La “maggioranza liquida” di Ursula: come sarà in concreto il nuovo Parlamento europeo

11.06.2024
La "maggioranza liquida" di Ursula: come sarà in concreto il nuovo Parlamento europeo
La "maggioranza liquida" di Ursula: come sarà in concreto il nuovo Parlamento europeo

I Popolari hanno conquistato più seggi e per governare propongono il bis a socialisti e liberali. Ma la “stampella” dell’ultradestra di Meloni e (forse) Le Pen sarebbe pronta per sostenerla su alcuni temi

“In Europa non c’è una vera maggioranza, ma si governa con una maggioranza liquida, che cambia a seconda di ciascun voto al Parlamento europeo”. Il commento a caldo di Nicola Procaccini, portavoce di Fratelli d’Italia per queste Europee, fa intuire alcune delle caratteristiche del nuovo governo dell’Unione europea che sta per uscire dopo questa tornata elettorale. Ursula von der Leyen grazie all’ottimo risultato del Partito popolare europeo (Ppe) è la candidata scontata per guidare la Commissione europea. Adieu ipotesi Draghi, Welcome back Ursula.

Questo (molto probabile) secondo mandato potrebbe essere però ben più complesso da gestire per la politica tedesca, nonostante la sua sia la famiglia politica più forte in Europa. Ha già annunciato di voler includere Socialisti (S&d) e Liberali (Renew), rispettivamente seconda e terza forza, ma neppure può ignorare il dettato delle urne dei tre Pesi massimi del vecchio continente: Berlino, Parigi e Roma. L’ultradestra ha stravinto in Francia col Rassemblement National della coppia Jordan Bardella – Marine Le Pen, è esplosa in Germania con Alternativa per la Germania (Afd) e si è confermata al primo posto in Italia con Fratelli d’Italia. Un grattacapo non da poco, che von der Leyen potrebbe risolvere rispolverando una soluzione a tratti salomonica: si governa con gli uni, ma su specifici temi (immigrazione e agricoltura ad esempio) si mettono nel carrello i voti delle opposizioni. 

I seggi assegnati finora

I dati elettorali usciti dal 9 giugno attestano una maggioranza netta per il Ppe. I seggi assegnati al momento in cui scriviamo sono 185, contro i 137 dei Socialisti & democratici (S&d). Nella scorsa legislatura l’ultradestra era scissa in due famiglie: Identità e democrazia (dove ha seduto finora la Lega e da cui Afd è stata espulsa prima del 9 giugno), a cui risultano attribuiti 58 voti, e i Riformisti e Conservatori (Ecr) dove si colloca il partito di Giorgia Meloni con 73 seggi. I liberali di Renew hanno raggiunto 79 eletti, i Verdi sono crollati a 52, la sinistra del gruppo The Left è bloccata a 36. I primi interrogativi riguardano i non iscritti: 46. È in questa macro-categoria che rientrano ad esempio gli eletti del Movimento 5 Stelle, come pure quelli del partito ungherese Fidesz, rimasti orfani dopo l’espulsione dal Ppe. A questi vanno sommati 54 nuovi eletti, che non risultano ufficialmente alleati ad alcuna famiglia politica attuale. Un bel gruzzolo di seggi, che fanno gola a molti e per i quali si ipotizza un nuovo gruppo politico, i cui contorni sono tutti da definire.  

Tentativi di fuga

La situazione a Bruxelles dopo il voto del 9 giugno e prima delle nomine per i top jobs, cioè gli incarichi chiave dell’esecutivo Ue, potrebbe mutare anche a causa dei “malpancismi” di vari eurodeputati, già affiliati ma che risulterebbero insofferenti rispetto alle famiglie politiche di appartenenza. La voglia di migrare altrove si fa sentire. La compagine popolare, secondo indiscrezioni trapelate dal Ppe e raccolte da EuropaToday, potrebbe arricchirsi in primo luogo con i transfughi del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (Vvd) dell’olandese Mark Rutte, seduti nella scorsa legislatura tra le fila di Renew. Con la sonora sconfitta di Macron, il gruppo pare indebolito e diviso. In patria alle ultime elezioni il Vvd è salito al governo con l’estrema destra di Geert Wilders.

Sembrerebbe allettarli l’idea di entrare nel Ppe per spostare ancora più a destra l’asse del gruppo politico più influente d’Europa. Sulla stessa rotta potrebbero essere diretti anche i liberali scandinavi. Altra possibile fuga potrebbe avere luogo nel gruppo dei conservatori, che vorrebbero evitare “l’abbraccio” con gli eletti di Fidesz che fanno capo a Viktor Orban. L’ingresso dell’autoritario presidente ungherese nell’Ecr sarebbe invece auspicato da Giorgia Meloni, sua fedele alleata in Europa. Se questi rumors si traducessero in realtà, il Ppe si rafforzerebbe ancor più, andando a governare in un’alleanza di comodo, in cui socialisti e liberali fungerebbero da sostegno, ma dove le linee guida sarebbero comunque dettate dal centrodestra. 

Le tre donne decisive in Europa

Sia chiaro però. Una maggioranza comunque serve e il Ppe da solo non può tenere le redini del vecchio continente. I socialisti hanno già escluso di poter governare con sovranisti (Id) e conservatori (Ecr). Idem per i Verdi, alla cui porta Von der Leyen è andata comunque a bussare per un appoggio esterno. Prima delle elezioni si è pensato a lungo ad una maggioranza esclusivamente di centrodestra (Ppe) e ultradestra (Ecr), grazie alla solida alleanza già testata tra von der Leyen e Meloni. In tal caso mancano però i numeri, del tutto insufficienti, non la volontà politica. Più distante invece Marine Le Pen, da sempre ipercritica nei confronti della presidente della Commissione, ricambiata dalla diffidenza dell’esponente dei cristiano-democratici tedeschi.

Va capito anche cosa accadrà dopo il 30 giugno, con la Francia al voto per le legislative. Se davvero trionfasse di nuovo il Rassemblement National, forte di una posizione di governo, Le Pen potrebbero mutare di prospettiva, come già accaduto per la donna alla guida di Fratelli d’Italia. La leader tedesca sa comunque che, come nella parte finale della scorsa legislatura, potrebbe contare alla bisogna del supporto dell’ultradestra, che fungerebbe da “stampella” di voto su alcuni temi critici come l’immigrazione. A chi rimane il compito di fare autentica opposizione?

I 36 eletti del gruppo The Left sono davvero esigui, nonostante il discreto successo di Alleanza Verdi e Sinistra in Italia. Fratoianni ha chiesto a Conte e Schlein di compattarsi, ma se il Pd quasi sicuramente sarà al governo in Europa tramite i socialisti, i pentastellati prima delle elezioni non si sono mai sbilanciati e restano tuttora un rebus dopo il deludente risultato di queste Europee. Resta da capire a chi fa comodo davvero questa “maggioranza liquida”. Al momento solo all’ultradestra, che può spingere per le politiche che più le aggradano in Europa senza poi assumersene appieno le responsabilità.

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