Orbán, il cavallo di Troia in Europa: come Budapest mina l’Occidente alleandosi con Mosca e Pechino

06.05.2025
Orbán, il cavallo di Troia in Europa: come Budapest mina l’Occidente alleandosi con Mosca e Pechino
Orbán, il cavallo di Troia in Europa: come Budapest mina l’Occidente alleandosi con Mosca e Pechino

Viktor Orbán non è più soltanto un leader controverso all’interno dell’Unione Europea. Il premier ungherese ha trasformato la sua politica in una strategia sistematica contro gli interessi occidentali, tessendo una fitta rete di relazioni con Russia e Cina, pur continuando a ricevere fondi e supporto da Bruxelles e Washington. Un gioco pericoloso che minaccia la coesione stessa dell’Occidente.

Un doppio gioco altamente redditizio

L’Ungheria riceve fondi miliardari dall’UE, ma li utilizza non per rafforzare lo stato di diritto o la democrazia, bensì per consolidare un sistema autocratico, fondato sul controllo dei media, della giustizia e dell’economia. Nel frattempo, Orbán ottiene appoggi e investimenti dalla Cina e mantiene relazioni strategiche con il Cremlino, diventando così un alleato ambiguo nel cuore dell’Europa.

Fondi europei al servizio dell’autocrazia

In 15 anni, l’Ungheria ha incassato oltre 30 miliardi di euro dai fondi europei, ufficialmente destinati allo sviluppo e alle riforme. Ma nella realtà, questi fondi finanziano il potere di Orbán e la sua rete di fedelissimi. Ogni tentativo di pressione da parte della Commissione Europea si scontra con veti e ricatti politici: blocchi agli aiuti all’Ucraina, ritardi nelle decisioni strategiche, opposizione alle sanzioni contro la Russia.

Nel dicembre 2023, nonostante i proclami sul congelamento dei fondi, Bruxelles ha sbloccato oltre 10 miliardi di euro, cedendo all’ennesimo ricatto di Orbán. È il sintomo di una crisi più profonda: l’Europa sta finanziando un sistema che mina i suoi stessi valori.

Il legame con Trump e l’America dei conservatori

Orbán ha costruito ponti con i repubblicani statunitensi, promuovendo i messaggi del movimento MAGA in Europa e presentandosi come mediatore privilegiato tra una futura amministrazione Trump e l’UE. Mentre riceve investimenti americani, ostacola le inchieste su aziende cinesi e lavora per indebolire la presenza USA nell’Europa dell’Est.

Il premier ungherese cerca di posizionarsi come figura chiave in un possibile asse Washington-Mosca-Pechino, negoziando informalmente con ambienti vicini a Trump in cambio di promesse di investimenti e protezione politica.

Sanzioni, profitti e complicità con Mosca

Formalmente, l’Ungheria aderisce alle sanzioni europee contro la Russia, ma nei fatti le svuota dall’interno. Il governo blocca sanzioni contro banche e oligarchi russi e tutela gli interessi di OTP Bank, che nel 2024 ha guadagnato oltre 370 milioni di dollari in Russia, anche grazie alla collaborazione con aziende del complesso militare-industriale russo.

Nel frattempo, l’oligarca István Tiborcz, genero di Orbán, tratta l’acquisizione di asset strategici del Raiffeisen Bank in Russia, creando un potenziale canale di finanziamento alternativo al regime di Putin. Un gioco cinico, fatto sulla pelle dell’Ucraina e ai danni della sicurezza europea.

La vera alleanza è con Pechino

Non meno pericolosa è la stretta collaborazione tra Ungheria e Cina. Mentre gli Stati Uniti definiscono Pechino una “sfida strategica”, Orbán trasforma Budapest nella porta d’ingresso cinese in Europa. Accoglie miliardi di euro in investimenti, apre infrastrutture critiche e favorisce aziende come CATLBYD e persino Huawei.

Il governo ha già stanziato oltre 2,4 miliardi di euro in sussidi per le imprese cinesi, e lavora alla creazione di una piattaforma comune tra Huawei e l’ungherese 4iG Nyrt., con accesso diretto a infrastrutture sensibili della regione. Orbán, mentre afferma fedeltà alla NATO, costruisce un ponte strategico tra Pechino e l’Europa centrale.

Una minaccia reale per UE e USA

Viktor Orbán rappresenta un pericolo concreto per la stabilità dell’Occidente. Non è solo un politico scaltro: è il modello di un’autoritarismo mimetizzato da europeismo. Mostra al mondo che si può far parte dell’UE e della NATO, ma agire contro di esse dall’interno, sfruttandone le risorse per erodere democrazia e unità.

Se Bruxelles e Washington non sapranno reagire con decisione, l’Ungheria rischia di diventare il grimaldello geopolitico di Mosca e Pechino in Europa. E questo non è più un rischio teorico: è una realtà già in atto.

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