L’annuncio del ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Presenteremo un progetto all’Onu”. Alla vigilia dei colloqui per il cessate il fuoco però le posizioni di Israele e Hamas restano distanti e c’è la variabile Iran
Le forze armate italiane inviate a Gaza per la ricostruzione. È lo scenario ipotizzato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. Intervistato da La Stampa, il vicepremier ha annunciato che il governo italiano presenterà all’Onu, come presidente di turno del G7, “un progetto per la ricostruzione non solo umanitaria, ma politica ed economica, di Gaza”.
“L’Italia – ha detto Tajani – è pronta a inviare un contingente per lavorare, nella transizione che dovrà essere gestita dall’Onu e guidata dai Paesi arabi, alla nascita di uno Stato palestinese unificando la Striscia e la Cisgiordania. Ma il nostro interlocutore può essere solo l’Anp, non Hamas. Nel frattempo, gli Stati Uniti ci hanno chiesto di usare i carabinieri per addestrare una forza di sicurezza palestinese adeguata”.
Si tratta di una proposta, che sarà formalizzata “a settembre, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite” di New York.
Sul riconoscimento di uno Stato di Palestina Tajani ha aggiunto: “Siamo favorevoli allo stato di Palestina. Ma bisogna offrire una prospettiva concreta al popolo palestinese. Come facciamo a riconoscere uno stato finché c’è Hamas che controlla una larga parte della Palestina e sostiene di voler distruggere Israele? Noi non vogliamo dare uno schiaffo morale a Israele in questo momento, ma vogliamo portarli a un negoziato per rendere concreta la formula ‘due popoli, due Stati'”.
La tregua a Gaza e il ruolo dell’Iran
Inatnto assumono un ruolo di ora in ora più cruciale i negoziati per un cessate il fuoco a Gaza che, almeno secondo quanto annunciato, dovrebbero ripartire il 15 agosto a Doha. La trattativa non è più solo a due – Israele e Hamas – ma si inserisce anche l’Iran: pare che possa rinunciare all’attacco contro Israele (come risposta all’assassinio del leader di Hamas Ismail Haniyeh) nel caso di un accordo.
Le posizioni però continuano a essere distanti. Israele non ha interrotto i bombardamenti lungo la Striscia, Hamas ha alzato il tiro e per la prima volta in tre mesi ha lanciato un razzo sulla città di Tel Aviv ma il colpo non è andato a segno ed è finito in mare. Inoltre la stessa partecipazione di Hamas ai colloqui non è certa. La fazione palestinese insiste sull’adozione del piano in tre fasi per una tregua duratura proposto a maggio da Joe Biden. Israele, secondo il New York Times, avrebbe presentato nuove richieste. L’ufficio del premier Netanyahu ha smentito questa ricostruzione, ma lo stesso team negoziale ha fatto trapelare il suo disappunto sulla strategia del premier. In questo contesto si inserisce la variabile Iran. Nessuna comunicazione ufficiale, ma tre alti funzionari avrebbero fatto trapelare l’intenzione di sospendere l’attacco contro Israele nel caso di una tregua. Contestualmente avrebbero fatto sapere di volere partecipare, non in maniera diretta, ai colloqui di Doha.
Sullo sfondo c’è il lavoro della diplomazia internazionale. Gli Usa premono sugli alleati come la Turchia, che hanno canali con Hamas, per convincere la fazione ad andare a Doha. Il presidente del Consiglio Ue Charles Michel, in due telefonate con il presidente iraniano presidente iraniano Massud Pezeshkian e il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, ha ribadito l’appello alla moderazione. Anche la premier Giorgia Meloni ha sentito il leader israeliano ribadendo l’appello per “un cessate il fuoco sostenibile a Gaza e il rilascio degli ostaggi” e “il convinto sostegno alla mediazione guidata da Stati Uniti, Egitto e Qatar”.