Pechino considera Mosca indebolita da un’avventura in Ucraina affrontata con leggerezza. Non vuole e non può rinunciare all’export verso Usa e Ue, il suo vero sogno è creare il G2
Putin e XI si incontrano per la quarta volta dal febbraio 2022. I due presidenti hanno la consapevolezza che la loro vita politica sarà più lunga di quella dei principali leader occidentali. Ma ciò non può nascondere i rispettivi problemi interni e, al di là della proclamata amicizia, la differenza di interessi su alcuni importanti temi.
1. La visita è fondamentale per Putin, soprattutto in una fase cruciale della campagna in Ucraina. Si tratta di tentare di mostrare al mondo la compattezza tra i due regimi e il convinto sostegno cinese. E ciò è necessario poiché in Ucraina la Russia riporta certamente successi tattici ma fronteggia una inconfessata sconfitta strategica: la Nato si è rafforzata e ampliata e oggi Mosca è sempre più dipendente da Pechino per le proprie esportazioni di energia e per le importazioni di macchinari e tecnologia dual use. Si stima, ad esempio, che il 90% delle importazioni necessarie alla Russia per la produzione di armamenti provengano dalla Cina. La stessa composizione della delegazione russa conferma la necessità di un sostegno cinese sia economico-finanziario che industriale-militare, consolidando la percezione di una crescente subalternità della Russia. Mosca è oramai avviata a diventare un vassallo del potente vicino. Del resto, l’indebolimento inesorabile della Russia gli occhi dai cinesi ebbe inizio qualche settimana dopo l’aggressione all’Ucraina, quando divenne evidente che gli ottimistici intenti di una facile campagna militare erano irrealizzabili. Sottovalutazione e leggerezza inaccettabile di fronte ai discendenti del Generale Sun Tzu.
La Cina è protesa alla realizzazione del proprio “Sogno Cinese” di Risorgimento nazionale, che dovrà restituirle il suo posto al centro del mondo -e cioè di leadership globale- entro il 2049, a 100 anni dalla fondazione della Repubblica popolare e al termine dei “200 anni di umiliazione nazionale”. Ma oggi Pechino affronta una sfida esistenziale: evitare la “trappola del medio reddito”, tipica di molte economie che al termine di una fase di sviluppo prorompente entrano in una dinamica di stagnazione. Oggi la Repubblica popolare è costretta a mantenere un livello di sviluppo attorno al 5% se vuole offrire prospettive di impiego ai circa 11-12 milioni di giovani cinesi che si affacciano ogni anno sul mercato del lavoro. Non riuscirvi potrebbe compromettere il patto sociale tra regime e popolazione. La Cina, incapace di alimentare il consumo interno, ha necessità vitale di accedere ai mercati di Europa e Stati Uniti, anche ricorrendo a sussidi per le proprie imprese. Pechino ha dunque un interesse strumentale e tattico a coltivare rapporti non eccessivamente conflittuali con l’Occidente. I dati dell’interscambio lo dimostrano: 240 milioni di dollari con la Russia; 550 milioni di esportazioni verso la Ue e 430 milioni verso gli Usa. Il problema è complicato dalla recente introduzione da parte degli Stati Uniti di sanzioni secondarie contro Mosca con la conseguenza di escludere dal sistema finanziario statunitense, e di fatto da quello globale, banche e aziende sospettate di triangolazione commerciali verso la Russia.
Oggi Cina e Russia confermano un messaggio già chiaro: l’interesse comune a sfidare l’ordine internazionale esistente e dunque la preminenza americana.
2. Finora sono emersi alcuni punti discussi durante i primi incontri: favore espresso da Putin per il “piano di pace cinese” sull’Ucraina, che comprenderebbe “nella giusta misura” la necessità di considerare “i legittimi interessi di sicurezza delle parti” e il consueto riferimento alla “costruzione di una nuova architettura di sicurezza che sia bilanciata, efficace e sostenibile”; sono stati siglati una decina di accordi di cooperazione economica, ma Pechino avrebbe nuovamente evitato di menzionare i progetti per la costruzione di Power of Siberia 2 (gasdotto di collegamento tra Russia e Cina), malgrado l’insistenza dei russi per l’approfondimento della cooperazione in campo energetico; più significativa, almeno sul piano simbolico, la firma di una dichiarazione congiunta per rafforzare la partnership strategica tra i due Paesi, intesa come architrave di una spinta revisionista dell’ordine globale in chiave antiamericana. Bisognerà tuttavia capire se a questa dichiarazione farà seguito un ulteriore salto di qualità concreto nella cooperazione e nell’integrazione/interoperabilità strategico-militare tra i due Paesi.
Un tema critico è quello dell’Ucraina. La Cina potrebbe certamente facilitare un processo negoziale, certo non senza contropartite anche esose, come il riconoscimento di uno status di pari dignità rispetto agli Stati Uniti, il cosiddetto G2; o una minore assertività americana su Taiwan; o l’allentamento delle limitazioni alle importazioni cinesi negli Stati Uniti. Resta il fatto che lo sforzo bellico russo può reggersi nel lungo periodo solo se la Cina continuerà a mantenere in vita la capacità produttiva russa più di quanto l’Occidente possa alimentare la resistenza Ucraina.
3. Quella che si celebra oggi a Pechino è una partnership, non un’alleanza. La Cina non ha interesse a legarsi in una maniera indissolubile a Mosca ma ha ancora un interesse a mantenere un rapporto con l’Occidente che consenta l’accesso alle sue tecnologie e ai suoi mercati. La convergenza forzosa tra i due vicini è ancora evidente e pericolosa, ma non tale da diradare una generale sfiducia reciproca che nasconde timori che l’uno prenda il sopravvento sull’altro o voglia sfruttarne le debolezze più che associarsi a una comune causa. Queste faglie e contraddizioni, ad esempio in Asia Centrale o in Africa, potrebbero essere meglio sfruttate dalle nostre democrazie.
Fonte: Today