Situazione dopo il bombardamento statunitense dei siti nucleari iraniani
Passati diversi giorni dal bombardamento statunitense sui siti nucleari iraniani, i danni e la capacità dell’Iran di arricchire uranio e produrre armi nucleari restano incerti. Teheran non sta consentendo l’accesso dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ai suoi impianti e le informazioni emerse finora, spesso influenzate da ragioni politiche, risultano vaghe e contraddittorie, riporta Attuale.
Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti, ha affermato che la capacità nucleare dell’Iran è stata «completamente e totalmente annientata». Anche il segretario della Difesa, Pete Hegseth, ha dichiarato che l’attacco ha compromesso significativamente il programma nucleare iraniano, facendolo arretrare di anni. Dal canto suo, il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha confermato che gli impianti hanno subito «danni significativi e gravi».
Giovedì, Ali Khamenei, leader politico e religioso dell’Iran, ha replicato che gli USA non hanno conseguito alcun risultato significativo dai loro attacchi. Queste affermazioni sembrano essere parte della propaganda del regime, il quale tenta di minimizzare i danni subiti per riprendere i negoziati sul nucleare da una posizione vantaggiosa; i colloqui infatti erano stati interrotti in seguito ai bombardamenti israeliani di due settimane fa.
I dubbi sull’efficacia dell’attacco statunitense sono similarmente stati espressi da Khamenei. Secondo un rapporto dell’intelligence americana, riportato da diversi media, gli attacchi avrebbero soltanto ritardato il programma nucleare iraniano di pochi mesi. Diversi esperti, citati da testate internazionali, hanno sostenuto che non si può considerare questa operazione come una fine definitiva del programma nucleare iraniano. Anzi, il regime potrebbe cercare di sviluppare più rapidamente una bomba atomica per evitare futuri attacchi, ricorrendo alla dottrina della deterrenza, che implica la minaccia reciproca di attacchi nucleari.
Sugli effetti dei bombardamenti: è emerso che il sito nucleare di Fordo, il più strategico e protetto, è stato attaccato con bombe bunker buster, capaci di penetrare profondamente nel suolo (considerando che le strutture si trovano a circa 90 metri sottoterra). Rafael Grossi, direttore dell’AIEA, ha affermato che le esplosioni potrebbero aver reso inutilizzabili le centrifughe utilizzate per l’arricchimento, poiché questi macchinari sono molto sensibili alle vibrazioni.
La portata del danno subito non è però chiaramente definita. Dalla valutazione delle immagini satellitari disponibili, si deduce che le bombe americane abbiano colpito precise aree del sito, probabilmente i pozzi di ventilazione; tuttavia, l’intelligence statunitense sostiene che l’attacco avrebbe bloccato solo gli accessi, senza comprometterne la struttura sotterranea.
Per quanto concerne il sito di Natanz, il più grande per l’arricchimento dell’uranio in Iran, l’AIEA ha riscontrato «impatti diretti» nel centro di arricchimento, situato a pochi metri di profondità. Al contrario, il sito di Isfahan ha visto un quadro di danni meno definiti. Secondo l’AIEA, i bombardamenti israeliani precedenti a quelli statunitensi hanno colpito un impianto in costruzione per il trattamento dell’uranio arricchito. Marco Rubio, segretario di Stato americano, ha sottolineato che l’attacco statunitense avrebbe distrutto l’impianto di conversione, fondamentale per trasformare l’uranio gassoso in un metallo utilizzabile per armamenti.
Se l’impianto di Isfahan fosse l’unico impianto di conversione, ciò comporterebbe un significativo ritardo per il programma nucleare iraniano; tuttavia, è possibile che il regime ne abbia costruito uno segreto, come accaduto in passato. Recentemente, i funzionari iraniani avevano affermato che esisterebbe almeno un altro impianto non dichiarato, potenzialmente situato vicino a Natanz.
Infine, rimane l’incertezza riguardo alla posizione di 400 chili di uranio arricchito al 60%. L’amministrazione statunitense sostiene che l’uranio sia stato sepolto dai bombardamenti, mentre il regime iraniano afferma di averlo trasferito prima degli attacchi. L’AIEA è attualmente nell’incertezza riguardo alla sua posizione e in precedenza non aveva chiaramente individuato quale sito lo contenesse. Questa quantità di uranio è facilmente trasportabile, potendo essere spostata con circa dieci veicoli.