Un gasdotto che collega la Russia con l’Europa attraverso l’Ucraina sta per essere chiuso, ma il blocco non è ancora pronto all’addio, con le scorte per l’inverno che si stanno consumando più in fretta del previsto
L’Unione Europea potrebbe presto affrontare una nuova crisi energetica, con i prezzi del gas che rischiano di salire ancora, seppur non ai livelli del 2022. Un ulteriore colpo potrebbe derivare dalla chiusura dell’ultimo gasdotto che collega la Russia al blocco attraverso l’Ucraina, un evento per cui Bruxelles si prepara da due anni, ma a cui l’Europa potrebbe non essere ancora realmente pronta.
I prezzi del gas sono già aumentati del 45 per cento quest’anno, a causa di un conflitto che si intensifica anziché avvicinarsi a una conclusione. Le basse temperature di questi mesi hanno aggravato la situazione, riducendo le scorte più rapidamente per via dell’aumento della domanda di riscaldamento e della ridotta capacità di fonti alternative, come il vento, che ha richiesto un maggiore utilizzo di gas per la generazione di energia.
Stoccaggi in diminuzione
Come mostra una lunga analisi di Bloomberg, la situazione potrebbe peggiorare. Le forniture di gas che hanno consentito di riempire le riserve nel 2024 potrebbero non essere disponibili il prossimo anno. “Abbiamo ancora problemi con le forniture di gas”, ha ammesso Markus Krebber, amministratore delegato della compagnia elettrica tedesca Rwe Ag. “Se vogliamo davvero essere indipendenti dal gas russo, dobbiamo incrementare la capacità di importazione, e probabilmente vedremo l’impatto anche quest’inverno, dato che gli impianti di stoccaggio del gas si stanno svuotando rapidamente con l’arrivo del freddo”, ha spiegato.
La chiusura del gasdotto
Dopo la chiusura del Nord Stream, i cui flussi sono stati interrotti da Mosca nel 2022, i Paesi europei hanno continuato a ricevere idrocarburi russi principalmente attraverso carichi di Gas naturale liquefatto (Gnl), ma anche attraverso condutture. Il gasdotto Urengoy-Pomary-Uzhgorod trasporta il gas dalla Federazione attraverso l’Ucraina fino alla Slovacchia dove si divide in rami diretti verso la Repubblica Ceca e l’Austria. L’Italia, insieme all’Ungheria, è tra i Paesi che si riforniscono tramite questa rotta.
L’Austria ha ricevuto finora la maggior parte delle forniture attraverso l’Ucraina, mentre la Russia rappresenta circa i due terzi delle importazioni dell’Ungheria. La Slovacchia riceve dal gigante energetico Gazprom circa tre miliardi di metri cubi all’anno, pari a circa due terzi del suo fabbisogno. La Repubblica Ceca ha quasi completamente tagliato le importazioni di gas dall’est l’anno scorso, ma ha ripreso ad acquistare gas da Mosca nel 2024.
A maggio la Snam (Società nazionale Metanodotti) ha riferito che nella precedente stagione fredda le importazioni di gas russo in Italia si erano fermate sotto al 2 per cento del totale. Lo scorso 31 ottobre l’operatore della nostra rete ha chiuso la campagna di stoccaggio accumulando il 98,5 per cento della capacità disponibile: sopra la media dell’Unione, ferma al 95 per cento. Tanto che, d’ora in poi, l’Italia sarà uno dei Paesi che esporteranno gas verso l’Austria.
Le altre rotte
Prima dell’invasione dell’Ucraina, la Russia era il principale fornitore di gasdotti dell’Ue, ma la sua quota di mercato è diminuita drasticamente in risposta all’invasione. La principale linea di transito attraverso il Paese ex sovietico dovrebbe chiudersi entro la fine dell’anno, poiché Kiev ha dichiarato di non voler rinnovare il contratto di transito con Gazprom. La maggior parte delle altre rotte del gas russo verso l’Europa sono già chiuse, Oltre al Nord Stream anche la Yamal-Europa che passa attraverso la Bielorussia. Gli unici altri percorsi operativi sono il Blue Stream e il TurkStream verso la Turchia sotto il Mar Nero, che però hanno capacità limitata.
Prezzi destinati a salire
Tuttavia, nonostante l’Europa abbia ridotto la dipendenza dalla Russia utilizzando soprattutto il Gas naturale liquefatto, secondo gli analisti di Energy Aspects, la perdita della fornitura attraverso l’Ucraina aumenterebbe la pressione sul mercato del gas e farebbe salire i prezzi globali. Due anni fa, la Germania aveva imposto acquisti rapidi e obbligatori di gas per lo stoccaggio dal mercato globale, pagando prezzi record. Per recuperare parte di questi costi, il governo tedesco aveva introdotto una tassa sullo stoccaggio, che ha avuto ripercussioni sul costo dell’approvvigionamento di Gnl per i Paesi senza sbocco sul mare, come Austria, Slovacchia e Repubblica Ceca.
“Lo scenario attuale inizia a somigliare a quello del 2022, quando l’Ue acquistava gas a qualsiasi prezzo”, ha dichiarato Arne Lohmann Rasmussen, analista capo della Global Risk Management di Copenaghen, e questo avrà delle conseguenze. “Ancora una volta, le economie ad alta intensità energetica, guidate dalla Germania, saranno quelle che soffriranno di più, danneggiando un’economia già in difficoltà nei settori automobilistico, chimico e dei macchinari”, ha previsto Ole Hansen, responsabile della strategia sulle materie prime della banca di investimenti danese Saxo Bank.