È vero che aumenteranno i requisiti per andare in pensione ma il governo sta cercando le risorse per sterilizzare gli aumenti. La conferma del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti dopo le indiscrezioni della Cgil
Se ne erano già accorti i patronati della Cgil a cavallo del nuovo anno, poi la maggioranza aveva cercato di spegnere l’incendio ma ora arriva la conferma a denti stretti: l’Inps ha predisposto l’aumento dei requisiti per andare in pensione ma il governo sta cercando i soldi per sterilizzare l’effetto della normativa previdenziale corrente. Lo ha confermato il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti parlando con l’agenzia di stampa Ansa. Ma andiamo per gradi e cerchiamo di capire.
Lo scorso 9 gennaio la Cgil aveva denunciato in una nota una “modifica unilaterale dei requisiti pensionistici”. In pratica i tecnici del sindacato si erano accorti che l’Inps aveva modificato il sistema usato dai patronati per i calcoli previdenziali, alzando di 3 mesi i requisiti anagrafici e contributivi per andare in pensione dal 2027. E di altri 2 mesi dal 2029.
Il simulatore che riportava le condizioni più restrittive è andato poi offline mentre dall’istituto previdenziale è subito arrivata una precisazione poco convincente. Un pasticcio che ora è stato chiarito – quasi una settimana dopo – dal ministro dell’economia che ha parlato di un semplice adeguamento all’aspettativa di vita.
“Ci sono dei documenti tecnici che indicavano l’andamento in crescita della speranza di vita – ha detto Giorgetti – adesso dobbiamo aspettare i dati definitivi che saranno certificati dall’Istat presumo a marzo. Io ho dato indicazione alla Ragioneria di aspettare con i decreti direttoriali perché la politica giustamente avrà tutto il tempo per fare le sue riflessioni e sterilizzare eventualmente questo aumento”.
“Il mio orientamento onestamente è di andare verso una sterilizzazione dell’aumento dei requisiti per andare in pensione”
Il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti
L’ultimo rapporto della Ragioneria Generale dello Stato del 2024 ipotizzava che l’età di uscita dal mondo del lavoro rimanesse di fatto ferma a 67 anni anche nel biennio 2027-28 ma non escludeva un eventuale adeguamento visto l’aumento della aspettativa di vita.
Ad essere penalizzati – dovessero concretizzarsi gli aumenti dei requisiti – sarebbero i nati a cavallo del 1960, già rimasti fuori dalla Quota 100. Ma la decisione finale spetterà al Governo che proprio sulla riforma delle pensioni si gioca gran parte della propria credibilità dopo i grandi annunci elettorali. Sarà proprio il 2025 l’anno centrale per il futuro dell’asseto previdenziale: il meccanismo che adegua gli assegni pensionistici all’aspettativa di vita è stato sostanzialmente congelato fino a tutto il 2026 ma il decreto di riforma va pubblicato con un anno di anticipo sull’entrata in vigore. Occhi puntati quindi al rapporto primaverile dell’Inps sull’aspettativa di vita. E alle decisioni del governo che dovrà soppesare decisioni impopolari e stabilità delle finanze dello Stato.