono tre casi in cui si possono reintrodurre i controlli alla frontiera. Il primo è per prevenire rischi collegati ad “eventi prevedibili”, e in quel caso i controlli possono essere reintrodotti per un periodo massimo di sei mesi. È il caso della motivazione rivendicata dall’Olanda, che ha dato come motivazione “l’elevato livello di migrazione irregolare, contrabbando di migranti e consistenti flussi migratori secondari”, che hanno causato “pressione elevata e cumulativa sul sistema migratorio, in particolare per l’accoglienza dei richiedenti asilo”.

Motivazioni simili hanno dato Germania e Italia, con Berlino che ha affermato che ci sarebbero “rischi per la sicurezza associati alla migrazione irregolare che aumentano le gravi minacce all’ordine pubblico e alla sicurezza poste dalla già tesa situazione di accoglienza dei rifugiati”, e Roma che ha parlato di “rischio di attività terroristiche, legato alle turbolenze in Medio Oriente e al possibile rischio di infiltrazioni terroristiche nei flussi migratori irregolari”.

Motivazioni politiche

Di fatto spesso le motivazioni sono semplicemente politiche, con un governo che vuole mostrare di essere pronto ad adottare la linea dura sui migranti, piuttosto che legate a reali minacce. Non a caso la Germania ha reintrodotto i controlli dopo la batosta elettorale subita dai socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz nelle elezioni di Sassonia e Turingia, Laender in cui c’è stata l’avanzata della destra radicale di Alternativa per la Germania (AfD).

Anche la decisione della premier italiana Giorgia Meloni sembra più una mossa politica che effettivamente legata a dei rischi concreti. L’Italia ha chiuso il 19 giugno scorso i suoi confini terrestri con la Slovenia, con i sei mesi che dovrebbero scadere il prossimo 20 dicembre.

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