Il futuro degli importi pensionistici agita già il sonno di milioni di contribuenti. Abbiamo provato a fare due simulazioni di cosa potrà succedere per le fasce di reddito in cui si colloca la maggior parte dei lavoratori italiani secondo le ultime statistiche
“Mio padre in fondo aveva anche ragione, a dir che la pensione è davvero importante” cantava Francesco Guccini in una delle sue più celebri canzoni. Ma se, negli anni ’70, frasi del genere suonavano come provocazioni beffarde, di sicuro lo scenario cambia dal’95 in poi, ovvero da quando il sistema pensionistico italiano è stato riformato e si è affermato progressivamente il sistema contributivo.
Un vero e proprio cambiamento copernicano: se prima l’importo della pensione era stimato sulla base degli ultimi stipendi percepiti in carriera, oggi la pensione viene calcolata sul montante contributivo versato nel corso dell’intera vita lavorativa. E tutto questo, soprattutto per chi ha carriere discontinue, costituisce un problema non da poco. Abbiamo provato a fare due simulazioni sulle due fasce di retribuzione più rappresentative dei lavoratori italiani. Ecco cosa ne è venuto fuori.
Montante contributivo e coefficienti di trasformazione: perché tenerli d’occhio
Partiamo con una premessa: per le nostre simulazioni abbiamo stabilito che si sia lavorato in maniera continuativa per tutto l’arco della carriera lavorativa, senza interruzioni.
Generalmente il 33% delle buste paghe dei dipendenti viene versata all’Inps, in gran parte dal datore di lavoro, in piccola parte (9,19% nel privato, 8,80% nel pubblico) dal lavoratore. La parole da tenere a mente in questo caso sono due: montante contributivo e coefficiente di trasformazione. Il primo rappresenta il totale dei contributi versati nel corso della carriera, il secondo è un valore percentuale che permette di calcolare il valore della pensione annuale di ogni singolo lavoratore a partire da quanto versato. Il coefficiente di trasformazione è parametrato con l’aspettativa di vita media (per questo i valori vengono aggiornati dall’inps ogni due anni) e il loro valore sale a seconda dell’età in cui si va in pensione, come potete vedere dalla tabella sotto.
Quindi riassumendo: per calcolare l’importo della pensione abbiamo bisogno di conoscere: il montante contributivo, il coefficiente di trasformazione, l’età media in cui si sceglie di andare in pensione. Per cominciare a costruire una simulazione è opportuno quindi partire dal salario lordo mensile e dal Ral (Retribuzione annua lorda) annuale.
Quanto ci spetta di pensione con uno stipendio netto di 1500 e 1700 euro?
Per fare questo tipo di calcolo proviamo innanzitutto a ricavare lo stipendio netto dal lordo partendo da quanto gli italiani percepiscono di media secondo le ultime rilevazioni. Prenderemo due esempi: un lavoratore con uno stipendio netto mensile di 1500 euro al mese e un altro con un netto di 1700. Per ricavare il lordo dobbiamo aggiungere alla busta paga il 40%. Nel primo caso quindi il lordo mensile sarà di 2100 euro, nel secondo caso di 2380 euro. Calcolando questi importi per tredici mensilità avremmo nel primo caso una Ral di 27.300 euro annui, nel secondo caso di 30.940 euro. Applichiamo a questo punto il tasso di contribuzione del 33% annuo a entrambi. Nel primo caso la contribuzione annuale per l’Inps sarà di 9000 euro, nel secondo di 10210 euro.
Ipotizziamo ora che i nostri due lavoratori decidano di andare in pensione a 67 anni con 30 anni di contributi. Nel primo caso il montante contributivo sarà di poco più di 270mila euro, nel secondo di 306mila euro. Ora è il momento di far entrare in gioco il coefficiente di trasformazione che è fissato, per quest’anno, a 5,723 per l’età di 67 anni. È grazie a questi parametri infatti che, il montante contributivo viene convertito in pensione annua.
Avremmo quindi nel primo caso (1500 euro di retribuzione) una pensione annua di 15390 euro l’anno. Dividendo per tredici mensilità l’importo sarà di 1184 euro lordi al mese. Nel secondo caso si avrà invece un importo di 17.310 euro all’anno, ovvero di poco più di 1330 euro mensili.
Non abbiamo ancora finito però: agli importi pensionistici vanno sottratte le tasse. Con l’aliquota attuale del 23% nel primo caso avremmo un importo mensile netto di poco più di 900 euro al mese, nel secondo un importo sui mille euro. Molto meno quindi, di quanto si è guadagnato nel corso della vita lavorativa.