Quella che inizialmente era stata riportata come «una sistematica evacuazione» dell’ambasciata a Bagdad si è progressivamente ampliata, coinvolgendo anche altre rappresentanze diplomatiche americane, dalle quali «il personale non essenziale» è autorizzato a rientrare a casa (Kuwait e Bahrain). A questo si aggiunge la decisione del Pentagono che consente anche ai familiari dei soldati di abbandonare il Medio Oriente, riporta Attuale.
Restano nel contesto regionale diverse interrogativi circa questa piccola smobilitazione decisa dalla Casa Bianca: «La sicurezza è a rischio», spiegano alcune fonti all’agenzia Reuters. Tuttavia, senza fornire dettagli specifici su quali siano queste minacce e da quali direzioni provengano. Gli analisti mostrano particolare attenzione verso l’Iran, specialmente dopo le recenti dichiarazioni del presidente Donald Trump, il quale ha espresso crescente scetticismo riguardo a un eventuale accordo con Teheran per limitare l’arricchimento dell’uranio. Questo è stato seguito dalla contro-minaccia di Aziz Nasirzadeh, ministro della Difesa iraniano, il quale ha affermato: «Se i colloqui dovessero fallire e subissimo un attacco, colpiremo le basi americane in Medio Oriente». Anche le autorità britanniche hanno lanciato un avviso per le navi commerciali attive nelle acque circostanti.
Sullo sfondo, e di primaria importanza per gli israeliani, si pongono i colloqui tra Trump e il premier Benjamin Netanyahu. Lunedi, nel corso di una telefonata di 40 minuti, Netanyahu ha reiterato la necessità di distruggere i siti nucleari iraniani. Gli osservatori locali non escludono che l’ordine di ritiro da Washington possa essere connesso alla possibilità che il governo di Gerusalemme autorizzi azioni militari. Netanyahu ha trascorso la giornata in parlamento, dove la crisi interna alla sua coalizione potrebbe interrompere il suo lungo regno, di cui solo ventuno mesi sono stati all’opposizione.
La missione diplomatica iraniana presso le Nazioni Unite ha acceso ulteriormente le tensioni tramite i social media, accusando gli Stati Uniti di «alimentare l’instabilità, fornendo supporto agli aggressori ed tollerando crimini israeliani». Non hanno alcun diritto di proclamare la pace e la non-proliferazione. Poche ore più tardi, il presidente Masoud Pezeshkian ha affermato: «Non intendiamo sviluppare armi nucleari». Contestualmente, l’Agenzia atomica dell’Onu ha avvertito che Teheran ha sufficienti riserve di uranio impoverito per costruire dieci testate, sebbene necessiti di tempo per realizzarle.
Netanyahu considera la neutralizzazione del programma nucleare iraniano come una missione vitale. Egli giudica altresì la guerra a Gaza come una questione esistenziale, in risposta ai massacri perpetrati da Hamas il 7 ottobre 2023, nei villaggi e nelle città israeliane: i soldati hanno recuperato i corpi di due ostaggi. Il numero di palestinesi uccisi ha toccato quota 55 mila, e continuano ad emergere immagini drammatiche, documentando la disperazione nei centri di distribuzione del cibo gestiti da un’organizzazione americana: la folla, radunata dietro barriere di sabbia, attende il momento opportuno per accedere ai rifornimenti, impugnando sacchetti di plastica bianca. Secondo fonti palestinesi, circa sessanta persone sarebbero state uccise nelle vicinanze di uno dei punti di distribuzione; le forze armate sostengono di aver aperto il fuoco in autotutela.