In pensione oltre 67 anni: due anni in più di lavoro, due anni in meno di vita 

04.06.2025 09:30
In pensione oltre 67 anni: due anni in più di lavoro, due anni in meno di vita
In pensione oltre 67 anni: due anni in più di lavoro, due anni in meno di vita
In pensione oltre 67 anni: due anni in più di lavoro, due anni in meno di vita

In un paese dove la politica sembra parlare di tutto, tranne che dei temi che veramente toccano la vita quotidiana dei cittadini, c’è un silenzio assordante che circonda uno dei diritti più sacrosanti e fondamentali dei lavoratori italiani: la pensione. Un diritto che, oggi più che mai, appare un traguardo sempre più lontano, un miraggio difficile da raggiungere.

Eppure, quando il governo di centrodestra si è insediato a Palazzo Chigi, aveva promesso, tra le altre cose, di abrogare la famosa Legge Fornero. Due anni e mezzo dopo, nessuna parola, nessun accenno alla tanto agognata riforma, e il sistema previdenziale rimane fermo, come congelato, nell’attesa che la “questione” si dimentichi da sola.

Eppure, è proprio in questo silenzio che si consuma si compie il furto: ci rubano gli anni più preziosi della nostra vita.

Quando si parla di ladri, la mente corre subito a chi ti ruba la macchina, ti scippa in strada o ti svaligia casa. Ma i veri ladri, quelli che rubano più di tutto, sono ben diversi. Non indossano maschere né giubbotti neri, ma giacca e cravatta, e occupano i palazzi del potere. Loro sono i veri ladri del nostro tempo, quelli che ti tolgono qualcosa di più prezioso: una vecchia serena.

Con un tratto di penna ci hanno sottratto anni interi di vita. Non semplici anni, ma quelli che avremmo dovuto vivere in serenità, dopo una vita di lavoro. Andare in pensione a 65 anni non è più un diritto acquisito, anzi, è diventato una chimera. Oggi, con il pretesto di allinearsi all’aspettativa di vita e di sanare i conti dello Stato, si parla di spostare sempre più in là l’età pensionabile, addirittura oltre i 67 anni. E così, la speranza di una vecchiaia tranquilla si trasforma in un vero e proprio incubo.

Ma qui non si tratta di una semplice riforma, qui si parla di bloccare un furto vero e proprio. Un furto che, come tutti i furti, ha le sue vittime: i lavoratori, quelli che hanno costruito questo paese, che ogni giorno si alzano all’alba per portare avanti la macchina produttiva, per pagare tasse e contributi, per far quadrare i conti e per mandare avanti una famiglia. Eppure, il governo, come le opposizioni e i media, sembrano aver dimenticato il tema delle pensioni.

I soldi, lo sappiamo, non mancano mai quando si tratta di salvare le banche, finanziare armamenti, distribuire bonus a chi già ha troppo, o per coprire gli stipendi da sei zeri di manager e dirigenti pubblici. Ma quando si parla di pensioni, quando si tratta di garantire un futuro dignitoso a chi ha lavorato per tutta la vita, la risposta è sempre la stessa: “Non ci sono risorse”.

Eppure, il problema non è l’assenza di risorse, ma la volontà politica di distribuirle in maniera giusta. Perché la verità è che i fondi per garantire una pensione decente ci sarebbero, eccome. Ma preferiscono continuare a privilegiare chi è già ricco e potente, a scapito di chi ha lavorato per tutta una vita.

E c’è un’altra verità che non viene mai detta: l’impoverimento delle pensioni non riguarda solo i lavoratori di oggi, ma condanna anche le future generazioni a vivere in una precarietà senza fine. Come possiamo pensare di garantire una pensione dignitosa a chi, oggi, è costretto a fare i conti con contratti precari, lavori sottopagati e una mobilità che non permette di costruire una vita stabile? Come possiamo pretendere che i giovani paghino i contributi per garantire le pensioni di chi ha lavorato per una vita intera, quando loro stessi non hanno certezze sul loro futuro?

Alla fine, è sempre lo stesso gioco: ci raccontano che l’aumento dell’età pensionabile è “inevitabile”, che la sostenibilità del sistema non permette scelte diverse. Ma sappiamo benissimo che, dietro a queste parole, si nasconde solo l’ennesimo tentativo di spogliare i lavoratori del poco che resta loro. La pensione non è un favore, non è un privilegio, ma il frutto di una vita di sacrifici. E chi nega questo diritto, chi lo “ruba” con la scusa di riforme necessarie e leggi di bilancio, non è un semplice politico: è un ladro, e il suo furto è uno dei più gravi, perché ruba tempo, speranza e, soprattutto, vita.

In un paese che si dice democratico, dove ogni cittadino dovrebbe essere uguale di fronte alla legge, questo è il vero crimine. Non ci rubano l’auto, non ci rubano il portafoglio: ci rubano gli anni più preziosi della nostra esistenza, quelli che non torneranno mai più. Ma dai palazzi del potere nessuna risposta. Solo silenzio. Un silenzio che sa di inganno, di sfruttamento e di tradimento.

Forse è arrivato il momento di rompere quel silenzio. È ora di alzare la voce, di chiedere conto a chi ci ha rubato anni di vita. Non possiamo più rimanere inermi mentre il nostro tempo, la nostra speranza, e la nostra vita ci vengono sottratti con la scusa di riforme necessarie e di vincoli di bilancio. La pensione è un diritto, non un privilegio, e chi ce lo nega è colpevole di uno dei crimini più gravi: essere un ladro di vita.

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