Olio allungato con acqua e trucchi per risparmiare sul gas: come si vive con meno di 600 euro al mese

02.07.2024
Olio allungato con acqua e trucchi per risparmiare sul gas: come si vive con meno di 600 euro al mese
Olio allungato con acqua e trucchi per risparmiare sul gas: come si vive con meno di 600 euro al mese

Anziani, disabili, disoccupati e famiglie: è Italia ignorata che vive di espedienti tra sussidi inadeguati e uno stato sociale che si sgretola. Sono loro le storie che si nascondono dietro le statistiche ufficiali: ce le siamo fatti raccontare

Anziani soli, disoccupati in attesa di un impiego che non arriva, lavoratori poveri, disabili: è l’universo di persone che si nasconde dietro le statistiche che raccontano un Paese sempre più in difficoltà. Secondo l’ultimo report Istat quasi un italiano su dieci vive in condizioni di povertà assoluta (il 9,8 per cento della popolazione). 

Una condizione che, nel 2023, colpisce l’8,5% delle famiglie in particolare al Sud, ma che è in crescita anche al Nord. Numeri che si traducono in rinunce quotidiane, vite di espedienti e senso di impotenza. 

Vivere a 70 anni con meno di 600 euro al mese

“Ogni giorno c’è una fila di anziani che viene a piangere da noi, sono di fatto lasciati soli a loro stessi con il loro misero assegno sociale” osserva Vita, 47enne di Palermo. Vita lavora in un Caf, un impiego part-time che un tempo integrava con il reddito di cittadinanza. Guadagna poco più di 600 euro al mese, e ci racconta che ha dovuto fare sopprimere il proprio gatto, perché non aveva i soldi necessari per curarlo. Da mesi sta aspettando invano di essere inserita nei programmi del supporto per la formazione lavoro, lo strumento che da gennaio ha sostituito il reddito di cittadinanza per gli ‘occupabili’. “Ma il problema, non sono io – sottolinea Vita – io ho ancora la forza di lottare. Il problema è la generazione dei nostri genitori, che non può più lavorare”. 

Il numero di assistiti dalla Caritas italiana negli anni

È il caso della signora Giovanna, la mamma di Vita. Ha 68 anni, percepisce un assegno sociale di 547 euro e paga ogni mese 400 euro di affitto. “Mia madre soffre di crisi depressive e attacchi di panico – ci racconta Vita – non esce mai di casa e non è seguita da nessuno. Ha fatto domanda per l’assegno di inclusione, ma secondo l’Inps il suo Isee è sopra i parametri per accordarglielo, perché contando la tredicesima supera i 7mila euro annui. Mi devono spiegare come pensano che una persona anziana possa sopravvivere con questa somma”. Le rimangono infatti 147 euro al mese che bastano a malapena per le bollette. Vive ufficialmente sotto la soglia di povertà assoluta. Per la spesa e gli indumenti deve arrangiarsi o rivolgersi alla Caritas, ma anche qui le risorse scarseggiano. Del resto, come sottolineato nell’ultimo rapporto, le richieste di aiuto sono aumentate del 40% rispetto al 2019.  Mentre il sostegno all’affitto è demandato ai comuni: Vita ci racconta che da mesi sono in attesa, ma le richieste sono tante e i soldi non ci sono. 

Giovanna è separata e il marito ha provveduto alle spese della famiglia, una condizione purtroppo comune. “Vorrei che il Governo si accorgesse di queste nonne: non è colpa loro se non hanno lavorato e non hanno versato i contributi, erano altri tempi, ma non possono essere abbandonate” conclude Vita. 

Così si scelgono la pasta e i legumi con meno tempo di cottura

Ma la situazione è critica anche nel centro Italia. A Roma veniamo accolti nell’emporio di “Nonna Roma”, associazione di volontariato molto attiva nella Capitale. Tra le tante iniziative distribuiscono anche pacchi alimentari per i più bisognosi.

“Nei pacchi pre-confezionati cerchiamo di inserire un pasto completo: due tipi di pasta o riso, pelati, passata, farina anche se è complicato da gestire, cose per colazione, latte (quando non manca) e qualche proteina, come legumi e tonno. Ci piacerebbe mettere l’olio, anche di semi, ma ultimamente è sempre più difficile” mi spiega Margherita Venditti, volontaria dell’associazione romana.

E il problema è che le risorse ultimamente scarseggiano anche per intoppi burocratici: “Siamo in ritardo su tutta la programmazione europea, le gare di appalto non partono e molte associazioni sono in difficoltà” ci chiarisce Margherita. Nel frattempo molti assistiti selezionano la pasta e i legumi in base al tempo di cottura per risparmiare sul gas o allungano l’olio con l’acqua per risparmiare sui pasti.

“Cerco legumi della stessa marca, che hanno lo stesso tempo di cottura e li cucino tutti assieme, così risparmio anche sul gas. Sembra incredibile, ma per risparmiare ormai uso gli stessi accorgimenti di mia nonna, è come essere tornati ai tempi della guerra” mi spiega Anna, un’assistita dell’associazione romana.

Anna ha 70 anni, anche lei percepisce l’assegno sociale. Ha lavorato una vita nel cinema come sarta, ma pagata in nero.”Non ti potevi permettere di fare la sindacalista, altrimenti ti mettevano alla porta” mi spiega con amaro sarcasmo. Alla sua età continua ancora a lavorare saltuariamente come badante per portare a casa qualche soldo in più. 

“Mi sono fatta i conti: con poco ti fai una minestra, anche se devo centellinare l’olio. Il vero problema sono le bollette di gas e luce, più di una volta me li hanno staccati e sono anche fortunata a non dover pagare l’affitto, visto che condivido la proprietà di casa con mia nipote” ci spiega. Per sopravvivere Anna però deve rinunciare a tante cose: “Non posso più tingermi i capelli, al posto delle sigarette fumo il tabacco e per comprare il congelatore ho dovuto vendere i mobili di famiglia: cos’altro devo fare?” ci domanda.

Anna è stata operata al cuore e ha bisogno di medicine, che non sempre riesce a reperire gratis. E le visite mediche sono un problema. “Avevo un forte affanno e tosse da mesi: mi sono dovuto rivolgere a un privato, dati i tempi della sanità. Ho pagato 120 euro. Questa è l’Italia”. 

“Io, disabile, costretto a fare la spesa a piedi” 

E la situazione non migliora nemmeno per gli invalidi. Il governo Meloni ha alzato la soglia delle pensioni di invalidità a 313 euro, appena 20 in più, rispetto all’importo precedente. Un gesto che, per molti sa quasi di beffa. Stefano, 60enne perugino, ha lanciato una petizione su Change.org per adeguare le pensioni di invalidità al resto d’Europa. 

“Sono nato nel 1962, e ad appena cinque mesi mi sono ammalato di poliomielite: sono stata una delle ultime vittime di questo orrendo male”. La malattia gli paralizza dapprima il corpo, poi riesce a recuperare molte funzionalità, ma l’arto destro rimane purtroppo invalidato. Stefano però non si dà per vinto, si laurea in Germania in ortognatodonzia (una branca dell’odontoiatria).

Quando rientra in Italia lo aspettano però anni di disoccupazione e piccole consulenze. Si iscrive al Centro per l’Impiego, ma non viene mai chiamato. Si impegna allora in una battaglia, lunga decenni, per i diritti delle persone disabili.

Fino al 2023 riceve sui 300 euro di assegno di invalidità. Quest’anno le sue condizioni purtroppo peggiorano e gli viene riconosciuta un’invalidità al 100%: l’importo viene integrato con altre 430 euro. Complessivamente oggi riceve 730 euro con cui deve provvedere alle spese di tutta la famiglia. Vive con la moglie, che è però disoccupata, e percepiscono una piccola integrazione di Adi (l’assegno di inclusione). La sua fortuna, ci racconta, è che i suoi genitori gli abbiano lasciato una casa e non deve pagare un affitto o un mutuo. La sua vita però è fatta di rinunce.

“Riusciamo ad arrivare a fine mese rinunciando a tantissimo. Non usciamo a mangiare fuori, stiamo spesso in casa. Quando dobbiamo comprare gli indumenti dobbiamo sempre fare molta attenzione. Non abbiamo nemmeno un mezzo per poterci spostare. Io ho la patente, ma la macchina non mi posso permettere di acquistarla. Sarebbe importante per avere una vita più o meno normale, ma anche per fare la spesa” ci racconta Stefano. 

E per i disabili sottolinea, in Italia siamo all’anno zero. “Bisognerebbe adeguare le pensioni di invalidità al resto d’Europa, fare una legge per il ‘dopo di noi’, perché i genitori non sono eterni purtroppo, aiutare le famiglie, lavorare sull’autonomia e promuovere servizi, ma si muove poco o nulla” osserva Stefano. L’ennesima cartolina da un’Italia che, da più di 30 anni, ha smesso di investire. Anche sul proprio Welfare. 

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