I sindacati di categoria Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up hanno confermato la protesta di 24 ore prevista per mercoledì 20 novembre: “Chiediamo di ridare dignità e valore al nostro lavoro”
Tutto confermato. Il prossimo 20 novembre medici e infermieri scenderanno in piazza in occasione dello sciopero di 24 ore indetto dai sindacati di categoria contro la nuova manovra del governo Meloni. A ribadire il “braccia” incrociate previsto per mercoledì prossimo sono stati Pierino Di Silverio, segretario Anaao Assomed, Guido Quici, residente Cimo-Fesmed, e Antonio De Palma, presidente Nursing Up.
Lo sciopero dei medici mercoledì 20 novembre
“Lo sciopero è la forma più estrema di protesta che un sindacato ha a disposizione – spiegano le sigle -. E quando parliamo di uno sciopero che riguarda la sanità, e che ha quindi inevitabilmente un impatto sui malati (anche se le urgenze sono sempre garantite), astenersi per un giorno dal lavoro è a maggior ragione una decisione che non si prende a cuor leggero. Dinanzi allo stato in cui oggi versa non solo il Servizio sanitario nazionale ma anche la professione e lo status di medici, dirigenti sanitari, specializzandi, infermieri e altri professionisti sanitari, è inevitabile dover alzare la voce e pretendere di essere ascoltati, perché è da noi che dipende la tutela della salute dei cittadini, e senza di noi è la salute dei cittadini ad essere a rischio”.
Oltre allo sciopero, il 20 novembre è prevista anche una manifestazione a Roma. Come ribadito dai sindacati, il “nodo” cruciale è il trattamento riservato alla sanità, non soltanto dal punto di vista economico: “Non sono solo i finanziamenti insufficienti per la sanità a spingerci ad incrociare le braccia; non è solo il mancato rispetto dei contratti, o l’assenza di un piano straordinario di assunzioni, o la mancata defiscalizzazione delle nostre indennità di specificità a farci scendere in piazza; quello che noi chiediamo, oltre a tutto questo, è ridare dignità e valore al nostro lavoro. Se i giovani professionisti scappano in massa all’estero, e si è costretti ad andare in capo al mondo per cercare colleghi disposti a prendere il loro posto nei nostri ospedali, è perché non sono più disposti ad accettare di lavorare in queste condizioni. Nessuno vuole più lavorare sapendo di rischiare quotidianamente una denuncia, un insulto, un calcio o una manganellata. Nessuno è più disposto a rinunciare a ferie, riposi, malattie per garantire i servizi. Nessuno intende più lavorare in un’emergenza ormai cronica, la cui fine neanche si intravede”.
I motivi della protesta
“Protestiamo allora – aggiungono i leader dei sindacati – per avere un giusto riconoscimento per le nostre professioni, certo, anche economico. Protestiamo per far conoscere ai cittadini le vere cause dei disservizi che subiscono, e per chiedere a tutta la politica, di maggioranza e di opposizione, di lavorare insieme per disegnare il Servizio Sanitario Nazionale del futuro, partendo da una visione e da una prospettiva a lungo termine che oggi è del tutto assente. Protestiamo per chiedere di ripristinare la centralità del medico, del dirigente sanitario, dell’infermiere, del professionista sanitario e degli specializzandi in qualunque decisione che riguardi i pazienti, scardinando quindi mentalità aziendaliste ed economicistiche che non possono coniugarsi in modo efficace con la tutela della salute”.
“Noi – concludono le sigle – pur rappresentando solo una parte del mondo medico, sanitario, degli infermieri e delle altre professioni che operano in sanità, ci stiamo mettendo la faccia, mobilitando gli iscritti alle nostre sigle e utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione per cercare di cambiare le cose. Certo è che, se riusciremo a portare a casa anche solo una piccola parte delle nostre richieste, i benefici ricadranno non solo su tutto il personale sanitario ma su tutti i cittadini, che potranno contare su una sanità pubblica efficiente e su professionisti preparati e motivati”.