Cosa fa la Cina con il canale di Panama e perché Trump promette “guerra”

09.01.2025
Cosa fa la Cina con il canale di Panama e perché Trump promette "guerra"
Cosa fa la Cina con il canale di Panama e perché Trump promette "guerra"

La Repubblica popolare dal 2017 ha avviato una serie di negoziazioni commerciali con Panama per il controllo di due dei cinque porti adiacenti al Canale, nell’ambito degli investimenti e progetti infrastrutturali della Belt and Road Initiative

Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump vuole prendere il controllo del canale di Panama. Lo ha ripetuto in diverse occasioni, fino a minacciare l’uso della “forza militare” per mettere le mani sullo strategico passaggio che collega l’Oceano Atlantico e quello Pacifico. Nella conferenza stampa di Mar-a-Lago, Trump ha falsamente affermato che il canale è adesso in mano alla Cina: “Noi lo abbiamo dato a Panama, ma ora è dei cinesi”, mentre nelle settimane precedenti aveva lamentato anche il fatto che alle navi americane vengono fatte pagare “cifre esorbitanti” per attraversare il canale, in riferimento al pedaggio a cui tutte le imbarcazioni sono soggette. In risposta, il presidente panamense José Raul Mulino non si è fatto intimorire e ha respinto al mittente la provocazione, negando oltretutto una riduzione dei pedaggi e l’influenza cinese sul suo governo.

L’azienda cinese che gestisce i due principali porti di Panama

Gli Stati Uniti hanno una storia complicata con Panama. E ora viene sfruttata dal futuro 47esimo presidente americano per nascondere il suo timore della concorrenza cinese sulle infrastrutture alternative al passaggio marittimo. 

La Repubblica popolare dal 2017 ha avviato una serie di negoziazioni commerciali con Panama per il controllo di due dei cinque porti adiacenti al Canale, nell’ambito degli investimenti e progetti infrastrutturali della Belt and Road Initiative. Il Paese centroamericano è stato il primo dell’America Latina ad aderire al progetto infrastrutturale cinese e in questi anni l’interscambio della regione con Pechino è esploso, passando da 14 miliardi di dollari nel 2000 a 500 miliardi di dollari nel 2022. 

Torniamo ora al controllo del canale di Panama. La Hutchison Ports Holdings, tramite la sua quota in Panama Ports Company (PPC), gestisce il porto panamense a Balboa, situato sul lato Pacifico della Repubblica di Panama, e quello a Cristobal, che affaccia sull’Atlantico. La Hutchison Ports Holdings, quindi, è il più grande operatore portuale della zona. Nel 2021 ha firmato il rinnovo della concessione di 25 anni con la Panama Maritime Authority, l’autorità panamense per la gestione delle infrastrutture portuali. La gestione dei porti dello strategico passaggio, attraverso cui passa circa il 2,5 per cento del volume mondiale del commercio marittimo, ma soprattutto il 46 per cento del traffico commerciale navale tra l’Asia settentrionale e la costa orientale degli Stati Uniti, è affidata quindi a un colosso del settore.

Vediamo che ruolo gioca però questo gigante. La Hutchison Port Holdings è la divisione delle infrastrutture portuali di CK Hutchison, conglomerato multinazionale registrato presso le isole Cayman e con sede a Hong Kong, nato nel 2015 dalla fusione di Cheung Kong Holdings Limited con la sua principale consociata Hutchison Whampoa Limited. I settori di interesse di CK Hutchison sono molteplici e spaziano dalle telecomunicazioni (controlla interamente la compagnia telefonica italiana Wind 3) all’energia, fino e all’infrastruttura appunto.

Dalla città portuale di Hong Kong, la Hutchison Ports è arrivata a controllare 53 porti che abbracciano 24 paesi in Asia, Medio Oriente, Africa, Europa, Americhe e Indo-pacifico. È formalmente una società privata, ma in Cina il confine tra azienda privata e pubblica è molto labile. E questo perché chi siede ai vertici aziendali ha stretti contatti con il Partito comunista. Victor Li, l’attuale amministratore delegato della società madre CK Hutchison Holdings Limited, è un membro della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, l’organo consultivo del governo centrale. È stato anche un fervente sostenitore della nuova legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, quella che – tra le altre cose – condanna anche solo chi parla di secessione di Hong Kong dalla Cina. Tuttavia – è bene precisare – dalle informazioni disponibili, non è possibile stabilire se cellule del Partito comunista siano presenti nella Hutchison Port Holdings.

Panama, Cina e Taiwan: il triangolo commerciale ed economico

Ma è comunque bastato ad alcuni esponenti del Congresso degli Stati Uniti – tra cui il deputato Raja Krishnamoorthi – di esprimere il timore delle interferenze cinesi in un’audizione sulla strategia di sviluppo globale della Cina e sui legami della società con Pechino, che potrebbero portare a ritardi nelle spedizioni civili e militari americane in caso di conflitto con Taiwan. L’isola ribelle, come Pechino chiama Taipei, è stata suo malgrado al centro di questa partita economica e diplomatica. Il governo di Panama nel 2017 ha interrotto le relazioni diplomatiche con Taiwan per stabilirle con la Cina. Una decisione, questa, che ha colto di sorpresa gli Stati Uniti e ha segnalato la crescente influenza di Pechino in America Latina, che ospita sette degli 11 (arrivano a 12 con lo Stato Vaticano) paesi che ancora riconoscono Taiwan come stato sovrano.  

Ora Trump, che è arrivato a scontrarsi con il leader panamense Mulino (il quale ha descritto Panama come un “partner strategico” per la Casa Bianca), rispolvera la storia per affermare il controllo sul canale. L’infrastruttura fu costruita più di un secolo fa dagli Stati Uniti ma tornò nelle mani del Paese centroamericano nel 1999, in base a un accordo firmato dal presidente democratico Jimmy Carter negli anni Settanta. Nella pratica è quasi impossibile che gli Stati Uniti possano riprendere il controllo del Canale. E tantomeno il piccolo stato centramericano né il gigante asiatico lo permetteranno.

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