Le nuove regole europee sui migranti sono legge: cosa cambia

15.05.2024
Le nuove regole europee sui migranti sono legge: cosa cambia
Le nuove regole europee sui migranti sono legge: cosa cambia

Ok anche del Consiglio Ue al testo che modifica le procedure di asilo e di accoglienza. La presidenza di turno: “Garantirà un sistema più equo e più forte”

Il nuovo Patto sui migranti ha ricevuto l’ultimo e definitivo via libera, e ora entrerà in vigore in tutti gli Stati membri dell’Unione che avranno fino a un massimo di due anni per attuarlo. Il Consiglio Ue ha approvato formalmente il pacchetto legislativo che introduce una serie di misure, tra cui la condivisione degli oneri dell’accoglienza tra i Paesi Ue in caso di emergenza ma anche procedure di identificazioni più severe, per evitare i movimenti secondari.

“Il patto sull’asilo e la migrazione garantirà un sistema migratorio più equo e più forte, che farà concretamente la differenza sul campo. Queste nuove regole renderanno più efficace il sistema europeo di asilo e aumenteranno la solidarietà tra gli Stati membri”, ha rivendicato Nicole de Moor, Segretario di Stato per l’Asilo e la migrazione del Belgio, il Paese con la presidenza di turno dell’Ue. “L’Unione europea continuerà inoltre la sua stretta collaborazione con i Paesi terzi per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare. Solo insieme possiamo trovare risposte alla sfida migratoria globale”, ha aggiunto la popolare fiamminga.

Un difficile compromesso

In tutto, il pacchetto contiene ben dieci regolamenti, ed è stato il risultato di un difficile compromesso tra le richieste dei Paesi di primo ingresso, come Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna, che non vogliono sostenere da soli lo sforzo dell’accoglienza, e quelli del Nord, come Germania, Danimarca e Paesi Bassi, che insistono sul fatto che i migranti debbano rimanere nello Stato in cui sbarcano. I mediterranei hanno ottenuto un meccanismo per condividere lo sforzo dell’accoglienza durante le crisi e la possibilità di espellere più facilmente coloro che non hanno diritto di restare in Europa. I nordici hanno ottenuto regole più stringenti sulla registrazione degli ingressi, per evitare i movimenti secondari. Quelli che non hanno ottenuto molto, lamentano le Ong, sono i migranti stessi in cerca di aiuto. Le norme regolano anche il trattamento delle persone che arrivano alle frontiere esterne dell’Ue, stabiliscono regole precise e unificate su come trattare le richieste di asilo e su come identificare coloro che arrivano. Ma vediamo i punti più importanti.

Identificazioni più rigide, anche dei bambini

Per assicurarsi che non avvengano movimenti secondari, verrà migliorata la raccolta dei dati sui richiedenti asilo e sui migranti irregolari fermati nel territorio Ue utilizzando dati biometrici, aggiungendo le immagini del volto ai database delle impronte digitali esistenti, alle informazioni classiche come nome, cognome, nazionalità, data e luogo di nascita. Le autorità includeranno anche informazioni sulle decisioni di allontanamento e rimpatrio o di ricollocazione della persona. La soglia per la raccolta dei dati di un minore sarà abbassata da 14 a 6 anni di età.

Le responsabilità degli Stati di primo ingresso

Cresce il periodo in cui un Paese di primo ingresso è responsabile delle domande di asilo di un migrante. Se nel vecchio accordo di Dublino era di 12 mesi, oltre il quale un migrante poteva chiedere asilo in un’altra nazione, adesso questo periodo sale a 20 mesi. Questo significa che l’Italia sarà responsabile per 20 mesi delle domande di asilo dei migranti che arrivano nel nostro territorio, e che se uno di questi dovesse scappare e andare in un altro Stato del blocco, questo avrà la facoltà di rimandarlo da noi. Il periodo si riduce a 12 mesi per i migranti salvati in mare.

‘Respingimenti’ alla frontiera

Saranno semplificate le procedure di asilo per tutti i migranti che arrivano da Paesi considerati sicuri, come ad esempio Turchia, India o Tunisia, che hanno un tasso di accettazione delle richieste di protezione inferiore al 20%. Queste persone saranno trattenute alla frontiera in “centri di asilo” simili a prigioni, anche se la Commissione assicura che non saranno detenuti e ci saranno misure alternative alla reclusione, soprattutto per le famiglie e i minori non accompagnati. L’obiettivo è quello di esaminare le richieste di asilo in questi centri entro 12 settimane e di rimandare immediatamente le persone indietro se le loro richieste verranno respinte. Resta però il problema di come attuare i rimpatri, visto che le percentuali di migranti espulsi ed effettivamente rimandati a casa rimangono bassissime. In Italia nel 2022 i rimpatri sono stati 2.790 su oltre 28mila ordini di espulsione.

Crisi e solidarietà obbligatoria

Per aiutare gli Stati di primo ingresso come l’Italia a far fronte a momenti di crisi come quella del 2016, quando dalla Siria in guerra arrivarono centinaia di migliaia di persone, è stato messo a punto un meccanismo di emergenza che impone una solidarietà obbligatoria. Il calcolo del contributo dovuto da parte di ogni Stato membro si baserà sulle dimensioni della popolazione (50%) e del Pil (50%), mentre ogni Paese è libero di decidere il tipo di contributo.

Un governo potrà richiedere la convocazione dello Stato d’emergenza e una volta ‘premuto il bottone d’allarme’, la palla passerà alla Commissione, che avrà due settimane per valutare se ritiene che l’emergenza esiste davvero. In caso positivo Bruxelles chiederà al Consiglio Ue di attivare la solidarietà, e i governi dovranno a loro volta approvare l’intervento a maggioranza qualificata. La risposta comune dovrebbe riguardare un gruppo di almeno 30mila migranti che dovranno essere ricollocati in altri Paesi o un contributo economico fino a un massimo di 600 milioni di euro. Un governo potrà decidere di non accogliere nessuno, ma in quel caso dovrà pagare una quota, in proporzione al numero di persone che si è rifiutato di accogliere, per ognuna delle quali dovrà versare 20mila euro in un fondo europeo comune.

Crisi indotte e Ong

Gli Stati dell’est hanno insistito affinché si inserisse tra le possibili crisi migratorie quelle strumentali, quelle cioè indotte da uno Stato o un attore parastatale che fa aumentare di proposito il numero degli attraversamenti irregolari come forma di attacco ibrido. È il caso della Bielorussia di Alexander Lukashenko, accusata da Polonia, Lituania e Lettonia di aver orchestrato l’arrivo di migliaia di migranti ai loro confini in diverse occasioni a partire dal 2021. Nonostante i numeri di attraversamenti non siano stati certo paragonabili a quelli degli sbarchi, per loro è stato un punto fermo. L’Italia ha provato a inserire tra i possibili promotori di crisi indotte anche le Ong, ma sul punto è stata sconfitta. 

Paesi terzi sicuri

Su insistenza di Paesi come l’Italia è stata inserita la possibilità di rimpatriare i migranti non solo nel loro Paese di origine, ma anche in Paesi terzi nei quali il migrante sia transitato e abbia quelli che vengono definiti “legami significativi”, come ad esempio la presenza di un parente, o il fatto che vi abbia risieduto per un certo periodo. Questo servirà a facilitare accordi come quello con la Turchia, la Tunisia o, potenzialmente l’Egitto, per fare in modo di appaltare in parte gli oneri di accoglienza a Paesi terzi. Una persona ad esempio che arriva dall’Africa subsahariana ed entra in Europa transitando dalla Tunisia, potrebbe essere rimandata in Tunisia e non nel suo Paese di origine.

Fonte: Today

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