La leader francese pensa a un “super gruppo” di conservatori e sovranisti per il dopo elezioni europee. La premier italiana nicchia. Ma il progetto deve fare i conti con le divisioni interne
Un grande gruppo di destra per governare l’Europa insieme ai moderati. È il progetto lanciato dalla leader del Rassemblement national Marine Le Pen, che da tempo lancia messaggi alla premier italiana Giorgia Meloni per riunire sotto un’unica bandiera i conservatori dell’Ecr (di cui fa parte Meloni) e i sovranisti di Id (di cui fa parte Le Pen). Ossia la galassia di partiti che siedono alla destra del Partito popolare europeo (Ppe), il partito moderato di centrodestra che da sempre è il perno del potere Ue. Un progetto che, stando ai sondaggi, potrebbe portare alla nascita del secondo gruppo più numeroso al Parlamento europeo. Meloni sembra intenzionata a seguire questa strada. Ma non è detto che l’eventuale fusione possa portare ai risultati sperati dalle due regine della destra europea.
Il nuovo corso di von der Leyen
Le ultime rilevazioni nazionali nei 27 Stati membri in vista delle imminenti elezioni del 6-9 giugno dicono che ancora una volta il Ppe sarà il primo partito per voti, e potrebbe ottenere intorno ai 178 seggi sui 720 in palio. Ma dicono anche che i suoi storici alleati (socialisti e liberali) potrebbero non bastare per formare una solida maggioranza: i socialisti (riuniti nel gruppo S&d) sono accreditati sui 139 seggi, mentre i liberali sugli 85. Insieme al Ppe, supererebbero la soglia minima per guidare l’Eurocamera (361 seggi), ma la coalizione avrebbe bisogno di un supporto esterno. Finora, tale supporto è arrivato dai verdi, che sono però in profonda crisi di consensi.
Dall’altra parte, la destra (più o meno estrema) è sugli scudi: i conservatori dell’Ecr potrebbero ottenere 78 seggi, mentre i sovranisti di Id (di cui fa parte la Lega) viaggiano sui 67. Fuori da questi ultimi due gruppi si trovano al momento gli ungheresi di Fidesz (il partito del premier Viktor Orban) e i tedeschi dell’Afd, espulsi da poco dall’Id per le posizioni filonaziste di alcuni suoi esponenti. Considerata l’intera galassia di destra e ultradestra, un eventuale supergruppo potrebbe ottenere sui 160 deputati.
In mezzo a questi due blocchi c’è Ursula von der Leyen, candidata dal Ppe per un secondo mandato da presidente della Commissione europea. Da tempo è noto come la leader tedesca stia lavorando ad allargare a destra la sua futura maggioranza proprio per colmare il vuoto di consensi lasciato dai partiti alla sua sinistra. Ma c’è un problema non da poco da risolvere: gli attuali alleati di von der Leyen non vogliono sedere allo stesso tavolo di Meloni e Le Pen, così come le due leader della destra non vogliono avere nulla a che fare con la sinistra. Come risolvere il grattacapo?
Il cordone sanitario
L’ipotesi più accreditata è che von der Leyen e il suo Ppe proveranno a giocare su due tavoli. Al Parlamento europeo, i numeri sono a favore del mantenimento dell’alleanza con socialisti e liberali, almeno sulla carta. Diverso il discorso quando si tratterà di votare sui singoli provvedimenti, dove il Ppe potrà cercare di far squadra con la destra su alcuni dossier politici, come difesa, competitività e agricoltura. Nulla di nuovo sotto il sole, va detto: già nella seconda parte della legislatura che sta finendo, i popolari, con una parte dei liberali, hanno trovato nell’Ecr e nell’Id dei validi supporti per ribaltare le misure (in particolare quelle ecologiste) che la stessa Commissione von der Leyen aveva proposto. Il piano del Ppe, e del suo leader Manfred Weber (anch’egli tedesco) è di un Parlamento a maggioranze variabili, con i popolari a fare da perno.
La vera novità in questo schema è il ruolo dell’ultradestra e il cordone sanitario che ha depotenziato storicamente la sua azione politica in Europa: il cordone è in sostanza il muro alzato dalla maggioranza di Bruxelles all’accesso di conservatori e sovranisti ai ruoli chiave nel Parlamento, dalle vicepresidenze alle commissioni parlamentari. Il cordone era già venuto meno con l’Ecr di Meloni in questa legislatura, ma è rimasto ben stretto intorno ai sovranisti. La scelta di Le Pen di tagliare i rami del suo gruppo più estremisti (ossia l’Afd) e di rinnegare le posizioni pro-Russia tenute in passato (anche recente) potrebbero aprirle la strada già percorsa da Meloni. Grazie al sostegno, per l’appunto, dei deputati del Ppe. Alla leader francese non interessa, nell’immediato, entrare in una maggioranza europea: semmai, il suo obiettivo è accreditarsi come moderata in Ue per sostanziare la sua corsa alla presidenza della Francia.
Il risiko della Commissione
Tra i sovranisti “graziati” dal cordone potrebbero esserci anche la Lega, ma soprattutto gli olandesi del Pvv di Geert Wilders, tanto più dopo l’accordo di questi con i liberali di Mark Rutte per formare un nuovo governo nei Paesi bassi. Dopo l’Italia e la Slovacchia, si tratterebbe del secondo esecutivo Ue con dentro un partito marcato Id. L’Ecr, dal canto suo, può contare su tre caselle: oltre Roma, ci sono la Svezia e la Finlandia. I conservatori, però, hanno in più la carta di Meloni, unica esponente della galassia dell’ultradestra a sedere al tavolo dei leader dei 27 Stati membri.
Questa carta, insieme ai governi ‘amici’, potrebbe risultare determinante nella composizione della prossima Commissione europea. Ed è qui che von der Leyen ha più bisogno dell’appoggio della premier italiana. L’accordo del moderato Rutte con Wilders (che sta dividendo Renew, il gruppo dei liberali europei) e la prospettiva di una Francia guidata da Le Pen nel 2027 (ossia a metà della nuova legislatura) sono ulteriori fattori che alimentano l’ipotesi di un esecutivo Ue più spostato a destra. Certo, von der Leyen dovrà fare i conti con la sua Germania, governata dal socialista Olaf Scholz, e con la Spagna di Pedro Sanchez. Ma la composizione della Commissione è materia prima di tutto dei governi, e solo in seconda battuta del Parlamento europeo.
Una nuova destra?
Per von der Leyen, comporre tutte le tasselle non sarà facile, e non è detto che ci riesca. Così come non è detto che l’ultradestra si ritrovi d’improvviso unita all’indomani del voto. Al Parlamento, i liberali più vicini al presidente francese Emmanuel Macron faranno di tutto per tenere vivo il cordone sanitario intorno a Le Pen. E dentro i conservatori potrebbero esserci diverse defezioni se Meloni dovesse aprire alla leader della destra transalpina o a Orban. Il “supergruppo” di destra potrebbe ritrovarsi ridimensionato (e non di poco) dopo un’eventuale fusione, e questo ne ridurrebbe il peso nelle dinamiche interne all’Eurocamera.
La premier italiana, comunque, non sembra preoccupata da queste difficoltà: “Oggi c’è il margine per costruire una maggioranza diversa al Parlamento europeo, e per politiche diverse”, ha premesso in una intervista a Rai Radio 1. Ma “se le cose non dovessero andare così, io ho già dimostrato che con buon senso l’Italia può fare da capofila su molte politiche”, ha aggiunto.