La prima scure sulle auto a benzina già nel 2025, ecco come l’industria europea si sta preparando

26.09.2024
La prima scure sulle auto a benzina già nel 2025, ecco come l'industria europea si sta preparando
La prima scure sulle auto a benzina già nel 2025, ecco come l'industria europea si sta preparando

Dal 2035 si potranno vendere solo veicoli elettrici, ma già per il prossimo anno è stato stabilito un obiettivo di riduzione delle emissioni nel settore molto elevato che obbliga le aziende ad aumentare notevolmente le quote di mezzi ecologici. Ma gran parte delle case automobilistiche non sono ancora pronte e rischiano multe salate

Le case automobilistiche europee sono in affanno nel tentativo di rispettare le scadenze imposte dall’Unione europea nella sua roadmap verso l’addio a diesel e benzina. Oltre alla data fatidica del 2035, quando nel mercato potranno essere immessi solo veicoli elettrici, c’è un altro target di medio termine che incombe sul settore e che sta spaventando più di un’azienda.

Secondo le disposizioni di Bruxelles entro la fine del 2025 si dovranno ridurre le emissioni medie di Co2 di auto e furgoni del 15% rispetto ai livelli del 2021. Questo significa che il limite medio autorizzato per veicolo (che si calcola prendendo in considerazione tutti i veicoli venduti da un’azienda, dai tradizionali agli ecologici) sarà abbassato fino a un massimo di 90-95 grammi di anidride carbonica per chilometro, cifra che può variare leggermente a seconda dei calcoli.

Ma, come dimostra il caso emblematico dello stabilimento Audi di Bruxelles che rischia la chiusura, il mercato non sembra ancora pronto ad aumentare le sue quote di veicoli verdi, e per questo le case automobilistiche del blocco stanno facendo pressione sulla Commissione europea affinché rinvii di almeno due anni l’obiettivo. Al momento però l’esecutivo comunitario sta resistendo alle pressioni e anzi avverte le imprese che potrebbero incorrere in multe fino a 16 miliardi di euro se non rispetteranno i target.

Un documento prodotto dalla Renault per i governi europei e l’esecutivo comunitario, un cosiddetto ‘non paper’, che è stato visionato dal giornale francese Le Monde, stima che per rispettare gli obiettivi di emissioni la quota di mercato delle auto elettriche dovrebbe salire al 20-22%, in una situazione in cui la diffusione delle auto completamente ecologiche è attualmente ferma al di sotto del 15%.

Questo significa in pratica arrivare a vendere un’auto elettrica (Bev, Battery Electric Vehicle) per ogni quattro a combustione. Un obiettivo che sembra impossibile da raggiungere entro la fine del prossimo anno. Riuscire a evitare le multe non sarà quindi facile e per farlo i produttori dovrebbero, secondo il ‘non paper’ di Renault, ridurre la produzione di veicoli a combustione di oltre due milioni di unità e quella di furgoni di 700mila unità, “l’equivalente di più di otto fabbriche europee”, avverte il testo. Ma ci sono altre strade.

Puntare sulle ibride?

Per ridurre le emissioni totali, che si calcolano sull’intero parco macchine messo in vendita, un’alternativa potrebbe essere puntare sulle auto ibride (Hev, Hybrid Electric Vehicle) e aumentare le loro quote di mercato. Si tratta comunque di veicoli che però, come le auto tradizionali, pure avranno vita breve visto che anche le loro vendite saranno vietate dal 2035. Puntare su queste auto e su un loro sviluppo non è quindi visto come un investimento redditizio sul lungo termine.

Secondo i calcoli di Transport & Environment (T&E), la principale organizzazione non governativa europea in materia di decarbonizzazione dei trasporti, grandi gruppi come Stellantis e Volkswagen dovrebbero conseguire una quota importante di riduzione delle emissioni affidandosi proprio alle ibride, rispettivamente ottenendo il 33% e il 30% della riduzione di emissioni necessaria grazie a un aumento delle loro vendite. Le vendite di Hev dovrebbero anche colmare una parte significativa del gap emissivo per Mercedes-Benz (17%) e Renault (15%). Sempre secondo la Ong, Bmw dovrebbe invece dipendere dagli ibridi plug-in (Plug-in Hybrid Electric Vehicle, Phev), ibridi di seconda generazione e più performanti, per ottenere il 18% della riduzione delle emissioni necessaria al raggiungimento dell’obiettivo 2025.

La strada dolorosa dei pool

Ma c’è anche un’altra possibilità. In alternativa, per ridurre le emissioni, le case automobilistiche potrebbero formare dei cosiddetti ‘compliance pool’, cioè fare un accordo con produttori statunitensi o cinesi, come Tesla, Volvo o Geely, per acquistare da loro crediti di carbonio. Una soluzione che però non è ideale, perché di fatto significherebbe sovvenzionare i propri concorrenti, che potrebbero usare quei soldi per aumentare le loro capacità produttive o innovare. Sarebbe insomma una strategia dolorosa, ma forse meno dolorosa di una multa europea.

Secondo i calcoli di T&E la Volvo, storica azienda svedese ora di proprietà cinese, ha già ampiamente superato l’obiettivo per il 2025 e la coreana Kia è molto vicina. Volkswagen e Ford sono quelle invece che hanno un divario maggiore, di ben 28-29 g Co2, da colmare. Per loro la strada, seppure dolorosa, dei pool potrebbe finire per essere un’opzione obbligata. Secondo T&A se VW si alleasse con Tesla, dovrebbe raggiungere solo una quota di Bev del 17% nel 2025 invece del 22%. Allo stesso modo, se Ford si alleasse di nuovo con Volvo, le elettriche dovrebbero rappresentare solo il 9% delle sue vendite. Questa sarebbe però una soluzione a breve termine, ma che darebbe un po’ di spazio in più per compiere la transizione.

Potenzialità di crescita grazie alle auto economiche

Nel 2025 si prevede comunque che le case automobilistiche incrementino le vendite di veicoli elettrici. Nello scenario centrale di conformità di T&E, si prevede che le vendite di veicoli elettrici salgano al 24% della quota di mercato nel 2025 (dal 14% della prima metà del 2024), sostenute da un’espansione dell’offerta di veicoli per il mercato di massa, compresi sette veicoli elettrici a prezzi più accessibili, cioè inferiori ai 25mila euro.

Una speranza che però non è detto diventi realtà, vista anche la mancanza di infrastrutture, a partire dalle stazioni di ricarica, che rende al momento ancora poco attraente l’ipotesi di acquistare un veicolo elettrico per i cittadini di gran parte d’Europa, Italia in testa.

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