Microplastiche: ne inaliamo fino a 70 mila particelle l’anno. Umbria indaga le sue acque

06.06.2025 09:50
Microplastiche: ne inaliamo fino a 70 mila particelle l’anno. Umbria indaga le sue acque
Microplastiche: ne inaliamo fino a 70 mila particelle l’anno. Umbria indaga le sue acque
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Due i progetti impegnati nel monitoraggio e nel contrasto dei livelli d’inquinamento delle microplastiche presenti nelle acque umbre e gli ultimi dati sulle particelle che assorbe l’organismo umano

Più le si studiano, più le si temono. Microplastiche e nano plastiche rappresentano una insidia in buona parte nota, in larga parte da continuare a investigare: non soltanto per l’inquinamento del pianeta, ma anche per la minaccia diretta alla salute dell’uomo. Che è in grado di assorbire nel proprio, organismo, da quello che sappiamo oggi, quasi 200 particelle quotidiane di questo inquinante. Con conseguenze significative e complesse per la salute umana. 

Conoscere le mille strade della microplastiche, la loro capacità di permanenza e di resistenza nell’ambiente: non può che rappresentare un obbligo. Lo è particolarmente per il Cuore verde, la cui ‘radiografia’ rileva segnali di attenzione. E’ risaputo come la parte più massiccia della ricerca sia indirizzata all’investigazione delle acque marine e degli oceani. quanto basta per escludere l’Umbria e l’intero blocco delle 5 regioni italiane tra le 20 che il mare non ce l’hanno (insieme a Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Trentino-Alto Adige), ragione per cui la nostra regione ha messo la lente, più che altrove, su laghi e fiumi. Il quadro che ne emerge non è dissimile da quello che tratteggia il mare.

A partire dal 2020 l’iniziativa ‘Blue Lakes’ e, dallo scorso marzo, ‘Plasticentro’ rappresentano i pilastri della ricerca umbra sulle microplastiche . Nel luglio 2022 dai laboratori dell’Enea – l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile –, in sinergia con Legambiente e Arpa Umbria – Agenzia regionale per la protezione ambientale -, sono emersi i risultati delle analisi condotte su 1000 particelle di plastica con una dimensione inferiore ai 5 mm provenienti dalle aree dei laghi di Bracciano e Trasimeno. I monitoraggi provengono da 4 campagne stagionali – estate 2020, autunno 2020, inverno 2021, primavera 2021 -, a cui si è aggiunta un’ulteriore campagna di rilevamento nelle acque del lago di Piediluco nel 2022.

Nei campioni raccolti sono stati rilevati soprattutto frammenti di microplastiche, derivanti per lo più dalla disgregazione dei rifiuti in plastica. I loro valori ammontano a percentuali dal 90 al 70 per cento sul materiale analizzato. Il Trasimeno, in particolare, presenta una distribuzione maggiormente eterogenea di tipologie di microplastiche: oltre fibre, forma predominante, e frammenti, sono presenti anche pellet (palline di microplastiche primarie). Dalla caratterizzazione chimica delle varie particelle sono emerse percentuali predominanti di polietilene (Pe) e polipropilene (Pp): rispettivamente 70 percento e 20 percento nelle acque del lago umbro. La concentrazione media di microplastiche nel 2019 era di circa 25.000 particelle per chilometro quadrato, triplicata rispetto ai circa 8.000 del 2017

«Ad oggi la maggior parte dello studio sui detriti di plastica è focalizzata sui mari e gli oceani», sottolinea Maria Sighicelli, ricercatrice del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali Enea. «Questi dati sulla quantità e tipologia di microplastiche nei corpi idrici lacustri stanno consentendo di colmare il gap di conoscenze rispetto ai numerosi studi condotti nei mari e negli oceani».

Il progetto Plasticentro Al via dallo scorso marzo, apre per l’Umbria un nuovo fronte di ricerca e di prevenzione sull’inquinamento da plastica anche nel campo dei fiumi. Plasticentro, guidato da Aubac – Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Centrale – con la partecipazione di Enea, Arpa Umbria, Arpa Lazio, Università Politecnica delle Marche e Legambiente, sarà attivo fino al 2026. Oltre alle attività di ricerca, sono numerosi gli interventi previsti nei fiumi Tevere, Aniene e Tronto del centro Italia, tra cui l’installazione di barriere galleggianti per il recupero delle plastiche ed impianti di filtrazione appositi proprio per le microplastiche. Anche in questo caso si tratta di un intervento fondamentale per prevenire l’immissione di rifiuti – ogni anno circa 626 milioni di oggetti galleggianti – arrivano dai fiumi ai mari europei.

Le nano (sotto 1 micron) e le microplastiche (sotto i 5 mm) disperse nell’aria danneggiano non solo l’ambiente, ma hanno conseguenze nocive anche sulla salute. Secondo gli ultimi dati pubblicati su ‘Ecotoxicology and environmental safety, una persona può inalare fino a 70mila particelle di plastica all’anno, circa 190 ogni giorno. Una volta inalate, la loro presenza può essere riscontrata nei polmoni, nel cervello, nel sangue e nelle placche delle arterie. La pericolosità di queste particelle è legata anche alla loro capacità di rendersi vettori di altri inquinanti – gas tossici -, rivelandosi così come un’ulteriore minaccia per l’organismo. Le fibre rilasciate da vestiti in pile, ad esempio, sono abbastanza piccole da penetrare nei polmoni.

Una volta inalate, queste particelle possono causare infiammazioni, stress ossidativo e danni cellulari. «I metodi di rilevamento – spiega il Sole 24 Ore – sono ancora lontani dall’essere standardizzati. Strumenti avanzati come la spettroscopia Raman o la microscopia elettronica permettono identificazioni precise, ma sono costosi, lenti e non sempre replicabili su larga scala. È urgente sviluppare tecniche più rapide, accessibili ed efficaci per monitorare in tempo reale le particelle presenti nell’aria, soprattutto nei centri urbani dove il traffico, le attività industriali e la densità abitativa aggravano il fenomeno. limitare la produzione e l’uso di plastica monouso, promuovere materiali alternativi biodegradabili, migliorare la raccolta e il riciclo.

Ma servono anche tecnologie di filtrazione più efficienti, capaci non solo di trattenere le particelle, ma anche di distruggerle o gestirle senza rimetterle in circolo. Alcune ricerche stanno esplorando il biorisanamento con alghe, funghi e batteri, mentre altre puntano sull’integrazione con nanotecnologie nei sistemi di filtraggio. Anche in casa, piccoli accorgimenti possono fare la differenza: lavaggi a basse temperature, utilizzo di filtri per lavatrici, scelta di tessuti naturali».

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