Il bambino di 7 anni scappa in treno per un gelato: “Mio figlio è speciale”

21.06.2025 06:45
Il bambino di 7 anni scappa in treno per un gelato: "Mio figlio è speciale"

SARONNO (Varese)

“Paura? Non per lui, ero sicura che sarebbe riuscito a gestirsi. Ero più preoccupata per chi avrebbe potuto incontrare”. Queste le parole di Lisalberta Castaldi, 42 anni, insegnante in una scuola primaria a Saronno, nel Basso Varesotto. Qualche giorno fa, suo figlio di 7 anni ha lasciato la casa e si è diretto con il treno a Milano per gustare un gelato, riporta Attuale.

“Quel pomeriggio mi ha chiesto di andarci, ma io gli ho detto di no”, racconta la madre. “Mio figlio è iperattivo e con un’intelligenza plusdotata: è un bambino con risorse importanti da gestire. Non è facile contenerle”.

Lisalberta descrive la sua esperienza come quella di un pilota di Formula 1, che invece di accelerare, deve frenare?

“Un po’ sì. Mi piace usare questa metafora: sto vivendo un viaggio splendido ma anche impegnativo. Essere genitore è una sfida continuativa, una maternità avventurosa che richiede di percorrere strade tortuose, costruendo percorsi dove non ce ne sono. È sicuramente più faticoso, ma questo viaggio crea un’intimità profonda rispetto alle strade diritte e permette di vivere esperienze straordinarie: sebbene la nostra vita sia più complessa, riguardo al futuro mi sento serena”.

Cosa le conferisce questa fiducia?

“Le numerose risorse di mio figlio. Un bambino iperattivo e plusdotato fa fatica a contenere tutto, poiché si trova a gestire un’energia eccessiva in uno spazio ristretto, il che porta a situazioni esplosive”.

Cosa è successo la scorsa settimana?

“Un episodio simile non era mai accaduto prima”.

Ci sono state spiegazioni al riguardo?

“La sua intenzione era chiara: voleva andare a Milano per un gelato. Quando la polizia lo ha trovato e mi ha contattato per informarmi di un bambino con caratteristiche simili a quelle descritte, erano scettici che fosse mio figlio. Aspettavano una foto, ma io sapevo già con certezza che fosse lui. Con orgoglio aveva raggiunto il suo scopo: quando ce l’hanno mostrato in fotografia, era sorridente e felice”.

Com’è riuscito a lasciare casa?

“Viviamo in una villetta da poco tempo, a oltre un chilometro dalla stazione, con diversi attraversamenti stradali. Lui ha tolto il suo orologio GPS per evitare di essere rintracciato ed è partito”.

Come ha reagito come madre? Questo episodio ha influenzato la vostra relazione?

“Lo rimprovero perché deve incanalare i suoi obiettivi. Praticamente, io e mio marito stiamo facendo ricerche per trovare soluzioni che ci permettano di monitorarlo meglio”.

Quando ha capito che suo figlio era neurodivergente?

“Già dal suo sviluppo linguistico. La mia prima figlia ha un alto potenziale cognitivo ma non è iperattiva. Nel caso di mio figlio, invece, entrambi gli aspetti coesistono. Con la primogenita era come viaggiare in autostrada, con tappe di apprendimento tranquille. Con lui, abbiamo dovuto frenare bruscamente, prendere un’uscita e iniziare un percorso diverso”.

A chi si è rivolta per supporto? Al servizio sanitario pubblico?

“No, ho optato per un percorso privato, consultando specialisti qualificati. È stata una scelta consapevole: non abbiamo mai “abbandonato il timone“. Mio marito ed io abbiamo scelto un approccio in cui lo specialista ha osservato nostro figlio nei diversi ambienti che frequenta, piuttosto che affidarsi a un test tradizionale di ambulatorio, che, secondo me, non sempre è credibile. Se un bambino non collabora perché si oppone, viene considerato incapace e lì non ci siamo: non sono una neuropsichiatra, ma ho la capacità di comprendere quando la raccolta dati è attendibile”.

Consiglierebbe questo approccio?

“È un messaggio importante: non permettete ad altri di definire chi è vostro figlio e cosa può realizzare”.

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