Strategia dell’Iran in un contesto di tensioni geopolitiche
DALLA NOSTRA INVIATA
LOS ANGELES – Per comprendere come l’Iran reagirà all’attacco condotto da Israele nella notte tra il 12 e il 13 giugno, è fondamentale riconoscere che la strategia iraniana nei confronti degli Stati Uniti, di Israele, e della questione nucleare non è solo il frutto di un radicalismo irrazionale, come spiega Vali Nasr, politologo iraniano-americano ed ex consigliere della presidenza Obama nel suo recente volume “Iran’s Grand Strategy: a political history”. La posizione dell’Iran si basa su una percezione dell’interesse nazionale, delle minacce percepite come Paese, e su una particolare lettura della storia, che lo vede come vittima di abusi imperialisti e colonialisti. La rivoluzione, quindi, è vista come un percorso per conferire all’Iran una vera indipendenza, riporta Attuale.
Il ruolo degli Stati Uniti nell’attacco israeliano
Come giudica il coinvolgimento americano?
Nasr sottolinea l’importanza di chiarire cosa si intende per “coinvolgimento”. Sebbene aerei statunitensi non siano stati direttamente utilizzati nell’attacco all’Iran, Israele non avrebbe potuto portare a termine l’operazione senza la conoscenza e il supporto degli Stati Uniti. Il numero di aerei coinvolti nei raid richiedeva un coordinamento con il Centcom, che controlla lo spazio aereo iracheno ed è presente nel Golfo Persico. Inoltre, Nasr non crede che Netanyahu avrebbe compiuto un’azione così audace senza considerare le implicazioni diplomatiche che ciò avrebbe avuto nei rapporti con gli Stati Uniti.
Le sorprese della diplomazia
Che cosa l’ha sorpresa?
Un aspetto sorprendente, secondo Nasr, è il fatto che il presidente Trump continuava a affermare che, qualora la diplomazia fallisse, l’unica opzione rimanente sarebbe stata la guerra, quando in realtà la diplomazia non era ancora giunta a un punto critico. Gli incontri previsti tra Iran e Stati Uniti avrebbero dovuto avvenire domenica seguente all’attacco, e non era logico aspettarsi un’escalation di conflitto prima di quel termine. Nasr suggerisce che Trump potesse interpretare questa minaccia di guerra come un modo per spingere l’Iran a cedere, considerato che le negoziazioni non stavano portando agli esiti auspicati.
Le conseguenze di una escalation
Quali sono i rischi?
Il rischio principale è che anche l’Iran possa decidere di reagire con fermezza, scegliendo di non tornare al tavolo dei negoziati in una posizione di debolezza. Nasr evidenzia come il regime iraniano si fondi sull’idea di sicurezza nazionale, resistenza e difesa. Anche se colpito duramente, questo regime non sembra propenso a capitolare. La prospettiva di negoziare in condizioni di grande svantaggio è attualmente molto improbabile, e un eventuale prolungamento del conflitto potrebbe vedere l’Iran muoversi verso la costruzione di nuovi siti nucleari mentre cerca di difendersi da attacchi futuri.
Decisori e prospettive future
Chi prende queste decisioni?
Le decisioni strategiche in Iran sono dominate dalla Guida suprema, ma la situazione è in continua evoluzione. Nasr evidenzia che ci si dovrà confrontare con una nuova leadership che assumerà il controllo. In America, alcuni neocon si mostrano entusiasti, mentre alla luce degli attuali eventi Trump sembra tentare di evitare un coinvolgimento militare diretto, dato che la sua base non lo supporterebbe in un’azione bellica prolungata.
Il rischio di un conflitto esteso
Lo scenario peggiore?
Nasr avverte che un conflitto più ampio potrebbe sfociare in una guerra su vasta scala, anche se l’Iran non ha la capacità di sconfiggere militarmente gli Stati Uniti. Tuttavia, ci sarebbero conseguenze devastanti per tutte le parti coinvolte, inclusi gravi perdite tra israeliani, americani e iraniani, e un’escalation di migrazioni e instabilità regionale. Gli attori regionali, come i sauditi e gli emiratini, sono consapevoli della gravità di una guerra prolungata vicino ai loro confini e non desiderano un conflitto né a breve né a lungo termine.