Il 27enne, rifugiato politico in Italia dal 2022, è stato tra le vittime del generale libico Almasri durante la sua detenzione nel carcere di Mitiga e ha criticato duramente la decisione del governo Meloni di liberarlo

David Yambio durante un incontro con Ilaria Salis a Bruxelles (fonte Instagram)

Si allunga la lista delle vittime di spionaggio nel caso della società israeliana Paragon. Il sudanese David Yambio, rifugiato politico in Italia, presidente e cofondatore di Refugees in Libya, ha rivelato di aver ricevuto da Apple un avviso in cui gli veniva comunicato che il suo telefono era stato preso di mira da un attacco spyware. Un messaggio visionato dal Guardian in cui si legge che l’attacco “probabilmente ti sta prendendo di mira in modo specifico a causa di chi sei o di cosa fai”.
Chi è David Yambio: vittima di Almasri, critico contro il governo Meloni
Yambio, 27 anni e in Italia da due, è stato tra le vittime del generale libico Almasri durante la sua detenzione nel carcere di Mitiga e ha usato toni molti duri contro la decisione del governo italiano di liberarlo e rimpatriarlo nonostante il mandato d’arresto pendente della Corte penale internazionale.
Nell’avviso di Apple non veniva specificato il tipo di spyware utilizzato contro di lui e Yambio non sarebbe tra le 90 persone che hanno ricevuto la notifica via WhatsApp. Non è quindi certo che dietro la violazione ci sia lo stesso spyware Graphite dell’israeliana Paragon Solutions, ma tutto farebbe pensare che anche il caso di Yambio sia legato a quel ” filone libico” cui lo scandalo condurrebbe secondo Luca Casarini (fondatore di Mediterranea, prima vittima emersa in Italia).
“Le chiamate si bloccavano improvvisamente”
Yambio ha spiegato di aver contattato un esperto di sicurezza digitale presso il CyberHub-AM in Armenia, che a sua volta lo ha messo in contatto con il Citizen Lab dell’Università di Toronto, lo stesso gruppo di esperti che ha assistito WhatsApp nel rintracciare i tentativi di hacking effettuati contro le 90 presunte vittime dello spyware Paragon, di cui 7 vivono in Italia. Al quotidiano britannico, l’attivista ha dichiarato di aver avuto “sospetti già a settembre, quando il mio telefono ha iniziato a comportarsi in modo strano”. “Le chiamate si bloccavano, il telefono si scaldava o la batteria si scaricava molto rapidamente”.
“Le persone che finora sono uscite allo scoperto sono in Italia, e alcune di queste persone rientrano nella mia cerchia ristretta. Siamo persone che lavorano per fermare la sofferenza umana, per cercare di cambiare le cose, eppure siamo presi di mira. Ho molta paura perché le informazioni non riguardano solo me, ma la vita delle persone che sono state vittime di abusi in Libia e anche la vita della mia compagno e di mio figlio”.
Chiesta una commissione d’inchiesta europea
L’attivista ha preso parte alla conferenza stampa sul caso Paragon che si è tenuta a Strasburgo ieri, 10 febbraio. Presenti Casarini e Francesco Cancellato (Fanpage), oltre a delegazioni di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra. Le richieste sono rivolte alla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, affinché istituisca una commissione d’inchiesta sul caso di spionaggio informatico che oltre all’Italia tocca altri 12 Stati membri. “Uno scandalo che riguarda l’Unione europea perché in gioco c’è la violazione dei dati personali e la libertà di stampa”.
Cosa sappiamo sullo spyware
Subito dopo l’emersione della vicenda, con i primi bersagli italiani usciti allo scoperto, Palazzo Chigi ha reagito smentendo di aver messo sotto controllo giornalisti o attivisti. Poche ore dopo, però, il Guardian ha rivelato che la società israeliana avrebbe rescisso il contratto con l’Italia. Il che implica l’esistenza di accordi tra la Paragon e le autorità italiane, di cui tuttavia il governo non ha fatto menzione.
Diversi quotidiani israeliani hanno confermato la presenza dell’Italia nella lista dei clienti di Paragon, che lavorerebbe prevalentemente con entità statali oltre che con apparati di intelligence tra cui anche l’Fbi. Secondo quanto emerso finora, Paragon avrebbe stracciato l’accordo con l’Italia in quanto quest’ultima avrebbe “violato i termini di servizio e il quadro etico concordato”.
L’ipotesi dello scontro tra i servizi italiani
Negli scorsi giorni il ministro Salvini ha menzionato un possibile “regolamento di conti” tra i servizi segreti italiani che potrebbe essere a monte della vicenda. Un’ipotesi che aveva iniziato a circolare già da qualche ora da parte di alcuni osservatori che ponevano l’attenzione sul cambio ai vertici dopo le dimissioni di Elisabetta Belloni dal Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), ovvero la struttura che si occupa di coordinare le due branche dell’intelligence italiana, l’Aise e l’Aise, rispettivamente competenti per l’estero e per la sicurezza interna.
Nonostante i tentativi della Lega di ridimensionare l’uscita del proprio leader, le affermazioni di Salvini hanno sollevato la richiesta di chiarimenti immediati da parte delle opposizioni.
Chiarimenti che ad oggi non sono arrivati, mentre a far scalpore e a suscitare nuove speculazioni è subentrata la mossa dei servizi segreti di presentare un esposto contro il procuratore Francesco Lo Voi. Lo stesso magistrato che ha comunicato l’avvio delle indagini sulla scarcerazione di Almasri nei confronti di Meloni, del sottosegretario Alfredo Mantovano (che ha la responsabilità politica del Dis) e dei ministri Nordio e Piantedosi e che ha preso parte al processo Open Arms.
L’esposto è stato firmato da Vittorio Rezzi (direttore del Dis) e riguarda un altro caso, relativo alla presunta diffusione da parte di Lo Voi di un’informativa riservata dell’Aisi sul caso di Gaetano Caputi, capo di gabinetto di Giorgia Meloni.