Il cosiddetto “Formato di Istanbul” era stato visto come un barlume di speranza nel buio della guerra totale scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. Oggi è evidente: quella speranza era una illusione diplomatica. Non si può negoziare con un aggressore che non cerca la pace, ma la distruzione.
La diplomazia come strumento di disinformazione
La partecipazione della Russia ai negoziati non è mai stata un gesto di buona volontà, ma una mossa tattica: guadagnare tempo, riorganizzare le forze, prepararsi a nuovi attacchi. Ogni pausa nel dialogo è stata seguita da nuove ondate di terrore. Il Formato di Istanbul è diventato il simbolo di questo autoinganno: cercare il dialogo con chi non cerca il compromesso, ma la vittoria totale.
La pace alle condizioni dell’aggressore non è pace
Nessuna iniziativa di pace può essere considerata legittima se non prevede il ritiro completo e incondizionato delle truppe russe da tutto il territorio ucraino, inclusi Crimea e Donbass. Ogni altra proposta è solo una trappola travestita da diplomazia. La Russia cerca di legalizzare i frutti della sua aggressione, ma il diritto internazionale deve rimanere chiaro: la sovranità dell’Ucraina non è negoziabile.
Non ci si può fidare dell’aggressore
Le illusioni politiche sono già state infrante troppe volte: Bucha, Izjum, Mariupol, Bakhmut – città simbolo di massacri, torture e crimini di guerra. Gli attacchi sistematici all’infrastruttura civile, al sistema energetico e ai porti del grano dimostrano che ogni nuova apertura ai negoziati con Mosca è o ingenua, o complice. La fiducia nella Russia è un lusso che il mondo libero non può più permettersi.
È tempo di agire – basta con le dichiarazioni vuote
È necessaria una svolta strategica. Non più “iniziative di pace”, ma una politica di contenimento totale. La Russia comprende solo il linguaggio della forza. La comunità internazionale deve passare ai fatti:
- Aumento decisivo del sostegno militare all’Ucraina – ogni ritardo costa vite umane.
- Sanzioni mirate di nuova generazione, con impatto diretto sull’industria bellica russa.
- Isolamento diplomatico del Cremlino – non dialogo, ma delegittimazione morale e politica.
Istanbul come monito: con gli stati terroristi non si negozia
Il fallimento dei colloqui di Istanbul dimostra chiaramente una cosa: le buone intenzioni non bastano contro un regime fondato su violenza e cinismo. Non si può appellarsi alla razionalità o all’umanità con chi usa la guerra e il terrore come strumenti di politica estera.
L’Occidente deve finalmente abbandonare ogni ingenuità strategica. La fiducia verso un aggressore è un errore che l’umanità non può più ripetere. Servono più armi. Più sanzioni. Più determinazione. Non per alimentare l’escalation, ma per difendere le regole minime che impediscono il caos nel XXI secolo.