La capodelegazione del M5s in Europa, Tiziana Beghin, non si ricandiderà in ottemperanza alla regola imposta agli iscritti: “È una questione di rispetto. Ma resterò attiva nel movimento, anche per aiutare chi sarà chiamato a sostituirmi”. Tanti suoi colleghi hanno preso altre strade
Il nome di Tiziana Beghin non sarà sulle schede elettorali delle prossime elezioni europee. L’attuale capodelegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento Ue ha appena concluso il suo secondo mandato, e per rispettare le regole della formazione politica fondata da Beppe Grillo ha accettato di fare un passo indietro. Quando è arrivata per la prima volta a Bruxelles 10 anni fa, faceva parte della folta (e allora inesperta) delegazione di ben 17 deputati che furono eletti in uno dei momenti di maggiore popolarità del movimento. Nel tempo molti dei suoi compagni hanno poi lasciato i cinque Stelle, finendo nei partiti più disparati, dai Verdi alla Lega, dal Pd ad Azione. E così diversi di loro, ormai politici di professione, si ricandideranno anche in questa tornata.
Lei no, lei ha scelto la coerenza rispetto alle regole del Movimento, insieme a Laura Ferrara, altra fedelissima che appenderà al chiodo gli scarpini della politica. Almeno quella di prima linea. “Quando si sottoscrive un accordo è fondamentale rispettarlo. Ed è quello che farò per rispetto nei confronti del movimento e dei cittadini che mi hanno eletta sulla base di questo impegno. Ma anche per rispetto di me stessa. Sono convinta che quando si violano dei principi che ci si è dati, si mettono in moto tutta una serie di meccanismi e di alibi che ci cambiano profondamente, e io non voglio cambiare”, racconta a Europa Today.
Ma sono non pochi i suoi ex compagni di Movimento che l’accordo sui due mandati lo violeranno, correndo con altri partiti. “Ognuno nella vita risponde alla propria coscienza e al proprio elettorato. Al momento pochi ex 5 Stelle hanno avuto successo fuori dal Movimento, ma comunque qualcuno è riuscito a ritagliarsi qualche spazio. A me però viene da sorridere perché spesso si tratta di quelli che più inneggiavano alla coerenza”, dice senza nominare nessuno.
Le differenze con il 2014
Se la coerenza va ammirata, è vero però che da un punto di vista della preparazione politica c’è il rischio di lasciare spazio a persona inesperte, perché la politica si basa molto anche sull’esperienza. “Certo ci sono pro e contro alla regola dei due mandati. Ma sia io che Laura Ferrara resteremo comunque nel Movimento, e saremo a disposizione per aiutare in tutti i modi chi sarà chiamato a sostituirci, fornendo un know how che possa permettere ai nuovi colleghi di essere operativi il più velocemente possibile. A differenza di quando noi arrivammo la prima volta nel 2014, quando eravamo dei completi neofiti, per loro ci sarà tutta una rete di persone che fungerà da aiuto e supporto”, assicura.
Per Beghin il limite dei due mandati è soprattutto una questione di necessario ricambio generazionale. “In Italia ci sono politici che sono in Parlamento da decenni, a destra e sinistra. Persone come Piero Fassino i Ignazio la Russia, ultra 70enni che onestamente faccio fatica a capire quale valore aggiunto portino ancora alla politica, ma che bloccano l’ascesa di tanti giovani e persone preparate che vorrebbero e potrebbero dare il loro contributo. E abbiamo bisogno di più giovani in politica proprio perché soprattutto queste elezioni saranno fondamentali su temi come l’ambiente, in cui è in gioco proprio il destino delle nuove generazioni”.
Un Recovery Fund strutturale
L’ambientalismo e un diverso approccio economico rispetto al passato, saranno due temi centrali nella prossima legislatura secondo Beghin, e a suo avviso saranno fortemente collegati. “La necessaria transizione energetica e ambientale ha bisogno di essere sostenuta da strumenti economici innovativi, e per questo serve un Recovery Fund strutturale. Quando il Movimento 5 Stelle era al governo con Giuseppe Conte, in Europa abbiamo negoziato uno strumento che ha portato al nostro Paese quasi 200 miliardi, con un meccanismo di condivisione del debito che tutti ritenevano impossibile. Ora invece col governo Meloni abbiamo il nuovo Patto di Stabilità che richiederà 13 miliardi di tagli ogni anno. È una bella differenza”.
Il nodo del gruppo politico
Alla nuova pattuglia dei 5 Stelle starà anche il compito di provare a trovare una collocazione in uno dei gruppi politici dell’Aula, per non rimanere di nuovo relegati in quello dei Non Iscritti, il Gruppo Misto europeo. I membri dei Non Iscritto hanno infatti meno tempo di parola, non hanno ruoli di vertice e raramente sono chiamati a gestire pacchetti legislativi.
“Non è un segreto che in passato abbiamo avuto delle trattative con i Verdi. Quello che abbiamo imparato è che per lavorare attivamente ed efficacemente nelle commissioni parlamentari e gestire pacchetti legislativi bisogna fare parte di una squadra che sia effettivamente importante anche numericamente. Al momento ci concentriamo sulla campagna elettorale, ma il giorno dopo le elezioni incominceremo a dialogare con le altre delegazioni e con altri gruppi per capire come posizionarci. È chiaro che l’obiettivo è non rimanere nei non iscritti, lo abbiamo sempre detto. Ma allo stesso tempo non vogliamo snaturare la nostra identità per arrivare in un gruppo a tutti i costi”.
Fonte: Today