Il leader nordcoreano va verso la revisione della Costituzione del Corea del Nord, per definire il Paese “Stato socialista separato”. Una formula, questa, usata per segnare una cesura con la Corea del Sud
Una superpotenza militare dotata di armi nucleari. È questa che sarà la Corea del Nord, secondo le intenzioni del suo leader, che ha rilanciato l’ormai consueta minaccia per difendersi da un attacco nemico. Kim Jong-Un ha assicurato che “tutta la potenza militare” del Paese “sarà usata senza esitazione se i nemici tentassero di usare la forza contro di noi, e l’uso di armi nucleari non sarà escluso”.
Kim rinuncia alla riunificazione della penisola coreana
Il “Maresciallo” nordcoreano brandisce nuovamente la minaccia dell’uso del nucleare e questa volta lo fa in occasione di un discorso tenuto ieri durante una visita alla Kim Jong-un National Defense University, precisando però di non voler attaccare la Corea del Sud e di aver rinunciato alla riunificazione della penisola coreana. Secondo il leader nordcoreano, che ha tuttavia sottolineato che l’unico modo perché la Corea del Sud possa andare avanti è “mettere da parte la forza militare”, Seul dovrebbe “smettere di vantarsi della propria potenza”. La minaccia è maturata nel giorno in cui Pyongyang dovrebbe aver aperto la sessione parlamentare per rivedere la Costituzione e consolidare Seul come “nemico primario”.
La Corea del Nord sarà uno “Stato socialista separato”
La Corea del Nord è pronta dunque ad adottare una nuova costituzione che designa la nazione dei “cugini” del Sud come “ostile” e ridisegna i confini marittimi. Quest’ultimo è un cambiamento che, avvertono gli analisti, potrebbe smantellare decenni di cauta diplomazia e aumentare le tensioni militari. L’articolo 9 della Costituzione della Repubblica Popolare Democratica di Corea, il nome ufficiale della Corea del Nord, afferma lo scopo di realizzare il socialismo “nella metà settentrionale della Corea” e cerca “la riunificazione sul principio di indipendenza, riunificazione pacifica e grande unità nazionale”.
Gli esperti sono concordi su quello che accadrà nel breve futuro. “Sono attesi emendamenti costituzionali che definiscano i legami intercoreani come due stati ostili e altre misure correlate”, ha detto ieri ai giornalisti Koo Byung-sam, portavoce del Ministero dell’Unificazione della Corea del Sud. Tuttavia, non è ancora chiaro quando esattamente la decisione verrà formalmente presa. “È difficile prevedere se verrà oggi o domani”, ha detto.
Gli analisti si aspettano che la costituzione modificata includa clausole che definiscano la Corea del Nord come uno “stato socialista separato”, segnalando una rottura definitiva da qualsiasi legame storico o etnico con il Sud. Sebbene le relazioni intercoreane siano state altalenanti, queste modifiche costituzionali potrebbero ostacolare gravemente le prospettive di una loro ripresa nel medio e lungo termine, secondo Lim Eul-chul, professore di scienze politiche presso la Kyungnam University di Changwon.
Da quando Kim ha dichiarato alla fine dell’anno scorso che le due Coree sono ora “stati ostili”, la Corea del Nord ha sistematicamente reciso i legami fisici al confine. Recenti immagini satellitari mostrano che la Corea del Nord ha iniziato a demolire strade e ferrovie nei pressi del confine che un tempo collegavano l’ormai chiuso parco industriale di Kaesong, una joint venture finanziata da Seul.
Quanto costerebbe una guerra tra le due Coree?
Pyongyang sta rafforzando le sue capacità militari al confine mentre Seul ha ripreso le sue sonore campagne di propaganda contro il regime nordcoreano. Ma quali sarebbero i costi di una nuova guerra tra le due Coree? Secondo un’analisi effettuata da Bloomberg Economics, un conflitto su larga scala nella penisola coreana potrebbe provocare milioni di morti e costare all’economia globale 4mila miliardi di dollari nel primo anno, pari al 3,9% del Pil, più del doppio dei danni causati dall’aggressione russa in Ucraina.
Ci sarebbero poi costi in termini commerciali. Un conflitto in tutta la penisola comporterebbe anche il blocco delle esportazioni di elettronica e microchip dalla Corea del Sud, con danni per l’economia globale. Questo perché, precisa Bloomberg, la Corea del Sud produce il 4% di tutti i componenti elettronici utilizzati nelle fabbriche del mondo e circa il 40% di tutti i chip di memoria.